La bizzarria di un personaggio
come Marco De Annuntiis nel panorama cantautorale è per me evidenziata dai
primi due brani di questo Jukebox all’idroscalo. Se il citazionismo spinto è
infatti un aspetto fondamentale nelle sue canzoni (persino il titolo cita
Ginsberg, adattandolo al lido di Ostia di cui il nostro è originario) è altrettanto
vero che in Jukebox e Come De André c’è ben poco oltre a
quello. Non basta stravolgere una canzone di Gainsbourg e citare qualche
artista anni 60, nel primo caso, o fare un compitino sulla carriera del
cantautore genovese con citazione (neanche troppo) nascosta di Psycho Killer
dei Talking Heads, nel secondo caso, per fare di te uno che ha imparato da
cotanti maestri e ne ha cavato fuori qualcosa di buono. Un plauso quindi al
buon Marco, perché riesce brillantemente a recuperare da un inizio quantomeno
zoppicante.
A voler proprio guardare neanche
la terza traccia Dandy di città
inizia sotto i migliori presagi, visto che la ricerca sonora non sembra essere
fra le prerogative di De Annuntiis. Suoni vintage ma banali, un alone retrò
ricreato con troppa semplicità che in fondo basta però a far da sottofondo a
testi che qualcosa da dire ce l’hanno. Non ci sono rivoluzioni epocali in quel
che comunica il cantautore romano, ma spesso le parole sono quelle giuste al
momento giusto: così il dandy di città prende vita, diventando una figura con
un’anima e non un semplice collage di stereotipi.
La erre moscia smette presto di
essere un difetto, per quanto tutto si possa dire tranne che la sua sia la
prima voce a cui penso quando devo associare l’aggettivo ‘bella’ a qualcosa, ed
emergono le storie narrate. Un universo di perdenti a cui la sua vocalità snob
dà un’aura di decadenza, come quando parla di quanto sia bello e difficile
essere Borderline (aiutato in questo
da Ilenia Volpe) o di quanta sofferenza possa nascondersi nella Vita privata di Sherlock Holmes. A
fronte di episodi meno riusciti come Blues
della Renault, sincera vista la conoscenza diretta della micro delinquenza
del lido ma incapace di evocare quell’immaginario, ci sono invece picchi come Conigli dappertutto, che pur con una
musica allegra e briosa restituisce tutta la drammaticità delle scelte
sbagliate e del coraggio che manca per ricominciare senza guardarsi indietro.
Un disco urgente, che di
quella urgenza fa pregio e difetto. Marco De Annuntiis sa quello che vuole dire
e come dirlo, e poco penso gliene importerà se a me sembra che spesso lo fa in
maniera semplicistica e banale: fa probabilmente tutto parte del personaggio,
ed in questo ci sta anche la pubblicazione di un album che non ricorderò fra i
migliori ascoltati in vita mia, ma di cui penso che porterò con me più a lungo
alcuni frammenti di grande valore. Stefano
Ficagna
Tracklist:
1. Jukebox
2. Come De André
3. Dandy di città
4. Conigli dappertutto
5. Blues della Renault
6. Borderline
7. Il primo uomo sulla luna
8. Vita privata di Sherlock Holmes
9. Shavette
10. Io, io io e gli altri
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