22 febbraio 2010

'Ascolti emergenti' di febbraio

Gaben - Cane ***
Venerdì 12 marzo uscirà Cane. Dalla label dell'ex cantante dei Giuliodorme (Benka Records) che ha lanciato nel mondo della musica di Violante Placido, ecco una nuova proposta musicale, un cantautore eclettico, con in testa strane parole 'banalmente' reali ed un sacco di suoni dal grunge ai Pavement, dall'indietronica ai Fugazi. Elettrico, ironico, morbido e spigoloso, nudo o crudo, essenziale negli arrangiamenti, diretto nelle espressioni. 10 tracce (più un "delirio" dei Giovanna d'Hardcore) apparentemente innocenti, risultato della quotidianità di provincia che oltre la sua tragica banalità riserva stranezze e singolarità, purezza e ambiguità. Escludendo la titletrack contaminata dall'elettronica, sono chitarra, batteria e basso gli unici elementi a rivestire la voce in un percorso lineare ma anche no. In streaming alcuni brani da ascoltare in anteprima Http://www.lastfm.it/music/Gaben/cane. r.co.

Lana - Good morning apnea ****
Arrivano al terzo disco i Lana, band nata da quella piccola fucina di talenti che fu - per qualche tempo - la Jestrai della famiglia Verdena. Ora c'è una nuova etichetta, un nuovo disco che abbina inglese ed italiano. Good morning apnea è un lavoro estremamente comunicativo, fatto di sonorità scure per la maggior parte, anche se non mancano le aperture e i momenti più ariosi. I Lana si sono rimessi in gioco con i mezzi consentiti, raccontando giorni sciagurati, rimandando immagini sofferte e dolenti, come una testa cacciata dentro e fuori dall'acqua. I testi sono volutamente criptici e ricolmi di metafore, la voce prende qualche rischio in più rispetto ai due lavori precedenti, ma le sonorità non si discostano di molto, a cavallo tra grunge e psichedelia. Indipendentemente dal risultato, mostrano di dover ancora essere domati, inquadrati, educati. Ma è questo il bello di questo disco che trovo personalmente irresistibile. In streaming alcuni brani da ascoltare in anteprima http://www.lastfm.it/music/Lana/Good+Morning+Apnea
Roberto Conti

Andrea Salvini - Senza paura ***
Dal jazz, al blues, passando per la canzone d'autore. Senza paura si propone come un disco di piacevole sottofondo, ideale per un crooner-jaz club di quelli dove puoi sorseggiare un aperitivo con l'oliva dentro. Atmosfere un po' retrò e classiche come in Mariposa si alternano ad un funky di stampo BarryWhiteiano, come nella title track, in apertura, proposta anche in una versione da lounge bar, questa volta in chiusura di disco. Dopo anni di eccellenti collaborazioni, Andrea Salvini arriva a proporre il primo disco "tutto suo", disco piacevole e adulto, probabilmente anche radiofonico. g.oc.
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Salvini si muove con sicurezza sulle note del jazz più easy listening influenzato dalla canzone d'autore e col funk, rimandando non troppo da lontano a Mario Biondi. In bilico precario quindi tra il mainstream facilone ed un cantautorato di classe, l'artista riesce, grazie anche alla buona personalità del suo stile canoro, a rimanere perlopiù nella seconda categoria, dando prova di abilità compositiva con Oscar e con gli scorci etnici di Mariposa, nonostante la presenza di diverse cadute di stile: è il caso di Pesche e tulipani e della title-track, posta come opener (cosa che, sulle prime, scoraggia un po' l'ascolto), che ricordano entrambe la canzone italiana classica più insipida, cui si aggiunge il tremendo fantasma dei Dirotta su Cuba che aleggia a tratti per tutta l'opera. Mi sembra giusto chiedere di più ad un artista capace e maturo, ma forse troppo orientato al proprio divertissement. Fabio Gasparini

