30 gennaio 2010

I milanesi ammazzano il MiAmi? L'appello all'ascolto lo lanciamo noi...

Trovo spesso di dubbio gusto la linea editoriale di RockIt, sito tra i più parziali e faziosi che ci siano in giro, ma do loro atto di impegnarsi davvero molto sul fronte della organizzazione di eventi. MiAmi, e la versione invernale MiAmi ancora di cui mi appresto a scrivere, sono una boccata d'ossigento per una Milano povera di locali, che solitamente offre alla musica indipendente il mercoledì o il giovedì sera, lasciando al week end solo le briciole o i grandissimi eventi.
Passo a presentarvi l’edizione invernale del Mi Ami Ancora di quest’anno, in programma il prossimo 6 febbraio al Leonkavallo. 3 palchi live per 15 ore di musica senza sosta. Il tutto a 10 €, birra compresa (una però!). E ancora: area relax, più di 50 espositori, reading, fumetti, dj set, autoproduzioni, live painting, ecc. Si parte sabato alle 17 e si arriva – per chi ce la fa – a domenica mattina alle 9. Chi ci sarà lo leggete sul flyer qui sopra, mentre qui trovate il programma e qua una compilation da scaricare gratuitamente con gli artisti presenti al festival. Il che non è poco!!
MiAmi si presenta come un evento da prendere nel suo complesso e poco importa se il 90% di chi ci andrà conosce solo una o due delle band che si esibiranno. Una serata collettiva per ragazzi arrembanti che il giorno dopo potranno vantarsi con gli amici di aver ascoltato gli Hormonauts o il reading di Vasco Brondi delle Luci della centrale elettrica che, se musicalmente ha molto da dire, sul fronte letterario aggiunge pochissimo a quanto già presentato nel cd.
E il giorno dopo tutti a taggarsi nelle su Facebook, mi racomando...
I palchi saranno tre e gli orari dei vari live ancora non sono stati resi noti. Mi piacerebbe proprio vedere, possibilmente con dei concerti non lillipuziani (nel senso di non brevissimi, come troppo spesso accade ai festival) i Krisma, Il pan del diavolo, My awesome mixtape, Pay, Giuliano Dottori, Marcilo Agro e il duo Maravilha, Altro, Alessandro Grazian, Bologna violenta, Casador, Ettore Giuradei, The death of Anna Karina, Moltheni e infine anche gli Hormonauts... In più magari scoprire qualche band nuova o che conosco solo di nome.
Vorrei che anche i miei amici, e tutte le persone che saranno lì, li ascoltassero davvero!
Mi piacerebbe che non ci fosse la solita gara a chi veste più "alla moda", intendendo come moda un concetto alternativo della stessa, naturalmente. Lasciamo stare la spasmodica ricerca del musicista famoso a cui chiedere una fotografia o un autografo... Ascoltiamo. Scopriamo. Sognamo con la musica e le parole. Conosciamo persone nuove: io sarei felicissimo se qualcuno mi fermasse e mi chiedesse "posso parlare con te, perchè ho una storia da raccontarti...". E' questo lo spirito che dovrebbe avere la gente che va ad un bell'evento come questo e invece la musica -paradossalmente - spesso rimane inascoltata. Tace, sovrastata dal vociare petulante di quelle persone che poi il giorno seguente, all'alba, andranno a taggarsi nelle foto o di quelle ragazze (o anche ragazzi, mica voglio discriminare, ci mancherebbe) che per tutta la sera andranno a battere la piazza alla ricerca di peni di musicisi da ingurgitare avidamente... e più famoso è il musicista, meglio è, si intende!
Detto questo, non voglio risultare polemico, semplicemente mi pacerebbe che la buona musica venisse almeno un po' ascoltata. Se sarà protagonisa o contorno, quello lo lascio decidere a voi.
Roberto Conti

