Premio letterario 'Provincia cronica' prima edizione
Laura Poletti - Una serata noiosa
-Cosa hanno detto che facevano? Che si annoiavano? E se per farsi passare la noia fossero andati a zappare della terra non sarebbe stato meglio?
Il tono del maresciallo Guidi era molto oltre il livello di guardia, ma nessuno avrebbe potuto dargli torto: essere svegliati nel pieno della notte da una serie di telefonate che parlavano di probabili attentati terroristici al liceo Galileo Galilei non era un buon viatico. E la situazione era andata ulteriormente peggiorando quando le gazzelle erano arrivate sul posto, dopo aver chiesto rinforzi al comando: di pericolosi attentatori extracomunitari non c’era l’ombra, ma il pericolo era rappresentato da tre stupidi ragazzini che erano rimasti incollati al portone della scuola, avendo fatto l’interessante scoperta scientifica che l’attacca-tutto si chiama attacca-tutto proprio perché riesce a incollare ogni cosa, dita comprese. Come fossero riusciti a incollarsi tutti e tre era un quesito interessante, ma il maresciallo non era dell’umore adatto per cercare la risposta.
-Cosa vogliamo farci, sono solo dei ragazzi, è solo una bravata.
Il preside Forpini lo faceva irritare ancora di più dei ragazzi: avevano cercato di procurare un danno alla scuola e lui la metteva sul ridere? E se avessero fatto scoppiare i bagni oppure avessero piazzato un ordigno artigianale, così, tanto per passare il tempo, che punizione avrebbe invocato? Forse uno schiaffetto sulla mano, o, al massimo, un buffetto sulla guancia.
-Saranno anche semplicemente dei ragazzi, ma erano in un visibile stato di alterazione alcolica e tutto lascia pensare che volessero introdursi nell’edificio al di fuori dell’orario scolastico, con intenzioni ancora ignote.
Il preside allargò le braccia.
-Ma non volevano entrare a scuola, anzi, non volevano che entrasse proprio nessuno! Non potrebbe chiudere un occhio per questa volta?
Forse, in un’altra occasione, il maresciallo avrebbe anche potuto chiudere un occhio, ma non quella volta, non dopo essere stato svegliato nella prima notte di sonno decente che riusciva a fare da settimane. Quei ragazzi avevano bisogno di una raddrizzata.
Scelse un rigoroso ordine alfabetico per farli entrare: aveva mandato a chiamare i genitori, visto che, anche se per pochi mesi, erano tutti minorenni: almeno in loro il maresciallo sperava di trovare un valido appoggio.
Fabrizio era il classico ragazzone sportivo: il maresciallo lo aveva visto spesso giocare da titolare durante le partite di pallavolo della squadra locale. Questo, aggiunto al fatto di essere un bel ragazzo biondo con un sorriso simpatico, gli assicurava un codazzo di ragazzine adoranti. Non era da trascurare il fatto che se la cavasse bene anche a scuola, o almeno così gli aveva detto sua figlia Valentina, che il maresciallo aveva svegliato per avere precise informazioni sui suoi compagni di classe. Era stato un sollievo sentire la sua voce mezza addormentata, e anche il fatto che lo avesse mandato a quel paese non gli era pesato più di tanto. La sua ex moglie aveva il turno di notte in ospedale, perciò la piccola era a casa da sola. Ma, visto che era una brava ragazza, alle due di notte dormiva, invece di trovarsi incollata ai portoni.
-Voglio il mio avvocato.
Il maresciallo avrebbe voluto prenderlo a schiaffi, ma il padre del ragazzo, l’ingegnere, era stato molto più veloce: la frase non era ancora finita quando la mano dell’uomo si era abbattuta con un colpo secco sulla nuca del ragazzo. Al tutto seguì un momento di silenzio, interrotto solo da un lamento della moglie dell’ingegnere. Cuore di mamma.