The fine arts showcase - Dolophine smile ***
The fine arts showcase è un’eclettica rock band proveniente da Malmö, Svezia, terra che ormai da tempo ci regala musica di grande qualità. Dolophine smile è il quarto disco è un album molto sentito da Gustaf Kjellvander, autore e voce della band, perché nato da una serie di vicende personali: la rottura con la fidanzata Hanna, il ritorno a Malmö dopo un periodo trascorso a Londra, e vari problemi di salute. Dolophine smile è quindi un viaggio sonoro nei meandri di un cuore spezzato, uno sguardo sincero ad una relazione ormai andata in pezzi.
I testi sono più forti e ricchi di satira rispetto ai precedenti lavori della band e le sonorità sono decisamente più “rock-oriented” che mai: dalle linee di basso che aprono Friday on my knees alla favolosa “dolce-amara” traccia finale You knew I was trouble from the start.
Tante sono le influenze che si potrebbero citare (The Velvet Underground, Dinosaur Jr., The Byrds, Editors) ma nessuna renderebbe loro giustizia. r.co.

The bear quartet - 89 **
Dal 15 Gennaio è nei negozi "89", il nuovo album di una delle band svedesi più acclamate e apprezzate dalla critica e dal pubblico. The Bear Quartet si sono formati nell'ormai lontano 1989 e nel 1992 hanno sfornato il primo loro album. Da quel momento non si sono più fermati, facendo uscire, in tutto 14 dischi e 16 Ep. La critica li ha spesso definiti, a ragione, come una delle più grandi e influenti band della scena indipendente svedese per la loro costante evoluzione e per la loro tendenza verso l'astratto, caratteristiche che li rendono decisamente unici. Le sonorità di questo disco sono dark, new wave, a volte tendenti al punk. Con questo nuovo lavoro discografico The Bear Quartet rievocano il passato, con storie di tempi e persone ormai dimenticati, ma guardano anche avanti auspicando, anche nei testi, un'evoluzione della società attuale. g.oc.


Sun Sooley - One day in a Babylon **
Viene dal Senegal e porta con se un grande spiritualità e un immensa energia musicale.
Sun Sooley è la nuova rivelazione del panorama reggae africano. Già considerato da molti la nuova risposta degli anni zero a Bob Marley.
Accompagnato e prodotto da due vecchie conoscenze dell'ambiente reggae italiano Lorenzo e Fabrizio Catinella rispettivamente chitarra e basso dei Ganjamama. Alla line up si aggiungono inoltre due giovani interessanti, troviamo infatti alla batteria Marco Bazzi e alle tastiere Riccardo di Paola. g.oc.

Fenomeno Hole: la reunion passa anche da Milano

Mai avrei creduto di assistere ad un concerto degli Hole, band grunge che ha trainato il movimento Riot Grrls durante gli anni '90 pur senza farne parte, scioltasi ufficialmente nel 2002: e come me molte altre persone che, incredule, hanno riempito i Magazzini Generali lo scorso 19 febbraio. Il reunion tour tocca infatti oltre che Londra e Amsterdam anche Milano, dove registra il tutto esaurito. L'eccitazione dei presenti è palpabile mentre Courtney si fa attendere con musica classica in sottofondo, e quando entra è un trionfo: lunghi e bellissimi capelli ossigenati, impeccabile look alla Stevie Nicks con tanto di abito nero e lustrini. La band rispolvera sia pezzi estratti dal capolavoro grunge del 1994 Live through this come Violet, Doll Parts e Miss World; sia Malibu, Reasons to be beautiful, Northern Star e Celebity skin estratti dall'album omonimo. Non mancano alcuni assaggi del nuovo cd Nobody's Daughter, in uscita a fine aprile come la fortissima traccia intitolata Samantha. Alcuni problemi tecnici e soprattutto un pubblico un pò freddino (sarà che in Italia non tutti capiscono l'inglese, sarà che molti erano lì più per il personaggio che per la musica...), Courtney fatica a coinvolgere l'audience nonostante lei sia in ottima forma e distribuisca plettri come fossero petali. A dispetto di ciò che i suoi detrattori hanno sempre sostenuto e sperato, la Love dimostra di avere un grande carisma e talento compositivo, gridando come solo lei sa fare ed emozionando con la propria voce durante i pezzi più lenti. Le cover di Gold Dust Woman dei Fleetwood Mac (già incisa nel 1996 dalle Hole) e soprattutto quella di Suffer Little Children degli Smiths (che purtroppo in pochi riconoscono...) sono molto azzeccate e ben eseguite. Uniche pecche sono forse la brevità del concerto e l'assenza di altri membri della vecchia formazione come Erlandson o Auf der Maur. Soltanto ora, dopo aver visto questa carismatica rocker esibirsi a pochi metri da me, capisco davvero quanti pregiudizi spesso dettati dal sessismo abbia dovuto subire ingiustamente da parte di chi non le ha mai perdonato di essere la vedova di Cobain. Courtney Love, che piaccia o no ha talento da vendere, e come lei stessa canta: "it's better to rise, than fade away".


