9 agosto 2017
Giorgio Poi infesta i festival estivi con un debutto banale ed evitabile
Giorgio Poi pubblica il suo primo disco, Fa niente, su Bomba Dischi. Si tratta dell'ennesimo cantautore indie che non vuole apparire indie e che pubblica un disco banale sotto le malcelate spoglie di un disco vissuto, puntigliosamente ironico e fortemente sentito, strutturato. Già, ho deciso di rompere subito il ghiaccio, in modo così brutale, semplicemente perchè mi sono stufato di dover ascoltare questo tipo di musica. Ma mi sono stufato anche di constatarne l'esistenza, ormai. Una finzione perenne, uno scontato ritornello di idee e appezzamenti sonori.Fa niente è un full lenght scritto male, suonato così così ed arrangiato sommariamente: i cantautori come Giorgio Poi, che hanno un background appartenente alla musica leggera italiana, forzano troppo il tiro sui sentimenti e su una forma di Sehnsucht che predilige la noia alla voracità, senza puntare al cervello e al cuore di chi si ritrova ad ascoltari: ecco la sostanziale difdrenza tra loro e chi, invece, affonda le proprie radici nell'autoproduzione, nel sudore e nei concerti. Il disco parla di Milano, appartamenti, case, di morte, di spostamenti: tutte cose già sentite e risentite insomma. La voce di Poi è troppo forzata ed affettata, e in alcune canzoni non si può fare a meno di skippare in avanti, come in Niente di strano, Patatrac e L'abbronzatura, che apre il lavoro in maniera troppo superficiale e paciosa. Acqua minerale risulta invece più carina e docile, semplicemente perchè non si pone nei confronti dell'ascoltatore come una confessione artistica buttata lì esclusivamente per ispirare un anelito di compassione. Se tutto il disco fosse suonato come Acqua minerale, il tutto risulterebbe un simpatico Limerick in italiano. Invece no, si ritorna a fare puerili liste della spese come in Fa niente. Le foto non me le fai mai è troppo cantilenante e metodica, nonostante l'inizio molto shoegaze e post-rock. Ma è un puro episodio, in un album di nove tracce che trasmette pochissimo a livello di emozioni e ritmi. Mi rammarica constatare che dopo la cattedralizia pubblicazione di Mainstream di Calcutta e gli spettacolari Piano for Airport, per esempio, la eterogenea etichetta laziale sia andata ad impantanarsi in un progetto come questo. È solo il primo disco, insomma. E spero che questo mio concittadino riesca ad esprimersi meglio in futuro. Andrea Vecchio
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