16 dicembre 2004

Premio "Provincia cronica"
(II edizione - sezione storie per bambini)

Endi Hasho - Waterland

Francis appoggiò i piedi sulla scrivania e tirò fuori il suo vecchio diario.
Ogni tanto lo rileggeva per farsi qualche risata.

"Francis, non correre!", mi ha urlato stamani mia mamma come ogni mattina.
Caro diario non hai idea di quanto sia apprensiva; non mi sono neanche voltato a rispondere e ho continuato a pedalare sulla mia piccola bici rossa.
Pericolosa? Si, per un bambino cieco, forse.
Pedalo con forza sino al negozio di dolci, scendo dalla bici con un salto e ci entro in fretta.
"Ah, Franceso, qual buon vento?", il grasso pasticciere mi saluta sempre così e io puntualmente rispondo: "Mi chiamo Francis".
Il sangue italiano nelle vene di Arnoldo, è questo il nome del pasticciere, lo porta a rifiutare i nomi stranieri.
"Mamma mi ha detto che posso prendere una vaschetta e pagarla più tardi".
Arnoldo mi ha guardato con occhi torvi, come faceva ogni volta che gli ponevo quella richiesta.
Le prime volte arrossivo e fuggivo via, ma adesso so che per reggere il bluff devo solo sopportare il suo sguardo per qualche secondo, poi lui finge di telefonare a mia madre e alla fine mi dà le paste.
Dio come sono buone! Ne ha alla crema, ai canditi e persino alla ricotta dolce. E ci sono certe palline alla glassa che sono tanto delicate che sarebbe meglio lasciarle stare; ma io non le lascio stare affatto, anzi quelle le mangio per prime.
In realtà Arnoldo è gentile con me perché ho due sorelle più grandi e molto carine.
Lui, poverino, non sa che le ragazze gli ridono dietro e si chiedono quanti dei pasticcini che fa finiscano nel suo stesso stomaco.
Quando sono arrivato al campo erano rimasti solo cinque dolcetti ed erano tutti stati sbattacchiati perché appesi al manubrio della mia bici.
Boka, Daniele, Phil, Gerardo, Francesco, i miei cinque compagni di gioco, mi guardano con gli occhioni tristi ogni volta che questo accade, ma poi giochiamo come ogni altro giorno.
Non oggi.
Il nostro campo giochi è il campo dietro una segheria abbandonata.
È stupendo perché ci sono alberi altissimi e verdi, e grandi cataste di legno cave all'interno.
Noi possiamo arrampicarci e giocare alla guerra o a palla tra gli alberi.
Quel campo è il nostro regno.
Per meglio dire, lo era.
Da qualche giorno i ragazzi più grandi della scuola si aggiravano intorno al nostro campo e oggi se ne sono impossessati con la forza. E noi stiamo seduti sul muretto e li guardiamo divertirsi al posto nostro.
"Forse è meglio se torniamo a casa", ha detto ad un certo punto il piccolo Boka, ridestando tutti.
Ha solo undici anni, ma a volte è il più saggio.
Tutti abbiamo annuito silenziosi e ci siamo rifugiati nelle nostre tane.
A casa ho dovuto sostenere la solita lotta con mia madre per non fare la doccia; quella donna non capisce che io odio l'acqua! Sono peggio di un gatto, lo so, ma non mi importa.
Se mi lavo solo una volta alla settimana non fa nulla. Vero, caro diario?
Io odio l'acqua, punto e basta. Tanto più in giornate come questa in cui mi sento così triste.
Ora ti chiudo e vado a dormire perché sono stanco e triste.
Buonanotte diario mio.

