E’ difficile recensire un album
come questo White Out. Perché? Per svariati motivi. Perché devo fare piazza pulita
dei pregiudizi, positivi o negativi, che mi vengono dagli ascolti dei
precedenti lavori del duo, in forma del gruppo Bancale nel caso di Barachetti e
del disco solista Ius nel caso di Ruggeri. Perché un concept album, in questo
caso basato sul mal di testa come simbolo del declino occidentale, andrebbe
valutato anche per la sua capacità di esprimere ciò di cui si fa portavoce, e
non è sempre facile entrare in sintonia con l’immaginario di chi questa idea l’ha
sviluppata ed infine messa in forma di tracce musicali (lavorandoci, nel caso
specifico, per ben tre anni). E perché stiamo pur sempre parlando di un album
di musica sperimentale, dove strumenti autocostruiti o suonati in maniera non
convenzionale da Ruggeri si uniscono alle parole contorte e magniloquenti di
Barachetti. Ma a voi frega qualcosa del mio sforzo nello scrivere queste parole?
Presumo di no, quindi è meglio che vado al dunque invece di indulgere ogni
volta in preamboli che allungano il brodo.
White Out è stato anticipato nel
corso dei mesi da un paio di videoperformance, nello specifico dei brani Fiume verticale ed Uomo occipitale, ma le versioni che si trovano sull’album
differiscono da quanto sentito in precedenza. L’ascoltatore non ha un comodo
rifugio lungo il susseguirsi delle tracce, a meno che non si voglia considerare
tale l’atmosfera surrealmente onirica di Panda
psichico, suoni elettronici morbidi ed ossessivi che ricordano gli Animal
Collective uniti ad un ansare continuo: suoni da una palestra lasciata a vagare
nelllo spazio profondo, uno scenario asettico come quello dipinto nell’iniziale
Dolore bianco (un riferimento al
teorico rumore bianco?), vagiti elettronici inquietanti innestati su lento
dipanarsi di parole che esplorano il dolore dall’interno.
Scenari ben più oscuri vengono
evocati in altre tracce. Macula è un
ossessivo affastellarsi di rumori elettronici, fra battiti elettrici e
improvvise scariche simili ad interferenze che ci accompagnano in un enigmatico
viaggio nell’occhio umano, Mare morto
è un leviatanico muro sonoro interrotto da una breve oasi di silenzio e
concluso da percussioni aritmiche, Cretto
del vero una percossa distorsiva ad elevato numero di bpm che lascia poche
pause per respirare. In mezzo al mare magnum della sperimentazione emergono
ogni tanto piccole scintille che definire melodiche è forse azzardato, ma che
rimangono comunque quanto di più orecchiabile è dato di ascoltare all’interno
di White Out: Pulsa vive del ritmo
scandito dal titolo incessantemente ripetuto dalla voce di Barachetti e degli
accordi di una tastiera spettrale, mentre pian piano viene evocata un’alba che
è punto d’arrivo salvifico di un doloroso cammino in una palude di dolore, San Sebastiano incrocia dolenti note di
piano, percussioni appena percettibili e qualche vocalizzo etereo auspicando l’arrivo
in un luogo “dove la tecnica muore d’amore”. Ma è Fiume verticale, la traccia conclusiva del disco, il punto dove
Barachetti e Ruggeri si concedono di più all’ascoltatore meno attento, con un
testo meno criptico ma d’intensità senza pari che si sposa perfettamente alle
atmosfere funeree evocate dall’organo, un funerale in piena regola a questo “impero
terminale”.
White Out è un’esperienza sonora
difficile da descrivere. Ostica in alcune sue parti, più evocativa in altre, ed
è difficile dire cosa sia riuscito e cosa meno di fronte ad un immaginario così
variegato e che chiede tanto all’ascoltatore ed alla sua voglia di farsi
trascinare in un mondo scomodo ed al crepuscolo. Personalmente ho trovato un po’
fini a sè stesse le scelte sonore di brani come le iniziali Dolore bianco e Corpo occidente, un autogol la decisione di rendere più asettica la
“seconda versione” di Uomo occipitale (anche
se le sferzate rumoristiche che la attraversano esprimono in maniera ottimale
il concetto di dolore cranico che attraversa tutta l’opera) e fin troppo
elaborata in alcuni punti la prosa di Barachetti: piccoli appunti negativi in
un viaggio che è comunque valso la pena di percorrere, sia nei momenti
ossessionanti della title track che nelle eteree oscurità di San Sebastiano, per arrivare alla
conclusione di un percorso sonoro e narrativo che non poteva non sfociare in un
indimenticabile epitaffio quale è Fiume
verticale. Stefano Ficagna
Tracklist:
1. Dolore bianco
2. Corpo occidente
3. Pulsa
4. Uomo scritturato
5. Macula
6. San Sebastiano
7. White out (Ninna nanna acufene)
8. Mare morto
9. Cretto del vero
10. Panda psichico
11. Uomo occipitale
12. Fiume verticale
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