27 gennaio 2010

Gang - Dalla polvere al cielo

Sono ormai passati 26 anni dall’esordio discografico dei Gang con Tribes’ Union e ne sono passati anche di più da quando il parroco del paese fece da garante ai fratelli Severini per comprarsi le chitarre; Marino e Sandro sono cresciuti, le chitarre sono cambiate, la musica si è evoluta, ma il cuore è rimasto lo stesso. La pubblicazione del bootleg Dalla polvere al cielo è la dichiarazione d’amore dei Gang alla musica libera e il riassunto di questi anni trascorsi a “schitarrare” su e giù per l’Italia. Il primo cd del doppio live si apre, come tutti i concerti dei Gang, con la grintosa Socialdemocrazia canzone del 1991 che ci ricorda che in fondo il nostro paese non è poi cambiato tanto in “soli” 19 anni. Si passa al 1997 con Fino alla fine per rituffarsi immediatamente nella realtà italiana ne La corte dei miracoli per passare al tema della resistenza in Dante Di Nanni brano degli Stormy six. Il live prosegue in un’alternanza di canzoni più o meno recenti ma comunque attuali: Non è di maggio, Johnny lo zingaro, Se mi guardi vedi, La pianura dei sette fratelli, Le radici e le ali, Oltre e l’immancabile Il bandito Trovarelli.Il secondo cd del live si apre con un manifesto contro la guerra Fermiamoli per proseguire con: Giorni, Prima della guerra, Comandante (dedicata al comandante Marcos) e Kowalsky. In Sesto San Giovanni si omaggiano la forza, il coraggio e la dignità della classe operaia negli anni 70 e 80 e si prosegue con un emozionante ricordo di Andrea Pazienza in Paz definito più volte dai Gang come un grande bandito senza tempo. Ma i Gang non sarebbero mai diventati quello che sono senza la passione per i Clash e quindi si suona “I fought the law” per concludere con la quasi naturale Buonanotte ai viaggiatori. L’ascolto di questo lavoro ci riporta alla dimensione dove i Gang riescono maggiormente ad esprimersi ed esaltarsi: il live, quindi appuntamento per tutti al prossimo concerto anche se Marino e Sandro si sono sbagliati perché questa volta, purtroppo, “ti sei perso i Gang, Paz”. Pierpaolo Gatti

26 gennaio 2010

"Ascolti emergenti" di gennaio (parte seconda)

La Dionea – La sindrome di cassandra **
Non è cosa per tutti, la poesia in musica. Produrre un testo di una certa caratura emotiva ed interpretarlo senza risultare banali o peggio ancora lamentose vittime dello spleen, poi, è affare per pochi. Ed è un peccato che i campani La Dionea vogliano mettere a tutti i costi in primo piano il lato lirico del loro primo EP La sindrome di Cassandra. Sulle trame musicali in bilico tra i Diaframma ed accenni post-rock create da chitarra/basso/batteria, portatrici qua e là di momenti particolarmente ispirati (Anna è infelice), mal s'innesta la voce eccessivamente pulita di Alfonso Roscigno, autore di testi e musiche, che snocciola paroloni finendo quasi per sembrare una versione annacquata dei Verdena (Farsene una colpa). Una produzione più sporca e una maggiore focalizzazione sugli aspetti puramente strumentali della loro musica non potrebbe che fargli da giovamento. Fabio Gasparini

M'Ors – Anima Nera ****
Piacevolissima sorpresa, l'esordio discografico di Marco Orsini, in arte M'Ors, cantautore romano da anni attivo nella scena indipendente - e si sente: le quattro tracce che vanno a comporre questo EP Anima Nera denotano una sicura maturità artistica e conoscenza degli attrezzi del mestiere, spaziando da momenti più tradizionalmente folk-cantautorali a piccole incursioni blues. Le linee guida del lavoro di M'Ors sono le liriche impegnate la cui poetica potrebbe ricordare Moltheni (come nella title-track, omaggio al popolo africano), gli arrangiamenti impreziositi dall'uso sapiente di una vasta strumentazione, i contenuti momenti rock che nella conclusiva Fegato elettrico si lasciano andare, appunto, all'elettricità delle chitarre. Assolutamente da tenere d'occhio il nome di M'Ors: se manterrà le promesse, potrebbe stupirci. Fabio Gasparini

Kobayashi - In absentia ***
Una cavalcata strumentale e pretenziosa ci conduce sulle note di In absentia, quattro tracce per oltre quaranta minuti di musica. Forse un po' troppo?! Tra sbalzi d'umore, suite e variatio musicali assai interessanti questo disco si presenta come una sinuosa onda sonora fatta di alti e bassi. Opera collaterale della Biennale di Venezia del 2009, poi approdata su disco, presenta suoni variegati, un po' alla Mogway, un po' alla Giardini di Mirò. Indispenabile prendersi il giusto momento per un ascolto come si deve, altrimenti la sperimentazione del trio Carrarese rischia di non venire compresa appieno. Da segnalare Vendramin? con il distorto reading di Laura Pugno e la marcia finale Lei non sa chi sono io, con il suo incedere a sapienti balzelloni. Giovanna Oceania

