
Accantonate le derive intimiste di Nostra signora della dinamite (2009), Giorgio torna a buttare benzina sul fuoco della rivolta nei momenti migliori e più tirati del disco (“Regola #1”, “Carmagnola #3” e “Risoluzione Strategica #6”), senza dubbio all'altezza del suo glorioso passato, tra sanpietrini, incitamenti a sfasciare tutto e un pizzico di buon senso comune (“e ricordate: il Papa veste Prada”). Muovendosi tra Rolling Stones e Bob Dylan (cui rimanda l'esaltante “Ci sarà” con le sue armoniche brillanti) Canali si trova perfettamente a proprio agio a sbraitare con la sua voce sghemba e sgraziata le sue ciniche invettive; se però i Rossofuoco se la cavano egregiamente coi ritmi sostenuti, stessa cosa non si può dire quando si avventurano nelle ballads, inaspettatamente sottotono e stanche, a cominciare dal duetto con Angela Baraldi “La solita tempesta” o la retorica facile di “Controvento”. Qui il desiderio di accogliere e collocarsi all'interno del cantautorato tradizionale italiano (De Gregori pare l'ispirazione primaria) riesce a metà e ciò è un peccato, perchè la debolezza dei momenti più distesi va a discapito della godibilità dell'intero album.
Ma probabilmente da Canali non c'è da aspettarsi né più né meno di quanto si trova in questo disco, che tutto sommato è perfettamente collocabile all'interno del suo modus musicandi e non deluderà i (molti) fan del chitarrista disturbato. D'altronde, se a cinquant'anni arrivassimo tutti così incazzati allora sì, che cambieremmo il mondo. Fabio Gasperini
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