Recensione e foto di Diana Debord





21 febbraio 2010

Sanremo si chiude tra i fischi, il festival come l'Italia

“E’ l’ultimo colpo della babbiona” declama autoironicamente la Clerici in quarta serata, nera di pelle vestita, stile Madonna sadomaso, con salamini di philadelphia che strabuzzano dalle inguainature. E’ stato l’unico momento in cui la vendicatrice delle casalinghe disperate, ha usato un linguaggio meno liturgico e dozzinale, ma ironico e auto canzonatorio da buona massaia che sa il fatto suo. Avviene quando premia il vincitore della categoria giovani: Tony Maiello, uno dei tanti succedanei di Gigi D’Alessio, su cui non è il caso di soffermarsi.
Abbassando l’indice di soddisfazione musicale a cui siamo più avvezzi, trattandosi del festival della canzone popolare, qualcosa di buono su Sanremo quest’anno va detto.
Le canzonette, che poi sono la ragione per cui il festival esiste, meritano qualche commento in più rispetto al rapido oblio in cui inevitabilmente cadono da un po’ di tempo a questa parte.
Escludendo a priori pochi brani di rara mostruosità, si può stilare una sorta di pagella che promuove una buona maggioranza dei concorrenti.
I veri vincitori saranno decretati come al solito dagli ascolti e dalle, sempre più limitate, vendite dei dischi.
-Pupo, Emanuele Filiberto e Luca Canonici: partiamo dal fondo, non c’è nulla da aggiungere alle vibranti proteste del pubblico e dell’orchestra. La canzone è quanto di peggio questa edizione di Sanremo abbia proposto e la loro presenza sul podio dei tre primi classificati, non fa altro che insospettire gli ascoltatori sulla correttezza del televoto. Voto 1.
-Noemi: bella voce, canzone anonima che non aggiunge nulla alle usuali melodie sanremesi. Voto 5.
-Fabrizio Moro: anche se ingiustamente escluso dai dieci finalisti, va detto che il brano è debole e neppure l’inusuale reggae sfoderato dal cantante, che si materializza soltanto al festival, raggiunge la sufficienza. Voto 5
-Enrico Ruggeri: forse uno dei brani più interessanti della gara, bel ritmo e bella melodia, anche lui iniquamente escluso dalla finale. Lo sentiremo senza dubbio in radio. Voto 8.
-Toto Cutugno: perchè non ritirarsi quando la presunta vena artistica si è esaurita e nemmeno i fan ti premiano più? Voto 2.
-Irene Grandi: la canzone è scritta dal leader dei Baustelle, indubbiamente un brano che meritava più consensi, bella voce e notevole la linea melodica postmoderna. Una vera cometa all’Ariston. Voto 8.
-Malika Ayane: meritatissimo il premio della critica, brano difficile, ma perfetto, complimenti all’interpretazione e all’autore Gino de Crescenzo, in arte Pacifico. Meritava la vittoria. Voto 8.
-Simone Cristicchi: forse ha abbandonato gli impegni sul sociale a cui aveva tenuto fede negli ultimi tempi, per tornare al genere scanzonato, ma il ritornello urlato, evocante “la première dame de France”, è davvero irresistibile. Voto 7.
-Marco Mengoni: la rivelazione di questa edizione, mefistofelico sulla scena e fantastica la voce, altro brano che meritava la vittoria, oltretutto la melodia era perfetta nel contesto. Voto 8
-Arisa: divertente, senz’altro una filastrocca allegra che però non convince fino in fondo. Aggiungono un tono coreografico le Sorelle Marinetti. Voto 6
-Irene Fornaciari: meglio la strofa del ritornello e non male la melodia nel complesso. La ragazza però non può chiedersi così tante volte “non capisco perchè il mondo piange”... troppo cresciuta per non saperlo. Voto 6
-Nino D’Angelo e Maria Nazionale: perchè escludere due personaggi che quanto meno hanno portato una ventata di ritmo mediterraneo sul palco? Brava lei, l’ultima icona della canzone popolare napoletana, sconosciuta ai più. Voto 6
-Povia: c’è da chiedersi se ha un disperato bisogno di soldi! Sono anni che porta a Sanremo brani artatamente costruiti per toccare la sensibilità di devastati teledipendenti “normali” come piacciono a lui. Voto 4
-Sonhora: aspiranti al titolo di idoli dei teen, ceffano completamente con un brano sbagliato per qualunque occasione. voto 4.
-Valerio Scanu: il vincitore; perchè? Viso d’angelo, voce rassicurante, melodia canonica da dimenticare in fretta. Voto 4.
Ma allora davvero “Sanremo è sempre Sanremo”?
Ai posteri l’ardua sentenza.

