Uscire vivi dagli Anni Ottanta, assimilarne le migliori
lezioni e reinterpretarle alla perfezione. Stella Maris è un gruppo nato per
gioco: Umberto Giardini, Gianluca Bartolo, Ugo Cappadonia, Emanuele Alosi e
Paolo Narduzzo si sono messi insieme per suonare un disco ispirato alle
sonorità anni ottanta che oggi vanno tanto di moda, lo hanno fatto però alla
loro maniera, divertendosi in sala prove, con strumenti “veri”, analogici, suonati bene, e con tanto buon
gusto nei testi e negli arrangiamenti. Proprio gli ingredienti che mancano a
molti dei dischi che vanno per la maggiore nell’ultimo periodo.
Il primo singolo “Eleonora no” aveva fatto pensare a un omaggio agli Smiths fin
troppo marcato, l’uscita dell’intero album (Tempesta/Kalisha dischi) ha invece
rivelato un lavoro ben più complesso, con chitarre in primo piano, una precisa
sezione ritmica e testi che confermano Giardini in grande spolvero anche su
territori più accessibili rispetto al suo progetto solista e al sempre vivo
(nell’immaginario del suo pubblico) Moltheni.“Quando un amore muore non ci sono colpe”, “L’Umanità indotta”, “Quella primavera silenziosa” sono ottimi punti di partenza per approcciarsi a un disco che non pare avere punti deboli. Entrati nell’atmosfera ci si può spingere oltre con canzoni come la psichedelica “Se non sai più cosa mangi, come puoi sapere cosa piangi” o “Piango pietre” dalle sonorità più serrate o ancora “Non importa quando”, efficace nel raccontare una storia d’amore tra due uomini.
A parte la copertina (che personalmente trovo meravigliosa, ma che un ventenne mi rendo conto potrebbe trovare non particolarmente invitante), questo disco è una fucina di frasi belle da scrivere sulla Smemoranda, da cantare, da imparare, da ricordare e portare con sé come una gemma rara.
Il pubblico italiano, però, è abituato ad essere orientato da Radio DeeJay, da RockIt e da blog-porcheria come “Stormi” di Natan Salvemini, mi piacerebbe -per una volta- che possa venire a galla un disco meraviglioso, “spinto” solo dalla qualità della musica, che è senza dubbio la dote più grande di Stella Maris. Roberto Conti
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