7 aprile 2017

Senza denti, come suonano i Die abete

Come suonano i Die Abete, ragazzi? La mia recensione di Senza denti, il loro secondo disco in uscita giusto oggi, potrebbe anche finire qui. Perchè di interrogativi, Senza denti, non ne lascia nemmeno uno, ma quello che ci rimane è un dubbio perentorio che raramente mi sono posto ascoltando le uscite di questi ultimi anni, soprattutto italiane. Questi ternani, che suonano con due batterie, sono il gruppo mancante in ogni rooster, sono quelli che escono di casa, sono un gruppo ancora punk. Ce li vedrei in ogni repertorio personale come i Brainiac di Bonsai superstar anche se il loro suono, si sente, è super italiano. Si sente anche che sia un suono più sofferto che studiato, soprattutto. Ultimo paragone della recensione, giuro, sono i To die for di Virus infection control: forse è per questo che li sento molto vicini a ciò che, quindici anni fa, mi tirava fuori di matto grazie al suo essere così estremo e sfuggente, così incapibile.
Senza denti, comunque, è un capolavoro. Inizia con una grancassa secca se non secchissima e soprattutto inizia cantando sin da subito, in italiano. Il che non è un particolare da poco. Sapete cosa significhi scegliere il pezzo giusto per iniziare un disco? Ecco, metterci subito il cantato è un presa di posizione che in pochi scelgono. Se siete d'accordo, azzeriamo tutto e ripartiamo da capo è il titolo, fate voi, della canzone che dà il via all'album. La tigre attacca più moderatamente ed è la canzone più "moderna", se così la vogliamo definire, di tutto il disco. Negare sempre tutto. L'antropologia / il trend del declino parla di pessimismo, di solitudine e compromessi in modo intricato come le venature di modernissimo noisepunk che la accompagnano; mentre Hai scelto bene, adesso crepa pare, almeno di primo acchito, non aver bisogno di presentazioni ed invece, a conti fatti, non risulta affatto uno gratuito sfogo assassino: è la canzone più sensibile e meno apoplettica dell'intero lavoro ed è forse per questo che è diventata la mia preferita sin dal primo ascolto. Umeå è diversa, lunga e per la maggior parte della sua durata strumentale. Le atmosfere sono molto Jr Ewing e infatti, guarda caso,Umeå è una città svedese. Avete presente quando da giovani andavate a guardare da dove arrivassero i vostri gruppi preferiti sulle quarte di copertine dei booklet? Ci naquero i Refused e ci nacque anche Nordhal. Non sono milanista né tantomeno lupacchiotto, ma che i Refused arrivassero da lì, diamine, lo sapevo. Il giorno dei fuochi suona doom e cattiva ma forse un po' troppo articolata, sebbene veloce e rotolante. Tirando le somme, non so se i Die Abete possano diventare per qualcuno un gruppo fondamentale o di riferimento, ma me lo auguro vivamente. Perchè Senza denti rappresenta davvero qualcosa di importante e poco incline, finalmentre, a qualsiasi parametro di giudizio. Lontano dalle rampogne forzatamente intellettuali e dagli apprezzamenti forzati, finalmente un disco punk che sprona a scrivere, a mangiare parole, a seguire i propri istinti anche se si è stanchi persino di lottare: non è forse questo l'intento, la "causa" di cui tutti parliamo da decenni? Fuori in coproduzione per Shove (Alessandria, dai Manuel che l'anno prossimo salite!), Sonatine (Fano), Longrail (Torino), Tanato (Torino) e To lose la track (Perugia). La copertina con la grafica a cura di Canemorto non mi piace. Andrea Vecchio

Nessun commento:

Posta un commento