Mauro Carosio

15 febbraio 2010

I commenti in diretta alle canzoni del Festival

Prosegue il balletto mediatico sul "caso" Morgan: ieri Antonella Clerici al Tg1 delle 20 ne ha annunciato la presenza - scimiottando il lancio dello scorso anno di Bonolis che presagiva la partecipazione di Mina, che in realtà apparì soltanto in video - mentre la dirigenza della Rai si affrettava a smentire, così come l'entourage dell'artista. Il caso Morgan, è chiaro a chiunque, è stato ed è tuttora strumentalizzato per fare ascolti. Intanto delle canzoni nessuno parla... Noi come da un po' di anni a questa parte le commentiamo in diretta, sperando in ampia partecipazione...

Oggi, non so chi l'ha visto, c'è stato "Sanremo parliamone" il question time presentato da un "energico" Maurizio Costanzo. Che ritmo, che verve!
Annuncio che oltre ai soliti voti, quest'anno il nostro commento si avvale anche dei preziosi consigli di moda di Valentina Sarmenghi. Ma ecco gli sponsor... tra poco si parte... con Bonolis, Laurenti e Antonellina...

IRENE GRANDI - LA COMETA DI HALLEY: 7
Bianconi firma un altro pezzo dei suoi. Bello, orecchiabile, ma non calza gran che con la voce della povera Irene che batte la strada dell'alternative in cerca di nuova fortuna. Interpretazione accettabile, ma non al top. Per chi conosce i Baustelle inevitabile il confronto.

VALERIO SCANU - Per tutte le volte che... 5-
L'amico di Maria porta in dote una canzone anonima e noiosa. Ergo piacerà al popolo degli sms. Povero Scanu, se fosse bello potrebbe ambire a ben altro, e invece non gli resta che cantare dignitosamente una canzone orrenda che difficilmente lascerà traccia, se non in qualche ragazzina complessata.

TOTO CUTUGNO - AEROPLANI: 5
Toto ha il suo pubblico e non lo delude con una canzone d'amore dalle rime scontate, ma in fondo non disprezzabile.

ARISA - MA L'AMORE NO: 7
Abbandonati i sussurri di "Sincerità" e la frangetta, Arisa si mette a cantare un motivetto allegro e scanzonato, vagamente country. Si porta dietro le Sorelle Marinetti e strizza l'occhi al pubblico gayo, ma la banalità del testo è dietro l'angolo e il passo che separa una hit alla Valeria Rossi dal burrone potrebbe essere molto breve.

NINO D'ANGELO, MARIA NAZIONALE - JAMMO JA: 6
Premetto che non ho compreso nulla di questo pezzo che pare parli degli eterni problemi di Napoli. Ritmo sudamericano per un brano che ci doveva essere per forza... vista la ben nota polemica sul dialetto che se no sarebbe scoppiata come una bolla di sapone.

MARCO MENGONI - CREDIMI ANCORA: 6
Credo che il problema di questa creatura di X-Factor sia trovare qualcuno che gli scriva delle canzoni decorose. La grande interpretazione non può da sola sopperire ad una canzone fragilissima, buona solo per conquistare passaggi radiofonici.

SIMONE CRISTICCHI - MENO MALE: 7
Meno male che Cristicchi c'è... è dà un poco di ritmo ad un festival che Antonella sta rendendo raramente sonnolento. La canzone richiama un po' il recente J-Ax, cita Carla Bruni e una serie di luoghi comuni. Dimenticavo, Cristicchi sputa di brutto mentre canta.

