Un esordio sulla lunga distanza
questo per L’ordine naturale delle cose, band parmense che ha già all’attivo un
ep omonimo uscito nel 2014. Saturno è un album di indie rock diviso fra
distorsioni, riverberi, melodie spiazzanti ed una punta di elettronica:
purtroppo è anche un album confuso, in cui emergono sia i pregi che i limiti
dei cinque ragazzi che compongono la band.
Partiamo dai pregi. La viola ed
il violino di Enrico Cossu sono sicuramente un’aggiunta alla classica
formazione rock che dona spessore ad una buona parte dei dieci brani che compongono
il disco, sia nei momenti in cui si sfogano le distorsioni (Dirupo, bizzarro incrocio fra uno spunto
alla Marlene Kuntz, anche vocalmente, ed un finale strumentale più aggressivo)
che in quelli più delicati, con la parentesi in cui si erge protagonista in Iori che ricorda la musica tradizionale
asturiana. Alcuni arrangiamenti sono poi talmente inaspettati da risultare
freschi e coinvolgenti, come i momenti in cui Lisa cambia registro tanto in tonalità quanto in ritmo e,
soprattutto, l’andamento di Marea:
parte come un indie folk mellifluo voce-chitarra-violino, si anima lievemente
in una direzione che sa di Kings Of Convenience per poi all’improvviso virare
bruscamente verso una malinconia distorta in cui la carica del basso, la melodia
struggente del violino e l’inserto elettronico finale lasciano sensazioni
forti. Mi sono ritrovato a canticchiare continuamente a lavoro il mantra “non
puoi fare altro che prenderne atto”, e amen se non era il momento buono per
ripetersi una frase del genere.
Ma, come dicevo, ci sono anche i
difetti. La registrazione innanzitutto, perché il registro globale è ben poco
omogeneo. Al di là della scommessa azzardata di un pezzo perlopiù elettronico e
strumentale che poco c’azzecca col resto (Bfp,
veloce parentesi di un minuto e mezzo che nulla aggiunge al’album) fa specie
che già i primi due pezzi suonino in maniera notevolmente diversa, con Fuzz meteora che rispetto all’iniziale Lisa denota una mancanza di volume che
in un brano tirato ed energico come questo è un brutto affare (peccato, la
carica è quella giusta), come fa storcere il naso l’esagerato riverbero sulla
voce che sparisce in maniera fin troppo marcata nei brani più potenti (la già
citata Dirupo è un ottimo esempio).
Ci sono poi brani che, rispetto alle melodie azzardate che qua e là
rivitalizzano il disco, tendono invece a mostrare il fianco alla noia:
nonostante il violino Iori convince
solo a tratti, la rincorsa con suoni triggerati di Cumulonembi esaurisce in fretta la sua carica e la conclusiva Saturno a caso sembra unire forzatamente
due anime che faticano a convivere insieme (meglio lo sfogo strumentale
conclusivo, con un violino in gran spolvero che fa tornare ala mente gli Io?
Drama, della rilassata fase iniziale con voce parlata). Tante idee, ma anche
troppa confusione.
Le idee fulminanti che
punteggiano Saturno in alcuni brani non bastano a rendere questo esordio de L’ordine
naturale delle cose un buon disco, col potenziale della band smorzato dal voler
dimostrare troppo e da una registrazione poco rifinita (non è che voglio fare
il saccente, il primo disco della mia band non ha un brano uno che suoni uguale
agli altri). Peccato, ma c’è sempre tempo per recuperare. Stefano Ficagna
Tracklist:
1. Lisa
2. Fuzz meteora
3. Iori
4. Cumulonembi
5. Dirupo
6. Bfp
7. Marea
8. Canzone di fine estate
9. Opaca
10. Saturno a caso
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