11 maggio 2017

Vacanza o gabbia? Un secondo album ondivago per i Montauk

Vacanza/Gabbia è un disco dalle due anime, una schizofrenica e l’altra adagiata su stilemi che pescano dal pop e dall’emocore, anime che ogni tanto si incontrano e si uniscono in maniera ottimale in Estate, brano che sembra nato dalla fusione dei primi Pixies con i Minnie’s e che sfrutta appieno anche la presenza del synth per caricarsi di un’energia sbarazzina ma non banale. E’ però, purtroppo, uno dei pochi casi in cui quest’armonia viene raggiunta, perché il secondo disco della band bolognese è tanto pieno di idee quanto confuso nel proporle.

Uno dei problemi principali che pesa sul prodotto finale è la voce. Vincenzo Gramegna è una scheggia impazzita che imperversa per tutto l’album ma funziona solo a tratti e, soprattutto, viene coperto troppo spesso dagli strumenti per riuscire a far apprezzare i testi. Efficace come non mai in brani tirati e punkeggianti come la brevissima Giuda, energico e grezzo sulle note dall’intenzione quasi stoner di Milano, il vocalist dei Montauk è molto meno efficace quando mormora in alcuni punti di una Routine dalla potenza sonora invidiabile, e perde decisamente di carisma quando le atmosfere si fanno tranquille ed urla e strepiti vengono sostituiti da un cantato monocorde come in La baia.
Delle due anime citate nel cappello introduttivo quella che funziona meglio è sicuramente la vena energica. La prima metà dell’album, ed i primi quattro brani in particolare, mostrano una band coi muscoli ed alcune idee al posto giusto, che si spegne però progressivamente e punta troppo su atmosfere vicine (come suoni ed intenzione) all’emocore nostrano: nulla di male quando vengono supportati da strutture interessanti, come accade in una La neve in tv che trasforma velocemente lo scarno e ritmato incipit iniziale in una profusione di distorsioni a tratti emozionante, molto meno quando le idee sembrano essere messe insieme troppo sbrigativamente: in Un alone ci sono poche idee perpetuate oltre la durata limite, Vodka lemon coniuga male suoni solari ma energici con un cantato poco propenso a seguirne l’impeto, La baia funziona quasi solo da incipit scialbo ad una Il freddo più convincente, ma che si arena su suoni troppo poppettosi per rendersi davvero interessante. Il segnale che questi quattro ragazzi ci sanno fare è però dato da Carver, il brano più lungo e più articolato, in cui riescono a coniugare efficacemente le varie nature del disco dando ad ognuna il suo spazio ed affiancando a questa cura nei suoni un lavoro encomiabile sulla struttura…peccato solo si perda in un marasma sonoro che fatica a trovare una direzione.

Nei tredici brani del disco i Montauk cambiano talmente tante facce che alla fine è difficile capire cosa vogliono essere, e questa difficoltà a collocarli sarebbe un pregio se venisse supportata da idee sempre brillanti. La realtà è invece che l’anarchia sonora è allo stesso tempo il pregio ed il limite di questo Vacanza/Gabbia, e non so se consigliare al gruppo di cercare di smussare gli angoli o di pestare ancora di più sull’acceleratore. Band come Le capre a sonagli hanno fatto della loro bizzarria un’arma vincente, auguro ai Montauk di trovare una strada personale al pari della band bergamasca. Stefano Ficagna

Tracklist: 

1. Privata
2. Estate
3. Routine
4. Milano
5. La baia
6. Il freddo
7. Intermezzo
8. Giuda
9. Un alone
10. Vodka lemon
11. Carver
12. La neve in tv
13. La neve

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