MALIKA AYANE - RICOMINCIO DA QUI: 7
Elegante ed originale. L'arrangiatore di Bjork ha ben lavorato e prova a far ricordare Malika per qualcosa di diverso rispetto alla pubblicità Vodafone.

PUPO, E. FILIBERTO, CANONICI - ITALIA, AMORE MIO: 2
Non contento del disastro dello scorso anno in trio con Paolo Belli e Youssou N'Dour, Pupo ci riprova recuperando il tenore Canonici ed Emanuele Filiberto. Dio, Patria, Famiglia, ecco Emanuele che fallita l'esperienza politica non si dà per vinto e invita tra le righe a votare Udc. L'apoteosi del trash e della campagna elettorale.

ANTONELLA CLARICI LEGGE MORGAN E INTERVISTA CASSANO: 1
Provo pena Antonellina e per noi. L'unica consolazione è che dopo il Festival non lavorerà più... (ma intanto il fieno in cascina $ già lo avrà messo). Ti sei lavata le mani tesoro?

ENRICO RUGGERI - LA NOTTE DELLE FATE: 7
Un pezzo che rimane in mente. Orecchiabile e radiofonico, penso che sarà un discreto successo, sul modello di "Il mio amore unico" che Dolcenera cantò lo scorso anno.

SONHORA - BABY: 5
Paolo&Chiaro disperati dal fatto di essere stati esclusi dal tour con Finley, Lost, Dari &co hanno ripiegato su Sanremo. Canzone energica e ariosa. Le ragazzine gradiranno e incominceranno ad adorare anche il biondo ora che a quanto pare si è rifatto il naso. Una frase del testo: "Baby, ovunque sia il tuo nome t'amo", piacerà ad Adriana.

POVIA - LA VERITA': 7 1/2
Povero Giuseppe, Morgan quest'ano ti ha scippato la polemica e nessuno o quasi ha considerato la tua canzone che parla del caso Eluana. Un pezzo godibile e allegro, a dispetto del tema che si percepisce appieno soprattutto nella parte recitata. A forza di calcare il palco sanremese, Povia canta anche con dignità. Nonostante la mia insofferenza nei suoi confronti, il brano mi è piaciuto.

TELEPROMOZIONI: 6
Aspettavo con ansia lo spot del GrandSoleil, quasi quesi me ne magno uno, così mi solleverà dalla solita minestra che ci propina Antonellina.

IRENE FORNACIARI E NOMADI - IL MONDO PIANGE: 4
Che utilità hanno i Nomadi se c'è già l'orchestra? Dire sei parole (articoli compresi) in tutta la canzone mi pare troppo poco per la longeva band. La voce di Irene non basta se la canzone fa schifo e si ripete di continuo.

NOEMI - PER TUTTA LA VITA: 7
Tra Milva e Fiorella Mannoia ecco Noemi, che non è originalissima nel look, ma ha il buon cuore di essersi scelta un nome d'arte. Lei è un talento e fa volare un brano solo accettabile.

FABRIZIO MORO - NON E' UNA CANZONE: 6+
Gioca la carta del ritmo reggaeggiante, Fabrizio Moro, tenta di rinnovarsi, musicalmente parlando, ma ci riesce solo in parte e finisce per scopiazzare Caparezza. Il brano nel complesso non è male. La la la la la. La la la la la.

GLI ELIMINATI
La giuria demoscopica ha eliminato Pupo+Filiberto+Canonici, Toto Cutugno e Nino d'Angelo+Maria Nazionale.
La Clerici, poverina, cerca di tenere alta la suspance... peccato che stia passando i nomi in rassegna secondo l'ordine di partecipazione. Quindi la suspence non c'è affatto. E i nomi ve li scriviamo qui noi prima che lei stessa li annunci. Viva la Rai... Viva Antonella...


commenti e voti di Roberto Conti

14 febbraio 2010

Provincia cronica serra di nuovi autori

Torna il nostro premio letterario!
Sarà realizzato un libro che raccoglie i migliori racconti
In arrivo anche poesie e storie per bambini
Finalmente, anche se con qualche ritardo, siamo in pista con la seconda edizione del premio letterario 'Provincia cronica', che tante soddisfazioni ci ha dato e speriamo ci darà ancora...
Dopo i Baustelle, che abbiamo citato lo scorso anno con 'I provinciali' per la traccia dei racconti, quest'anno è il turno di Carmen Consoli che ci presta la sua 'Non molto lontano da qui'. Abbiamo anche moltiplicato le sezioni, aggiungendo storie per bambini e raccolte poetiche. Trovate tutto, ben spiegato in questo articolo di presentazione qui sotto e nel bando che trovate sulla home page di Asap. Partecipate numerosi...