-Lascia perdere l’avvocato e spiegami cosa ci facevi con i tuoi amici alle due di notte nel cortile della scuola.
Il ragazzo sembrava intenzionato a non rispondere, ma lo sguardo furioso del padre doveva avergli fatto cambiare idea.
-Volevamo solo fare uno scherzo, eravamo a un compleanno e abbiamo festeggiato, forse bevuto un po’ troppo. Volevamo solo una scusa per saltare la prima ora di lezione domattina. Cioè, oggi.
-E di chi è stata l’idea brillante?
Il ragazzo non rispose subito, guadagnandosi un altro scappellotto dal padre. Ancora un po’ e gli sarebbe venuto un callo.
-Non lo so, lo giuro, non me lo ricordo.
Il maresciallo lo fece tornare nell’altra stanza: per una reprimenda fatta bene preferiva averli sentiti prima tutti e tre.
Sua figlia non gli aveva detto niente del compleanno, perciò o non c’era andata, oppure si era dimenticata di riferirglielo: gli sembravano improbabili tutte e due le ipotesi.
Fece accomodare il secondo membro del gruppo, Daniele. Qualche volta lo aveva visto in casa della sua ex moglie e gli aveva fatto una buona impressione, sembrava un ragazzo a posto, impegnato nello studio e nell’attività parrocchiale. Aveva anche pensato che fra lui e sua figlia ci fosse qualcosa di più dell’amicizia, ma Valentina aveva sempre negato. Un’eventuale relazione non gli sarebbe dispiaciuta, ovviamente prima di scoprire che il ragazzo aveva l’hobby di incollarsi ai portoni.
La madre del reo piangeva come una fontana, lamentandosi della disgrazia che era accaduta al suo piccolo. Cercò anche di dire qualcosa, di sicuro un’accorata difesa del suo ragazzo, ma il marito la bloccò. Era un finanziere in congedo e, da come guardava il ragazzo, aveva un gran voglia di provvedere lui stesso a punirlo.
-Allora, ci vuoi dire quello che è successo?
Il ragazzo prese un respiro profondo, prima di attaccare un monologo che lasciò gli adulti storditi: sua figlia glielo aveva detto che il soprannome del ragazzo era “il sofista”, visto come se la cavava con le parole, ma il maresciallo non si aspettava un talento del genere.
A suo dire, dopo che il festeggiato se ne era andato erano rimasti per un po’ seduti in pizzeria a chiacchierare del più e del meno, poi la discussione si era spostata su un argomento puramente teorico, se cioè l’attacca-tutto fosse in grado di attaccare anche le serrature. Qualcuno propendeva per una risposta positiva, altri per una negativa, ed era saltato fuori come potesse essere un argomento interessante per un approfondimento della chimica. Il problema era avere un qualche risultato che confermasse o smentisse le loro teorie, e il portone della scuola era risultato essere il luogo più facilmente raggiungibile. In più, c’erano altre due entrate e sarebbe bastato il giusto solvente per rimettere a posto la serratura. Lo facevano per la scienza e non avrebbero creato danno a nessuno.
Quando il ragazzo terminò il suo monologo gli adulti lo guardarono con espressioni diverse: la madre era passata dai singhiozzi a un sorriso adorante, mentre il padre e il maresciallo erano rimasti a bocca aperta, indecisi se prenderlo a schiaffi oppure abbracciarlo per la sua interpretazione.
L’ultima a entrare fu l’unica ragazza del gruppo, Iolanda: la cavalleria avrebbe voluto che il maresciallo la sentisse per prima, ma la ragazza era molto agitata e aveva chiesto un po’ di tempo per calmarsi. In più, era una delle migliori amiche di Valentina, e se l’avesse trattata troppo duramente avrebbe rischiato un muso da parte di sua figlia di durata indeterminata.