Two Left Shoes – You talk too much to me **/
Uno dei motivi principali che mi hanno fatto venire a noia il revival new wave/garage di gruppi tanto blasonati come The Strokes, Arctic Monkeys, Franz Ferdinand e compagnia bella è l'incredibile mole di cloni cui hanno dato vita, nati sulla cresta dell'onda di quello che pare essere il trend per antonomasia degli ultimi anni. Non fanno eccezione i Two left shoes, giovane quartetto barese che deve aver fatto sicuramente indigestione delle band succitate, come ben mostrano i cinque pezzi di questo EP: se Two left shoes parte come un classico pezzo di Casablancas, Through my tv deve moltissimo al british sound, e non fanno eccezione gli altri tre pezzi (comunque gradevoli) che si perdono in fretta in un territorio battuto fino allo stremo. La forte carenza di personalità penalizza molto il valore finale della proposta, per quanto ben suonata essa possa essere. Le potenzialità le hanno, speriamo riescano a trovare la loro strada. Fabio Gasparini

22 gennaio 2010

Intervista a Moltheni: "Sono schifato dall'ipocrisia della scena musicale alternativa italiana"

Moltheni torna a raccontarsi nella raccolta “Ingrediente novus”, un cd con 16 tracce completamente riarrangiate tratte dai sei dischi pubblicati da uno dei cantautori rock più significativi. Purtroppo questo gioiello, che comprende anche un dvd con due concerti e un cortometraggio, rappresenta una sorta di “canto del cigno” per l’autore marchigiano, che recentemente ha annunciato di voler abbandonare le scene musicali. Lo abbiamo intervistato in occasione di una delle ultime date del tour.

“Ingrediente novus” è quindi un epilogo, si tratta di una decisione che hai maturato da tempo o, come si legge in alcune interviste, dettata dai meccanismi si una scena musicale che non ti rappresenta e che quindi hai deciso di abbandonare?
E fondamentalmente un presupposto che ho avvertito mentre registravo Ingrediente Novus, e alla fine dello scorso tour estivo. E' qualcosa che è più forte di me, e che in un certo qual modo mi crea malessere. Sono schifato dall'ipocrisia della scena musicale alternativa italiana, e incomincio a detestare i musicisti proprio come categoria di persone. Un branco di idioti spocchiosi con in testa l'idea da rock-star o spesso da personaggio maledetto che suona. Sono troppo vecchio per queste stronzate.

Hai anche dichiarato che ti dedicherai a progetti paralleli, magari anche all’estero? Puoi anticipare qualcosa?
No, ho solamente delle cose in testa sulle quali sto lavorando, ma non è detto che verranno realizzate, quindi è inutile parlarne.

Trovo incredibile che Premi musicali come il Tenco (ma il discorso potrebbe essere esteso a molti altri) che dovrebbero valorizzare anche i nuovi talenti del cantautorato, non ti abbiamo valorizzato come invece è avvenuto per altri musicisti, anche della scena indipendente, come Vasco Brondi o Dente. Colpa dei critici musicali distratti?
Colpa del "premio Tenco" che non ha nessun tipo di valore e lo ha dimostrato in numerose ultime edizioni. Non mi sono assolutamente mai meravigliato del fatto che non mi abbiano mai invitato, del resto giurerei che neppure mi conoscono. Il "premio Tenco" è a suo modo uno specchio oggettivo della cultura musicale italiana. Chi deve intendere, intenda. Sull'argomento poi dei critici musicali italiani, stendo un velo pietoso, che non merita neppure lo spreco di una parola.

Nel 2000 partecipasti a Sanremo, condotto da Fabio Fazio, con il brano “Nutriente”. Ci saresti tornato se te lo avessero proposto?
Non lo so... probabilmente no.

“Ingrediente novus” è dedicato a Francesco Virlinzi, il produttore che ti scoprì. Cosa ricordi di lui e dei tuoi esordi discografici alla Cyclope di Catania?
Ricordo che avevamo molti contrasti, più che altro sulle scelte di fondo; ma onestamente ricordo e riconosco il grande valore che avevano per mele sue idee, i suoi ascolti, il suo amore per la musica.