Torna il premio letterario “Provincia cronica”, giunto alla seconda edizione, sotto l’organizzazione della novarese AsapFanzine e del festival ligure Balla coi cinghiali. Asap è l’acronimo di “as simple as passion” e la fanzine è un giornale specializzato da consultare on-line, in questo caso dedicato alla musica. Un contatto tira l’altro ed ecco che Asap arriva a scoprire quanto è bello il festival musico-culturale Balla coi cinghiali a Bardineto nel Savonese, che a dispetto del nome goliardico è un evento di primordine, 20mila persone in tre giorni alla fine di ogni mese di agosto. Da questo “gemellaggio” lo scorso anno l’idea di lanciare, un po’ per gioco, il concorso letterario “Provincia cronica”. Risultato: oltre 100 racconti pervenuti e un vincitore, Luca Platini, che arriva anche alla pubblicazione di un suo romanzo. «Viste le premesse, quest’anno abbiamo aumentato lo sforzo organizzativo e il premio “Provincia cronica” si è fatto in tre, affiancando alla sezione del racconto beve quella della storia per bambini e la poesia». Tre anche i temi scelti: “Non molto lontano da qui” per i racconti, “Il riscatto” per la poesia, e una tematica ambientalista “Salviamo l’acqua” per la storia per bambini. Interessanti i premi: «I migliori racconti saranno pubblicati in un libro che sarà distribuito nei normali canali di vendita. La pubblicazione è prevista anche per le opere vincitrici delle altre due sezioni, probabilmente su riviste specializzate con le quali stiamo chiudendo l’accordo in questi giorni». Tutte le informazioni saranno costantemente aggiornate sul sito www.asapfanzine.it. Per i vincitori è prevista anche l’ospitalità a Bardineto, per la premiazione e la presentazione degli elaborati migliori, in un incontro che sarà organizzato nel centro storico del borgo medievale durante la tre giorni di Balla coi cinghiali, nella seconda metà del mese di agosto. La giuria del Premio, presieduta dal poeta Giannino Balbis, comprende scrittori, docenti universitari, giornalisti e rappresentanti del mondo della musica: a loro spetterà il compito di scegliere i vincitori che si aggiudicheranno un’opera d’arte donata dall’artista ligure Roberto Ascoli. Il bando di concorso è disponibile sul sito www.asapfanzine.it e su www.ballacoicinghiali.it e scade il 5 maggio. Per partecipare è richiesta una tassa di lettura simbolica. Gli elaborati vanno inviati alla redazione di AsapFanzine in via D’Enricis 17, 28100 Novara.