Il fatto che fosse in giro a fare l’incollatrice notturna di portoni, mentre Valentina era a casa a dormire, era un fatto molto strano, visto che le due ragazze a volte sembravano gemelle siamesi. Come era strano il fatto che sua figlia l’avesse chiamato, fra il primo e il secondo interrogatorio, con una voce molto più sveglia della telefonata precedente, e gli avesse chiesto, o, meglio gli avesse ordinato, di non essere troppo duro con i suoi compagni.
Iolanda si era tranquillizzata e sorrideva al maresciallo, come se si fossero incontrati per caso.
-Eravamo al compleanno di Mattia e quando lui è andato via siamo rimasti ancora un po’ al ristorante.
Mattia: finalmente aveva scoperto il nome del misterioso festeggiato. Il maresciallo cercò di fare mente locale su chi fosse questo Mattia, ma l’unica immagine che gli veniva in mente era quella di un ragazzino magro che aveva visto una volta in compagnia di Valentina. Forse la sua ex moglie gli aveva detto qualcosa a proposito di questo Mattia, ma proprio non gli veniva in mente di cosa si trattasse.
Nel frattempo la ragazza aveva continuato a parlare, con la sua voce squillante, e a spiegare come lei avesse osservato i suoi compagni che confabulavano fra di loro, ma non avesse capito subito di cosa si trattasse. Ma, dato che si preoccupava per loro, li aveva seguiti e aveva cercato di distoglierli dalle loro intenzioni, senza successo. In fondo, lei era una donna ed era nella sua natura preoccuparsi per gli altri.
Quando la ragazza aveva finito di parlare il cellulare del maresciallo cominciò a vibrare: Valentina, che gli ripeteva di nuovo che non era il caso di essere troppo duro con i suoi amici. La mattina stessa avrebbero avuto delle verifiche, e affrontarle senza aver dormito era una punizione più che sufficiente.
Il maresciallo fece entrare gli altri due ragazzi nell’ufficio e uscì: aveva bisogno di fumare una sigaretta e pensare. Il preside non intendeva sporgere denuncia e nessuno si era fatto male, forse i ragazzi potevano veramente cavarsela con una semplice ramanzina. In più, non avrebbe guastato i rapporti con sua figlia. Spense la sigaretta e preparò la sua espressione più severa.
Passò a trovare la sua ex moglie dopo pranzo: le aveva lasciato il tempo di riprendersi dalla notte di lavoro e ne avrebbe approfittato per passare un po’ di tempo con Valentina, al suo ritorno da scuola. Peccato che l’umore di Giulia non fosse dei migliori: probabilmente aveva scoperto tutta la storia della colla nel portone della scuola, ed era furiosa con gli amici della figlia.
-La sai la novità?
Il maresciallo sorrise: non gli capitava spesso di essere a conoscenza di qualche notizia prima della sua ex moglie e intendeva sfruttare fino in fondo il vantaggio, perciò si limitò ad annuire.
-Allora lo sai e non hai niente dai dire?
Chissà perché Giulia se la prendeva così tanto: era stata solo una ragazzata e gli amici di Valentina erano stati spaventati in modo adeguato, tanto che il maresciallo era pronto a scommettere sul fatto che non si sarebbero più cacciati in un guaio del genere.
-Giulia, sono ragazzi, cosa vogliamo fare, arrestarli? Orami non lo facciamo nemmeno più con i delinquenti. E’ bastata una ramanzina di quelle ben fatte per sistemare le cose.
-Una ramanzina? Vuoi dire che sapevi tutto e ti sei limitato a una ramanzina? E quando l’avresti fatta, questa ramanzina?
Il comportamento di Giulia sembrava al maresciallo sempre più strano.
-Quando vuoi che l’abbia fatta? Questa notte.
Giulia lo guardò in silenzio per qualche secondo, come se guardasse un pazzo.
-Tu sei venuto qui stanotte, hai trovato tua figlia a letto con Mattia, gli hai fatto una ramanzina e te ne sei andato a dormire come se nulla fosse? Ma sei diventato completamente scemo?
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