8 dicembre 2004

Premio "Provincia cronica" (II edizione - sezione racconti)
Laura Poletti - Le nuove vicine

Elisa aveva aperto la porta di casa ed era stata assalita dal pressante desiderio di richiuderla immediatamente e scappare il più lontano possibile. Certo, essere accolta, dopo otto ore di lavoro a stretto contatto con un capo la cui idiozia peggiorava di giorno in giorno, dagli urli dei gemelli che litigavano come due cani davanti all'ultimo osso, non era il massimo della vita. Aggiungendo a questo lo stato della casa, in cui sembrava esplosa una bomba, e il fatto che Luigi non fosse ancora tornato, probabilmente bloccato da qualche emergenza in ospedale, la serata che l'attendeva era da prevedersi pessima. Era il momento di un piano d'attacco, e, dopo vent'anni di matrimonio e due figli adolescenti Elisa era diventata una maestra nel preparare piani ben riusciti nello spazio di pochi secondi.

Anche quella volta il piano era riuscito ed Elisa non era riuscita a trattenere un sorriso soddisfatto, osservando Milena che raccontava la sua giornata scolastica davanti a una coppa di gelato: per l'equilibrio famigliare era necessario avere un freezer sempre ben fornito. Massimo non era dello stesso umore della sorella, ma, perlomeno, aveva smesso di polemizzare con lei. Poi, per cosa litigassero, o meglio per quale motivo Matilde rimproverasse suo fratello, questo Elisa non era riuscita a capirlo, ma probabilmente si trattava di qualche problema legato allo studio, campo in cui Matilde si divertiva a interpretare il ruolo del “grillo parlante”, visti i suoi risultati brillanti, a differenza di quelli di Massimo, che a scuola invece non eccelleva. Luigi stava correndo il rischio di addormentarsi sul piatto vuoto: i doppi turni lo massacravano.
Matilde l'aveva sorpresa quella, spedendo i due uomini sul divano a vedere la partita e offrendosi di darle una mano: nessuno si offriva mai di aiutarla ed Elisa aveva interpretato come se qualcosa di molto strano stesse per accadere.
Invece Matilde aveva lavorato in silenzio, finché la cucina non aveva assunto un aspetto decente: solo all'ultimo momento, un attimo prima di chiudersi in camera davanti al suo computer, si era lasciata scappare una domanda che a Elisa era sembrata molto strana.
- Hai visto le nuove vicine?
Era una domanda lecita, peccato che Elisa non si fosse nemmeno accorta che ci fossero delle nuove vicine: aveva fatto mente locale e l'unico appartamento che ricordava di avere visto vuoto era quello del piano terra, vicino all'ascensore. Il proprietario era morto da un pezzo, e gli eredi non sembravano interessati all'immobile.
- Dici quello a pianterreno?
Sua figlia aveva annuito, senza dare altre spiegazioni, perciò Elisa aveva scelto un commento più neutro possibile.
- Non mi sembra che ci sia niente di particolare.
Non le era riuscito di decifrare l'espressione di sua figlia.

- Hai visto le nuove vicine?
- Perché, abbiamo delle vicine nuove?
Elisa aveva girato la domanda a Luigi, appena dopo aver spento la luce, pur essendo sicura che non avrebbe ottenuto una risposta utile: non si sarebbe accorto di avere un elefante nella camera da letto, figurarsi delle facce nuove nel condominio.

Elisa aveva cercato di porre un minimo di attenzione alla questione, inserendo, fra le altre mille cose a cui doveva badare, anche il tentativo di individuare le nuove vicine. E ci era riuscita, senza incontrare nemmeno troppe difficoltà: infatti, doveva essere stata veramente molto distratta per non accorgersi delle due bellissime sudamericane che entravano e uscivano dal portone.
In un primo momento aveva provato un moto di invidia: davanti a fisici come quelli, confrontati con il suo che risentiva dell'età e dello stress, non aveva armi per competere. Per fortuna non aveva bisogno di essere gelosa di Luigi: lui continuava a lavorare come un asino e le ragazze avrebbero potuto girare anche nude per le scale, ma lui non se ne sarebbe accorto. In effetti, non è che utilizzassero molta stoffa per i loro abiti, ma, in fondo, potevano permetterselo.
Elisa aveva scambiato con loro qualche parola e le erano risultate simpatiche: non considerando qualche problema a capirsi, a livello di lingua, rappresentavano un'allegra novità rispetto al resto dei vicini, sempre di pessimo umore e impegnati a lamentarsi del tempo, dell'amministratore di condominio o del governo.