Nella raccolta oltre al singolo “Petalo” c’è un altro inedito “Per carità di stato” in cui racconti il declino del nostro paese. Come è nata questa canzone?
Come e' nata? Ho semplicemente scritto quello che penso e che vedo ogni giorno, poi l'ho cantato. Stop. Il mio disappunto negli ultimi anni è talmente forte che mi basta poco per comunicare in musica quello che penso.

In ogni tuo disco compare una traccia unicamente strumentale, come mai questa scelta?
In realtà non è una scelta, accade perché accade. Ho sempre bisogno di comunicare con la musica e spesso ciò non coincide con un testo o comunque con delle parole da cantare. Molti dei miei gruppi e progetti di riferimento sono sempre stati strumentali, le parole occupano un posto importante nel panorama Moltheni, ma non determinante, almeno non così come lo intendo io. Per il pubblico ciò non accade esattamente così. Per me comunicare con l'esterno solo con la music sarebbe difficile, poiché so che il pubblico a cui mi rivolgo non lo accetta... o ne resta distaccato. La mia popolarità se scrivessi musica senza testi, sarebbe molto limitata, ciò non toglie che io adoro scrivere liriche, e cantare è un processo che mi appartiene in tutto e per tutto.

“I segreti del corallo”, titolo del tuo ultimo disco di inediti, racchiude un significato meraviglioso: il corallo è un materiale che acquisisce valore nel tempo, dopo la morte. Sarà così anche per la tua musica, ora che Moltheni si ferma?
Non credo, il mio pubblico appartiene al suo tempo, un tempo dove si dimentica facilmente e dove molti valori sono svaniti. In Italia fanno più strada coloro che usano chitarre distorte e fanno casino, chi ha amato Moltheni continuerà ad amarlo, fino a dimenticarlo col tempo. Ma è giusto così.

Spesso nelle tue canzoni utilizzi gli animali (e la natura in generale) per creare metafore di ciò che accade intorno e dei sentimenti umani. Animali migliori degli uomini?
Si assolutamente. Ho sempre guardato alla fauna e alla flora come un atteggiamento legato anche alla mia educazione contratria. I miei genitori non mi hanno insegnato ad amare gli animali, proprio per questo fin da bambino è diventata una mia ossessione. Oggi come sempre io adoro gli animali e da loro raccolgo tutto il potere del senso della vita, guardando in faccia una bestia io riesco a comunicare, e l'odore animale mi rende migliore quando lo sento. La natura per me è dio, e dalla natura che noi proveniamo, è la nostra unica madre… che a sua volta obbedisce alla sua di madre che la Chimica. Noi veniamo da lì. Tutto ciò che ho scritto negli anni è dedicato alla chimica... al nulla, al tutto.

Intervista di Roberto Conti



19 gennaio 2010

Giuliano Palma & the Bluebeaters - Combo

A due anni da Bogaloo ricompaiono Giuliano Palma e i Bluebeaters con un disco che non è altro che il seguito del precedente.
Quindi un secondo ritorno al passato che potrebbe far pensare a un’astuta e ammiccante operazione commerciale in attesa di nuovi estri.
Il tutto condito con un ampio spiegamento di forze: un’orchestra di diciotto elementi a sostegno della band nata nel ’93.
La formula è la solita: vecchi brani italiani e non rivisitati in stile ska, rock steady e reggae, melodie accattivanti a volte rese piacevoli da un tocco di fantasia e dalla bella voce del leader.
Combo non aggiunge niente di nuovo, ma risulta di facile impatto e con alcuni momenti particolarmente azzeccati tipo Il cuore è uno zingaro, From Russia with love e la strumentale title track.
Unico inedito Dentro tutti i miei sogni, canzone scritta insieme a Fabio Merigo, con un arrangiamento interessante e un ritmo esotico rispetto allo stile del gruppo.
Pop italiano moderno, magari di grande impatto dal vivo, senz’altro divertente e ben eseguito.
Il problema rimane l’assenza di innovazioni e il coraggio di osare; una pacata staticità che si assesta su una linea già collaudata. Ottimo per una festa di compleanno, ma forse se ne potrebbe tranquillamente fare a meno. Mauro Carosio

