11 ottobre 2011

I Kasabian puntano con Velociraptor al disco rock dell'anno, sarà davvero così?

Attenti! Il Velociraptor è sulle vostre tracce, lo spazio di tre ascolti e sentirete il suo fiato sul collo. Non cercate di sfuggirgli perché ne sarete totalmente rapiti, non c’è nessuna di via di fuga.
Una perfetta miscela tra techno, rock, i polizieschi anni ’70, visioni orientaleggianti e, questa volta, un occhio di riguardo per melodie un po’ più pop e orecchiabili.
Il disco apre con Let’s roll just like we used to, titolo azzeccatissimo e perfetto riassunto di quello che sono diventati i Kasabian. Ma la vera prima bomba è l’attuale singolo Days are forgotten che si propone come il nuovo inno della band di Leicester. In tutto il lavoro si tira pochissimo il freno e gli unici momenti più rilassati, insieme alla conclusiva Noen noon, sono Goodbye kiss, ballata prettamente acustica con i Beatles sponda Lennon nel cuore e la strascicata La fee vert che profuma di Parigi e di belle epoque.
Ma non c’è tempo per rilassarsi perché c’è l’urgenza della titletrack del disco, una raffica elettronico-acida di tre minuti tiratissimi, mentre nella visionaria Acid Turkish bath sembrano quasi tornare i Led Zeppelin di Kashmir.
Una sorta di Elettro-pop allucinato invece per I Hear Voices. E a seguire Re-Wired che ricalca le orme della precedente ma con un tono sfrontato e arrogante e la consapevolezza di essere la migliore traccia del disco.
Switchablade smiles sembra atterrare dal pianeta Prodigy, una botta di distorsioni, elettronica, voci… uno strato su strato pronto a sfondare le casse dello stereo. Intervalla questo terzetto Man of simple pleasures che ci ricorda la vena “western” della band.
Velociraptor! non è certo il disco che cambierà le vostre vite (al contrario di quanto affermato da Tom Meighan), è il naturale prosieguo del precedente West ryder Pauper lunatic asylum. Il disco ha una propria personalità un’attitudine ben precisa e un’anima mutevole ma che ha sempre ben a fuoco le proprie basi e mantiene il proprio marchio di fabbrica scrollandosi di dosso tutte le etichette di successori di Primal Scream e Oasis. Un altro importante tassello verso il tanto agognato disco “definitivo”?
Daniele Bertozzi

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