La signora Flora, terzo piano, vedova inconsolabile da più di vent'anni, l'aveva bloccata una sera sulle scale, mentre Elisa saliva con due borse della spesa strapiene: probabilmente si trattava dell'ennesima lamentela per il riscaldamento che funzionava a singhiozzo, oppure per l'impresa di pulizie, che sembrava più abile nello sporcare che nel pulire, perciò Elisa si era preparata, disconnettendo il cervello e mettendo in moto il sistema automatico di risposta.
- Non è possibile andare avanti così! Ho già chiamato l'amministratore e ha detto che vedrà cosa si può fare, ma quello è buono solo per prendere i soldi, bisogna che ci muoviamo noi, non è d'accordo? Soprattutto lei, che ha un marito e un figlio maschio!
Elisa aveva continuato ad annuire, riuscendo a sgusciare dalle grinfie dell'anziana signora: non aveva capito nulla di quello che la donna le aveva voluto dire, soprattutto per quel che riguardava la parte di marito e figlio, ma sicuramente non era nulla di importante.

Più strano le era sembrato un altro fatto, accaduto un venerdì pomeriggio in cui era riuscita a scappare dall'ufficio con paio d'ore d'anticipo: considerando che Luigi era a lavorare e i ragazzi in giro con gli amici, avrebbe potuto godersi un po' di riposo in solitudine.
Però non aveva preventivato di trovare Massimo in casa, o, meglio, seduto al tavolo della cucina con Jessica. O almeno le sembrava che il nome della ragazza fosse Jessica, le chiacchiere che avevano scambiato nell'atrio e la poca memoria non la aiutavano. I due avevano finito di bere una tazza di tè, e Jessica si era congedata con un sorriso pochi minuti dopo.
Elisa non aveva potuto evitare la domanda.
- Ma che ci faceva qui?
- Aveva bisogno dello zucchero.
Le sembrava di aver già sentito una risposta del genere, ma non aveva dato molto peso all'accaduto.

Come non aveva dato peso al crocicchio di condomini piazzati sul ballatoio del terzo piano, davanti alla porta della signora Flora, in una specie di riunione di condominio improvvisata. Dal tono delle voci, la discussione doveva essere molto accesa.
- E' mai possibile? Ma avete visto che via vai? E voi non sapete chi ho incontrato ieri!
Il geometra in pensione Folli, uno dei più noiosi attaccabrighe del vicinato.
- Anche il figlio di mia nipote! Ma lo immaginate voi che imbarazzo quando l'ho visto qui?
La signora Flora, con il solito tono scandalizzato. Elisa era riuscita a evitarli, limitandosi a un cenno di saluto e correndo lungo le scale fino alla sua porta: cominciava a non sopportare più i suoi vicini.

Il giorno dopo il capo non era in ufficio, e questa era di per sé una buona notizia: il ritmo di lavoro continuava uguale alle altre giornate, ma senza gli inutili commenti e le continue interferenze in cui il loro dirigente era un maestro.
- Vuoi farti due risate?
Era Chiara, l'esperta informatica, o meglio l'unica nell'ufficio che sembrava riuscire a cavarsela con i computer quando questi decidevano di non funzionare: quel giorno si era dedicata a quello del capo, che aveva l'abitudine di rompersi un giorno sì e l'altro anche.
- Vieni a vedere su che siti gira il capo, poi per forza si incasina tutto.
Elisa in un primo momento si era limitata a un'occhiata distratta: non è che la sfilata di bellezze in abiti succinti, con annesso numero di telefono, la interessasse più di tanto. Poi, nella sua perenne distrazione, qualcosa aveva richiamato la sua attenzione: la ragazza in alto a sinistra sullo schermo era Juliana, l'amica di Jessica. Jessica si trovava un paio di foto più avanti, con il seno in bella mostra.
- Hai capito perché gli si pianta sempre il computer?
Elisa aveva capito benissimo, ma al momento non gliene fregava nulla.

Era entrata in casa come una furia, evitando per l'ennesima volta di essere bloccata dalla signora Flora, che era in piedi nell'atrio, in compagnia di altre persone, che a Elisa sembrava di non avere mai visto. In casa c'era solo Matilde, impegnata con una versione di latino.
- Tuo fratello... tuo fratello...
- Mio fratello cosa? Che c'è mamma?
- Tuo fratello, Jessica...
Niente da fare, non riusciva a costruire una frase in modo sensato: per fortuna sua figlia sembrava dotata di un ottimo decodificatore per gli strani segnali che Elisa le stava inviando.
- Io non te l'ho detto, ma la tipa lo ha rispedito a casa perché è troppo giovane per lei. Comunque adesso il problema è risolto.
Elisa aveva preso una sedia e si era seduta di fronte a sua figlia: doveva scoprire cosa intendeva come “problema risolto”.
- Non li hai visti di sotto i poliziotti? E' vero, tu non vedi mai niente. Comunque le tipe avevano già portato via le tende, per cui c'è stato tanto casino per nulla.
Elisa aveva preso un bel respiro: ne avrebbe dovuto parlare a Luigi dell'uso che Massimo faceva della sua paghetta. E forse era il momento di andare più piano, e decidersi a guardarsi intorno con più attenzione.

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