17 gennaio 2010

Rain Machine - Rain Machine

Tra i dischi passati inosservati nell’ultima parte del 2009, c’è senz’altro l’ottimo esordio da solista per Kyp Malone, voce e chitarra dei Tv On The Radio, una delle band d’oltreoceano più interessanti degli ultimi anni. Senza tralasciare il marchio di fabbrica del gruppo d’origine, Malone in questo disco cede alla propria vena artistica realizzando un album tutto da solo, compreso il disegno in copertina.
I tratti più simili alle esperienze precedenti sono riconoscibili. L’uso elegante di cori soul con la maggioranza di voci femminili, alcuni rimandi al rock più allucinato e acido in perfetto stile anni ’70, brani dalla vena melodica particolarmente naive ne sono la dimostrazione lampante e piacevole allo stesso tempo.
Le undici tracce che compongono questo arazzo musicale si mostrano come trame di canzoni a volte sospese su melodie sghembe, delicate e fragili come l’onirica Smiling Black Face o Driftwood Heart, altre volte con strutture solide e definite, dai ritmi decisi e trascinanti come il primo singolo Give Blood o Hold You Holy, un mix di dance e psichedelia.
Chiude l’allucinata e interminabile Winter Song, in cui Malone esibisce spudoratamente la sua splendida gamma vocale, arrampicandosi per dieci minuti su un pentagramma decisamente esteso.
Ci vuole pazienza e una predisposizione particolare per apprezzare totalmente Rain Machine. Al primo ascolto si è colti da un inevitabile senso di spiazzamento, ai successivi prevale lo stupore e la fascinazione che si prova durante un viaggio esotico e fuori dagli schemi. Mauro Carosio

16 gennaio 2010

"Ascolti emergenti" di gennaio

Octopus - Octopus ep 2009 ***
Un'attività cominciata nell'ormai lontano 2006, quando Marco Castellani - meglio noto come 'Garrincha' - suonava ancora il basso ne Le Vibrazioni. Da quel primo concerto al Politecnico di Milano targato 18 Maggio 2006, di acqua sotto i ponti ne è passata davvero tanta... Quello che era il 'side project' di Marco ha preso il sopravvento ed è diventata la sua occupazione principale: i 'live set' si sono consumati in giro per il mondo, collegando senza soluzione di continuità città Usa assai importanti e piccoli centri della Bassa padana. Timbro funky con qualche accenno alla psichedelia anni 70 per questo ep. C'è anche la cover di Jimi Hendrix Crosstown Traffic che ha una marcia in più. Brani come Lemon Kiss, Desire e The Sausketo Funk sono di respiro internazionale e danno a questo lavoro dignità di ascoto. Marco Colombo

Perlè - Il blu e il nero
Incoraggiante l’esordio solista di Gianlugi Scamperle in arte Perlè. Artista eclettico, dopo aver militato in gruppi della scena dark e new wave (Bête Noire e Konya Dance) e, soprattutto, crossover (Kasanova), si affida a collaborazioni importanti con John Parish (PJ Harvey, Afterhours) e John Agnello (Bob Dylan, Patty Smith, Sonic Youth, Marc Lenegan) per creare questo album di un bel rock nostrano. Belli tutti i pezzi che richiamano il miglior rock italiano stile After e Marlene. La musica è appetitoso contorno per la voce di Perlè, a volte dolce a volte graffiante. Tra i pezzi più riusciti a mio parere Rosa e Scivola. Da segnalare anche al bella cover di Caroline Says di Lou Reed. Marco Colombo

Ollie - Ollie
Gli ollie sono una band di origine bulgara. Il promo che ci hanno mandato contiene quattro pezzi tra cui la cover Sensamilla degli Slighty Stoopid. Il genere ammica a Green Day, Fall out boy, e simili. Solo il quarto brano, The Impossible Freedom of my childhood mi è piaciuta un po' di più degli altri brani, piuttosto anonimi. Anche le sonorità sono vicine agli artisti sopra citati.
Deludente in fatto i originalità. mar. col.

