Nel comunicato stampa di questo
album viene fatto notare che gli artisti coinvolti nel progetto Passenger Side
non avevano mai suonato queste canzoni assieme, improvvisando su note e parole
portate in studio di registrazione da Mario Vallenari (voce e chitarre). Non
vorrei sembrare quello con la puzza sotto il naso (nella stessa situazione io,
che di teoria musicale non so niente e quando mi chiedono che accordo sto
facendo con la chitarra gli faccio vedere la mano e dico ‘questo’, avrei fatto
quasi sicuramente peggio) ma il modo in cui è stato concepito questo It means a
lot si riflette pienamente nel risultato finale, senza che questo sia un valore
aggiunto.
Ci sono due problemi principali
nel disco, e sono la voce e gli arrangiamenti. Non che canti male Mario, ma la
pronuncia inglese sembra forzata e poco naturale, lasciando un senso di
straniamento lungo tutto l’ascolto. Il discorso arrangiamenti merita invece un
discorso più ampio, perché in fondo le otto tracce dell’album fanno di tutto
per mostrare un panorama musicale sfaccettato e colmo di influenze. Così,
andando in ordine sparso, la partenza con Black
dawn (anticipata dall’intro pianistico di Last night alive) è intima e malinconica, sorretta da un piano in
gran forma (suonato da Lorenzo Masotto de Le Maschere Di Clara) ma irrisolta
nel suo andamento che non trova un degno finale, I swear to love you vira verso la ballad con ampi echi folk e
qualche accordo di chitarra elettrica per dargli quel tocco indie anni 90
(oltre ad avere un riff iniziale che porta diretti negli anni 80 senza passare
dal via), Pieces è uno sfogo rock
abbastanza classico in cui vengono lasciate libere distorsioni morbide ed Out, forse la migliore del lotto,
mischia pop e rock trovando ancora nel piano il motore trainante e nella
ritmica essenziale ma incalzante le energie per far muovere piacevolmente la
testa.
Ciò che lascia perplessi di It
means a lot è che questa varietà di stili non si riflette in strutture degne di
nota, con gli strumenti che danno l’impressione di limitarsi perlopiù al compito
ben fatto. Si nota, insomma, che poco tempo è stato passato ad inserire quei
piccoli dettagli che in un album come questo fanno la differenza, perché l’urgenza
è una bella cosa ma se ci si deve stupire di una Here che piazza a metà brano una chitarra quasi noiseggiante su di
un tappeto folk che si completa ad anello ritornando alla placidità della
chitarra acustica solitaria…beh, allora qualcosa non va.
Qualcuno apprezzerà la genuinità
della proposta, io purtroppo non riesco a trovare nell’esordio dei Passenger Side la molla che mi faccia
scattare la voglia di premere ancora una volta play. Qualche buona idea, episodi
malinconici interessanti (ascoltare la title track finale per farsi un’idea) ma
la sensazione continua che tutto questo non basti. Stefano Ficagna
Tracklist:
1. Last night alive
2. Black dawn
3. Devil said
4. Pieces
5. I swear to love you
6. Out
7. Here
8. It means a lot
Nessun commento:
Posta un commento