A tre anni dal suo debutto discorgrafico,
Giovanni Succi pubblica per La Tempesta Dischi "Con Ghiaccio", un album
di undici tracce che si pone lo scopo di dichiarare una guerra senza
volerla combattere fino in fondo. Senza nemmeno iniziarla, anzi. "Con
Ghiaccio" è infatti pure sperimentazione e pura autorefenzialità. Ha
scritto canzoni, suona tuttora nei Bachi da Pietra, ha insegnato, ha
studiato e imparato molto, ha letto in pubblico. Ma Giovanni Succi,
almeno questa volta, non produce niente di appassionante, se non una
messa in musica di poesia e prosa abbastanza forzata.
Giri di parole ("Nicchia" – "Minchia" ad introdurre il lavoro, per intenderci) che non
riescono a raggiungere il grottesco voluto, anacoluti, digressioni:
elementi che non fanno altro che far perdere il filo dell'ascolto,
compongono l'intero full-length, straziandolo così tanto tra luce e
tenebre da renderlo noioso ed esacerbante. L'attenzione dell'ascoltatore
non viene mai focalizzata nettamente sulla musica. Bukoswki e Satana sono pure ostentazioni, e solamente con Sipario e Arriveremo in pedalò si
percepisce il senso più verace del pop e del post punk di prima qualità
espressi dall'artista piemontese. Per certi tratti, addirittura, il
disco sembra un lamentoso spoken word, che fa delle atmosfere noir e
della spiccata ed affascinante densità della voce le sue ineluttabili
armi. "Con Ghiaccio" appare come il canovaccio scritto e rigirato a
piacere di un mimo, fintamente eclettico e non così robusto da poter
sostenere un vero interesse da parte di chi ascolta. Il Giro risulta
invece gradevole perchè non è nientemeno che una descrizione paesana
tratta direttamente da un incipit di Zola o Gadda: parla del Giro
d'Italia e ci permette di tastare le terre nelle quali Succi vive. La
quotidianità è vivida, gli esempi sono tangibili, la narratività
finalmente raggiunge l'apice delle sue capacitè espressive. Per il resto, "Con Ghiaccio" non è sicuramente un album che consiglierei. Andrea Vecchio
Nessun commento:
Posta un commento