BANDO
SCHEDA DI PARTECIPAZIONE
GIURIA

13 febbraio 2010

Lo spettacolo “circense” di Vinicio Capossela è andato in scena venerdì scorso a Borgomanero come apertura del calendario del Parco culturale dedicato alle terre del vino e del riso. Vinicio ha plasmato il suo “Solo show” sull’evento, celebrando la ritualità dell’inverno, del vino e soprattutto del riso, nelle sue varietà: il riso sardonico, il riso di scherno, quello amaro, di gioia, quello che abbonda sulla bocca dei tanti intervenuti alla serata inaugurale (metà delle poltrone del Teatro Nuovo, tutto esaurito, erano riservate alle autorità, visibilmente sorridenti per l’ottimo esito della serata, chiaramente pre-elettorale; un po’ meno lo erano invece quanti non sono riusciti ad accaparrarsi uno dei preziosi, ed economici, tagliandi, terminati in un soffio appena aperte le prevendite).
Nella prima parte dello spettacolo, in realtà, il circo ha un aspetto po' dimesso, sono pochi i trucchi e c'è più un'aria di raccoglimento, di risata sottile, di scherzo leggero: l’atmosfera è invernale e nebbiosa, avvolgente come una calda e ruvida coperta. Le canzoni, sia recenti che della discografia passata, così come le letture, sono come mantra dove domina l'estetica della semplicità, del sussurro. La voce bassa, fumosa e un po' sulfurea, è segno distintivo del cantautore anomalo, insofferente alle strutture tradizionali: Vinicio cerca attraverso la musica un contatto empatico con il pubblico. E lo conquista in fretta sfoderando al momento opportuno qualche hit assai orecchiabile come “Marajà” o “I pagliacci”.
Il circo vero, quello colorato, sgargiante, caciarone, arriva poco dopo, il tempo di qualche trucchetto e gioco di prestigio. I banner di scena disegnati da Davide Toffolo risaltano illuminati da occhi di bue colorati e Capossela si tuffa nel vecchio repertorio, con molti recuperi da “Canzoni a Manovella”. Il basso tuba, il flicorno o il trombone, evocano una vecchia banda che suona lontana e festosa; un repertorio poi di rumoristica varia e pittoresca fa respirare i brani di una profondità inquieta. C’è anche un magnetofono nell’ampio set di strumenti utilizzati dai cinque musicisti. Goduria interminabile. Ma il top, anche nelle parole, è una sorta di antico blues salmodiante, “La faccia della terra”, pezzo nato in America, registrato a Tucson con i Calexico, tra gli episodi più riusciti. E ci sono un sacco di trovate, che hanno come protagonisti le bestie, che aggiungono grande valore evocativo alla rappresentazione: il maiale, la scimmia, il corvo “torvo”, il toro del “Ballo di San Vito” che esce scampanante quasi nel finale ed inscena un etnologico duello con un’altra bestia rituale. Eccoli nel finale i coriandoli, i tamburi, le piroette: uno spettacolo che ha coinvolto occhi e orecchie con arrangiamenti che scoprono ogni volta chiavi nuove per pezzi notissimi ma non certo consumati. Piano piano gli spettatori si alzano, ballano, si agitano, come se il teatro fosse un'enorme pista da ballo. Si chiude il sipario e si riapre per un bis al piano. r.co.


12 febbraio 2010

Teatro degli orrori, spettacolo deludente

Il teatro degli orrori attraversa un periodo verdeggiante, di grande seguito, forse anche al di là delle aspettative. Risultato questo dovuto alla grande coerenza della band che non ha abbandonato la lunea del testo impegnato, spesso dal contenuto social-politico, abbinato a ritmi d'aasalto. A mio avviso più di qualcosa ha contato anche la loro apparizione nella compilation Il paese è reale che ha fatto conoscere ad un pubblico ancora più vasto molti gruppi della scena indipendente. Le attese per il concerto però sono state tradite, in quanto, i bellissimi testi citati in precedenza, non sono stati supportati da una musica di pari qualità, a tratti talmente confusa da far capire a malapena di che pezzo si trattava. Durante il concerto di Casteggio, in provincia di Pavia della scorsa settimana, sono stati suonati tutti i pezzi più importanti della band, comprese le hit più conosciute, da A sangue freddo, pezzo che da il titolo all'ultimo album, a Majakovsky fino a Compagna Teresa. Nota positiva del vederli sul palco, il cantante offre una grande energia, sicuramente coinvolgente anche se riprende in modo fin troppo palese le movenze di Curtis frontmen dei Joy Division. In conclusione, un ottimo gruppo se ascoltato su disco, con pezzi veramente degni di nota, deludente nella dimensione live. Maicol Pozzi

11 febbraio 2010

Disegna un fumetto per i Mam, lanciato il contest

I My Awesome Mixtape indìcono un contest per trasformare in fumetto il testo di Day after day, pezzo di traino del loro nuovo ep, in uscira a marzo. Il tema è il primo giorno di scuola, vissuto come evento cruciale nella vita di ogni individuo. Per info, consultare il sito della band o scrivere a info@myawesomemixtape.it. Il contest scadel il 7 marzo, il vincitore sarà annunciato il 12.

9 febbraio 2010

Il pellegrino dalle braccia di inchiostro diventa cd - Enrico Brizzi e Numero 6 con un reading che parla anche di Novara...