Nadàr Solo - Un piano per fuggire
Secondo album, in uscita a fine gennaio, per i Nadàr Solo, band torinese che nel 2007 diede alla luce un primo album omonimo autoprodotto. L'album venne ripubblicato nello stesso anno da H2O Music, marchio di SonyBmg. Mentre Roba sporca, uno dei brani più duri e intensi del disco, viene ripetutamente trasmesso sulle frequenze di Radio Capital, fioccano i consensi della critica e il singolo Novenovembre entra nella rotazione di MTV Brand:new (che per molti è un vanto). Ora ritornano, con un nuovo album , fatto di chitarre taglienti, testi impegnati, in bilico tra rock duro e ballate pop. g.oc.

12 gennaio 2010

Intervista: 99 Posse on stage 8 anni dopo per tornare a parlare

In occasione del concerto dell'8 gennaio a Bellinzago abbiamo intervistato Luca Zulù Persico e Marco Messina dei 99 Posse. La band, recentemente riunita, sta affrontando un tour e preparando il nuovo disco che uscirà entro l'anno.

Come è stato tornare a suonare dopo una pausa di 8 anni. Cosa è successo e cosa è cambiato in questo lasso di tempo?
Negli ultimi 8 anni sono successe un sacco di cose e ognuno di noi è cresciuto con esperienze personali e progetti solisti. 18 anni fa i 99 Posse si formarono a causa di un grande fermento politico nell’area extraparlamentare: oggi c’è un grosso malcontento e una precarizzazione sempre più veloce e sempre più tremenda della vita delle persone. Sempre più gente chiede di essere rappresentata e di trovare espressione, anche attraverso la musica. Noi siamo sempre rimasti a contatto con la nostra realtà di provenienza, forse è per questo che i nostri testi oggi più che mai rivivono una attualità nuova.

Al Mei di Faenza un vostro brano Curre curre guagliò è stato premiato come migliore canzone in dialetto degli ultimi 20 anni, cosa pensate del regolamento sul dialetto introdotto quest’anno al Festival di Sanremo?
Ricevere questo riconoscimento al Mei ci ha fatto molto piacere, anche se, credo, che il risultato derivi dall’emotività legata all’annuncio della nostra reunion. Per quanto concerne il dialetto a Sanremo, noi siamo favorevoli, il dialetto è una lingua viva, che merita di essere conosciuta. Tuttavia il can can che si è fatto a proposito del regolamento del Festival è stato di fatto una strumentazione politica leghista, la musica dialettale è sempre stata presente, in molteplici varianti regionali, di un regolamento ad hoc non se ne sentiva il bisogno.

Questo tour che state portando avanti in questi mesi è il preludio all’uscita di un nuovo disco? Ce ne potete parlare?
Il disco che è ancora senza titolo uscirà o appena prima o dopo l’estate. E’ tutto ancora molto in divenire. Abbiamo solo un nuovo pezzo completamente definito, si chiama Italia a mano armata e affronta il tema delle ronde. Lo proponiamo già dal vivo, insieme ai pezzi della nostra discografia del passato. Vederemo quali tematiche e quali sonorità emergeranno a conclusione del tour.

Qualche tempo fa un vostro collega musicista ha dichiarato che “La scena musicale indipendente non è migliore della sinistra italiana. Divisa e litigiosa”, come commentate questa affermazione, voi che tramite la musica portate avanti appunto un messaggio politico?
La scena musicale indipendente non è detto che debba avere un intento comune come dovrebbe avvenire invece per partiti politici affini. La musica indipendente non ha alcun dovere di essere unita, e probabilmente non lo è. Le differenze ad esempio tra underground e overground ci sono sempre state, così come diverse "correnti" anche nella musica indipendente. E' un paragone quello con la politica che non comprendo.

Meg, che anni fa faceva parte della vostra formazione, ora corre da sola. Potrebbe accadere di rivedervi sul palco insieme?
Ognuno di noi in questo periodo ha affrontato esperienze soliste che ci hanno fatto crescere moltissimo. Meg ha intrapreso una strada differente dalla nostra (anche in occasione dei un concerto a Napoli la scora estate, dove ci siamo ritrovat, lei non c'era), dubito che ci saranno occasioni di calcare lo stesso palco.

Potete darmi un buon motivo per cui chi non vi conosce dovrebbe ascoltare la musica dei 99 Posse?
Bisogna sempre ascoltare qualcosa che non si conosce per poter esprimere una valutazione. I concerti dovrebbero essere considerati come stimolo culturale. Poi la volta successiva potete tornare a lanciarci i pomodori, ma prima di giudicare è importante ascoltare e oggi in pochi lo fanno.
intervista di Roberto Conti