William Gibson, ma non solo: se
dal nome della band, ed anche dal titolo del disco, si evince che il cyberpunk
ha molto influenzato i Neuromant, è altrettanto vero che pure Ballard e Dick
finiscono nel frullatore delle influenze letterarie dichiarate dalla band
umbra. Un bel cartellino da visita per un appassionato di fantascienza come me,
ma è la musica che alla fine deve parlare, nel caso specifico un post-rock
suonato con l’attenzione equamente divisa fra sperimentazione ed attitudine
pop, con una preponderanza finale di quest’ultima.
Che Diego Narcisi e soci non
disdegnino carezzare le orecchie dell’ascoltatore lo testimonia già l’iniziale Trees or teeth che, pur sostenuta da un
basso massiccio e da distorsioni che entrano senza timori reverenziali nei
ritornelli, si regge principalmente sulla rilassata melodia vocale. Dreaming
water non fa che confermare questo
approccio sinuoso alle orecchie dell’ascoltatore, blandendolo col solo piano
per la maggior parte del pezzo per poi lasciargli comunque uno spazio
preponderante anche quando, dopo un’efficace progressione, synth e basso
tentano di fare la voce grossa. Non mancano per fortuna brani dove la ricerca
sonora si sposta su lidi più grezzi: la bellissima Penguin’s parade ad esempio, in cui una sezione ritmica ossessiva
controbilancia efficacemente la melodiosa componente elettronica, o Emptiness, dove sonorità post-punk che in
qualche punto ricordano i Cure caricano di tenebre l’atmosfera.
La melodia e l’ariosità degli
arrangiamenti sono comunque padrone incontrastate, e c’è da dire che un simile
approccio funziona efficacemente quando supportato dalle idee, come ad esempio
nella multiforme All the crazy voices,
ben strutturata come un saliscendi d’emozioni che pecca solo nello staccare
troppo violentemente dalle distorsioni alla melodia nel finale: funziona però
meno quando a salvare dalla monotonia Leaving
souls devono arrivare i synth a due terzi del brano, o nella breve e
malinconica prova pianistica di I feel.
Qua e là spuntano i Radiohead come numi tutelari (il cantato di Diego fa spesso il verso a Thom
Yorke), e la conclusiva Lullabye non
fa mistero di questa influenza, visto che ricorda molto da vicino la celeberrima
No surprises della band britannica.
Melodie efficaci e buone
strutture sono un ottimo biglietto da visita per il progetto musicale dei
Neuromant, ma l’attitudine pop li rende al contempo facilmente ascoltabili ed
altrettanto dimenticabili. Si può osare di più, e quel germe di trasgressione
sonora che emerge qua e là andrebbe ben nutrito per portare la band verso un
suono più personale. Stefano Ficagna
Tracklist:
1. Trees or teeth
2. Penguin's parade
3. Dreaming water
4. Emptiness
5. Cold wind fat world
6. Leaving souls
7. All the crazy voices
8. I feel
9. Cyberbirds
10. Lullabye
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