Cita anche Novara nell'ultimo cd di Enrico Brizzi e Numero 6 contenente il reading tratto dal libro Il pellegrino dalle braccia di inchiostro. Le avventure di quattro camminatori lungo la via Francigena, tratte dall'ultima fatica letteraria dello scrittore bolognese, si trasformano in uno spettacolo (appena uscito su cd), in cui la parte musicale non si limita a fare da sottofondo alle parole del libro. La voce di Brizzi e la musica+voce dei Numero 6 si incrociano e si uniscono per creare un nuovo testo, un nuovo prodotto. La traccia sei, "Peggio delle piattole", racconta uno snodo cruciale dell'avventura on the road del protagonista e dei suoi tre amici -Galerio, Leo ed Elvio- in viaggio lungo l'antico itinerario medievale di pellegrinaggio che unisce Canterbury a Roma; la loro vicenda si congiunge a quella di un altro misterioso personaggio, un pellegrino tedesco di nome Bern, diretto a Novara. E' questo uno dei momenti chiave della storia: Bern, cattolico fanatico e intransigente dal corpo ricoperto di tatuaggi a sfondo religioso, dichiara di essere stato prescelto da san Giacomo per aiutare i pellegrini in difficoltà, e a quanto pare è convinto che Dio li abbia destinati a viaggiare insieme.
Lui è diretto all'ospitale del San Bernardo, e poi a Novara, dove a quanto pare sono sepoliti i resti del suo protettore, di cui andrà alla ricerca diventando poi il personaggio principale attorno al quale si svolgerà l'intero plot del libro.
Nel disco, vale la pena sottolineare in apertura la scelta di utilizzare musiche tirate, rock, in controtendenza rispetto al classico reading acustico, scelta che è in grado di dare un'atmosfera elettrica. In tutti i sensi: il recitato di Brizzi è nervoso, declamato, a tratti sopra le righe, sostenuto da musiche scarne e taglienti, attraversate da synth che sono ormai un marchio di fabbrica per il gruppo genovese. Le voci di Michele Bitossi e Stefano Piccardo dei Numero 6 costituiscono invece la variabile impazzita: le linee vocali bilanciano la foga di Brizzi, creando un amalgama sonora equilibrata e accattivante, ma rilanciando al contempo l'inquietudine sottesa all'intero disco.
A livello narrativo, le voci cantanti formano inizialmente una sorta di coro greco, a chiosare su quanto raccontato da Brizzi come fossero osservatori esterni. Nel corso del viaggio cambiano però ruolo, calandosi direttamente nella storia e facendo apertamente il tifo per Bernard, il pellegrino tatuato, personaggio chiave del racconto. Questo cambio di prospettiva costringe l'ascoltatore a mettersi maggiormente in gioco, abbandonando una posizione neutra per scendere a patti con i personaggi narrati. Anche per questo motivo, "Il pellegrino dalle braccia d'inchiostro" riesce a raggiungere l'obiettivo di coinvolgere chi ascolta e di spingerlo al riascolto per cogliere al meglio le sfumature di musiche semplicemente esatte.
Lo spettacolo, avvincente ed emozionante dal vivo, mantiene così intatta la propria forza anche su disco e colpisce nuovamente nel segno, aprendo forse la strada a un modo diverso di unire musica e parola scritta. Il tour riprenderà nel prossimo mese di maggio. g.oc.

Echo& the Bunnymen - The Fountain

Trentatreesimo anno di attività per la storica band di Liverpool e sedicesimo album, a quattro anni di distanza dal precedente Siberia.
The Fountain segna un momento di metamorfosi per il gruppo: nuovo produttore, si sono affidati a John McLaughlin, un mago del brit pop degli ultimi anni, e nuova casa discografica, la piccola etichetta Ocean Rain. Il risultato è un disco decoroso a dimostrazione che la vena artistica non si è esaurita. Un’aria pop e leggera pervade l’intero lavoro che artisticamente è di ottimo livello: belli gli arrangiamenti, ammiccanti le melodie e bravi i musicisti. Tra i brani spicca senz’altro Think I Need It Too, primo singolo pluritrasmesso dalle radio d’oltremanica e la title track, cantata con Chris Martin, ben studiata per piacere a un vasto pubblico. Mauro Carosio