13 luglio
Questo è stato il giorno più bello della mia vita! Io amo l'acqua.
Questa mattina mi sono svegliato e ho fatto finta di lavarmi la faccia in bagno, così mamma è contenta.
Poi ho messo la maglia del mio calciatore preferito e sono andato con gli altri bimbi a vedere se per caso il nostro campo era stato liberato dai parassiti.
Macchè! Non solo quei bulli non l'avevano liberato, ma si erano moltiplicati come funghi.
Già stavamo preparando una nuova scusa da usare con Arnoldo, quando Daniele disse: "Guardate!"
Diario mio, era lo spettacolo più bello che abbia mai visto.
Decine di nuvole scure come la notte si erano raccolte nel cielo e, d'improvviso, enormi goccie hanno cominciato a cadere su tutta la città.
A noi sembrava stesse piovendo solo sul campo. Avresti dovuto vederle: non parlo di goccie normali, ma di enormi gocciolioni grandi quanto il mio pollice! Ed erano miliardi!
Ok, forse erano un pò meno, però erano abbastanza da far correre via tutti i bulli dal nostro campo.
Eccome se correvano; si coprivano con qualunque cosa avessero sottomano e correvano come pulcini spaventati.
Noi sei, invece, siamo rimasti impassibili a goderci lo spettacolo a bocca aperta.
Quando Gino, un ragazzo del terzo anno, è scivolato nel fango siamo esplosi in una risata più fragorosa dei tuoni stessi.
Abbiamo giocato a palla, a nascondino, alla lotta e a guardia e ladri: tutto sotto l'acqua ed è stato bellissimo.
Dovevi vedere Phil come si divertiva a saltellare tra le pozzanghere.
Tutti noi ci siamo divertiti da morire: più di quanto non avessimo mai fatto in quel campo.
Io amo l'acqua.
È questa anche la frase che ho usato con mia madre per non farmi sculacciare quando sono tornato a casa zuppo come una spugna.
'"Che vuol dire che ami l'acqua? Ti sembra sufficiente per bagnarti in questo modo? Ti ammalerai e farai ammalare anche me", ha strillato lei per tutta risposta.
"Voglio dire che stasera voglio farmi la doccia".
Mamma non è riuscita a nascondere il suo stupore e ha detto: "Questa è bella davvero. Uno zozzone come te che vuole farsi la doccia di sua spontanea volontà...".

L'ho fatta ed è stata la doccia più bella della mia vita.
Si, ammetto che è anche stata la prima doccia volontaria, ma è comunque stata la più bella di tutte.
Quelle migliaia di goccioline che mi ballavano sulla pelle, come fossi fatto di acqua frizzante, erano meravigliose.
E tutti gli schizzi che potevo fare con le mani, i piedi o i capelli? O anche la bocca? Ora capisco perché quando in quella pubblicità si vede il neonato che nuota nell'acqua, sembra così felice.
Ora vado a dormire, diario mio, che sono felice, ma stanchissimo.

14 luglio
Sento di aver scoperto il più bel giocattolo del mondo: l'acqua.
Oggi siamo tornati al campo ed ovviamente i bulli erano tornati con il sole.
Dopo aver finito i magnifici pasticcini di Arnoldo, io e gli altri bimbi abbiamo caricato i nostri zaini sulle spalle e ci siamo arrampicati sileziosamente sulle cataste di legno, senza farci vedere.
Abbiamo svuotato il contenuto degli zaini, siamo scesi e abbiamo ripetuto la stessa operazione almeno tre volte a testa. Quando abbiamo finito, sulla cima delle cataste c'erano almeno sessanta palloncini pieni di acqua.
Il primo a fare 'fuoco' sono stato io e ho colpito in pieno un ragazzo che non avevo mai visto prima, ma che aveva l'aria di essere molto bullo.
Se non piove, ci pensiamo noi a mandare l'acqua dai cieli.
I bulli hanno provato a reagire alla pioggia artificiale tirandoci sabbia e provando ad arrampicarsi, ma sembravano spalmati di sapone e scivolavano sempre.
Raymond aveva una mira eccezionale e li colpiva sempre sulla testa.
Che scena quando poi sono fuggiti tutti dal cancello principale.
Grazie all'acqua del giorno precedente, nel campo erano ora anche sbocciati nuovi fiorellini gialli.
Caro diario, c'è forse qualcosa di più bello dell'acqua? Un giocattolo più bello?

Francis chiuse il suo diario giovanile quando la segretaria entrò nello studio.
"Che appuntamenti abbiamo oggi?" Le chiese lui.
"Oggi deve conferire innanzi al congresso circa quell'acquedotto costruito in Botswana, signore".
Francis annuì lievemente mentre la segretaria continuava a parlare: "Quell'acquedotto ha salvato migliaia di vite. Lei ha davvero dentro di sè una passione indomabile e un amore unici nei confronti dell'acqua, signore".
"Mi piace giocare", sorrise Francis, riponendo il diario nel cassetto.

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