28 dicembre 2010

Le cattive abitudini dei Massimo Volume, rock in presa diretta sul tempo

A volte una pausa (spece se lunga) serve eccome. E' questo il caso dei Massimo Volume, band di culto degli Anni Novanta che sulla fine dello scorso decennio era progressivamente entrata in un cono d'ombra terminato con lo scioglimento della band capitanata da Emidio Clementi.
Nel 2008 la reunion ed una rinnovata popolarità, prima con un concerto di supporto ad Afterhours e Patty Smith a Torino (cercate la recensione su Asap, ndr) ed un'altra data ad Urbino annunciata come una sorta di "canto del cigno", poi l'anno successivo un'altra manciata di date, un album live e finalmente un disco di inediti. Cattive abitudini arriva dopo l’ultimo lavoro da studio datato 1999, Club privé. A dare corpo al quartetto del rock-narrato bolognese, sono i ‘fedeli alla linea’ Vittoria Burattini (batteria) ed Egle Sommacal (chitarra), a loro si aggiunge il positivo innesto di Stefano Pilia (chitarra), partecipe alla reunion del gruppo nel 2008.
Questo attesissimo disco di sicuro non ha imborghesito Clementi e i suoi: i testi hanno mantenuto inalterata l'urgenza comunicativa, tra ordinaria disperazione e illusioni di avercela fatta; la musica è rimasta una spalla altrettanto indispensabile a supporto delle parole di Mimì che volano veloci come frecce taglienti verso la mente dell'ascoltatore: le cui difese vengono presto vinte, il messaggio arriva saldo, di sicuro più che con gli ultimi dischi prima dello scioglimento.
In questi anni le varie esperienze soliste dei musicisti (i tanti libri con annessi reading di Clementi e gli splendidi album solisti di Sommacal, su tutti) hanno arricchito notevolmente il progetto Massimo Volume. Il gruppo non ha affatto "venduto" la propria "anima" a favore della ricerca di un pubblico più vasto a cui propinare magliette e ogni sorta di altra paccottiglia da merchandising come hanno fatto illusti colleghi ergendosi a sedicenti paladini dell'alternativo italiano... Nonostante questo rigore i risultati sono arrivati e ai concerti dei Massimo Volume c'è sempre il pienone. Provare per credere.
Passando a descrivere le canzoni di qesto disco, sono narrazioni che meritano ciascuna più di un ascolto. Sono tutte di grande valore e meriterebbero molte righe per essere raccontate a chi legge. Nel singolo scelto per il lancio dell'album Fausto, la voce-guida richiama lo smarrito protagonista a prendere coscienza di sè e di quanti come lui sono costretti all’angolo dalla società: “Cammineremo contromano, distribuendo sorrisi a barristi, a esperti di finanza, a commesse rifatte, a completi in saldo”. Le chitarre fremono, la batteria incalza e uno sfogo di sofferenza attacca ciò che è pura apparenza, un male noto che sovrasta quotidianamente l’essenza del nostro tempo. L'apparenza è un filo conduttore presente in diversi brani come Mi piacerebbe ogni tanto averti qui (con i cori di Angela Baraldi e Marcella Riccardi) o La bellezza violata.
Le cattive abitudini conforta e appaga, merita un ascolto. Roberto Conti

20 dicembre 2010

Sanremo 2011 - Ecco i 14 "big" scelti da Morandi &co.

Da poche ore è stata rivelata la lista ufficiale dei 14 concorrenti del Festival di Sanremo, con i nomi dei brani che proporranno: tra i classici dell'Ariston ecco Patty Pravo ("Il vento e le rose") e Al Bano che preannuncia insolitamente un pezzo di impegno sociale con la sua "Amanda è libera". Non mancano i personaggi in arrivo dai reality per la gioia del pubblio teen: Emma (in arrivo da Amici) sarà accompagnata dai milanesi Modà, scarsissimi ma di grande successo, con il brano "Arriverà", mentre Nathalie (fresca vincitrice di XFactor) proporrà "Vivo sospesa". Nutro buone speranze su Giusy Ferreri (vincitrice morale per primo XFactor italiano) con "Il mare immenso", in questi anni Giusy ha dato prova di buona personalità e di sapersi cimentare con successo tra differenti generi musicali, speriamo in bene. Direttamente dal talent di RaiDue ecco anche il giudice Anna Tanangelo con un titolo eloquente, "Bastardo", a chi sarà dedicata?
Franco Battiato cercherà di far volare il concittadino Luca Madonia con ("L'alieno"). Non sentivamo affatto la mancanza invece di band come i La Crus che tornaranno dopo lo scioglimento di qualche tempo fa con "Io confesso", così come di Luca Barbarossa che insieme a Raquel Del Rosario, la ex moglie di Alonso, proporrà il brano "Fino in fondo".
Raschando ancora il barile troviamo Tricarico con "3 colori" e la rediviva Anna Oxa con "La mia anima d'uomo"in cerca di vaste platee.
Seguendo il filone dialettal/padano ecco Davide Van De Sfroos con "Yanez" che soppianta il consueto rappresentante della musica napoletana di solito presente ad ogni edizione. Diamo una chances a Max Pezzali ("Il mio secondo tempo") e speriamo che non tradisca le attese un altro dei big attesissimi, Roberto Vecchioni ("Chiamami ancora amore").
La kermesse canora nella città dei fiori si svolgerà dal 15 al 19 febbraio 2011, e sarà condotta da Gianni Morandi insieme a Belen Rodriguez, Elisabetta Canalis e Luca e Paolo. Ancora sconosciuti i nomi dei super-ospiti. Tra gli esclusi i Subsonica, il cui nome era dato per certo fino a un paio di giorni fa... r.co.

19 dicembre 2010

'Ascolti emergenti' di dicembre, terza parte

Lenula - Lenula ***
Ho ascoltato con interesse questo EP dei Lenula, band che nasce a Villa Castelli (Brindisi) e che inizia la sua attività nell’ottobre del 2007 partecipando a numerosi concerti in locali e manifestazioni pugliesi.
I loro autori di riferimento, talvolta ancora presenti nei loro concerti con originali omaggi, sono stati Paolo Conte, Tom Waits, Fred Buscaglione, The Doors, Fabrizio De Andrè, Lucio Battisti, e queste influenze direi che si sentono in tutto il lavoro. Mischiano così del blues e dello swing ad un rock più cupo grazie anche alla voce calda del cantante. Lenula è un fiore selvatico e selvatico definirei anche questo trio. Marco Colombo

Lilith - Note a margine ***
Dopo 10 anni di attività e a ben quattro anni dal pecedente album Una diversa abilità, tornano i Lilith con Note a margine, registrato da Manuel Volpe al Red House Recording di Senigallia.
Questo album mi è piaciuto poichè spazia da sonorità rock a suoni decisamente più melodici e pop, con testi anche molto originali ed intensi. Anche la scrittura cantautorale è davvero originale e mi ha ricordato qualcosa del migliore cantautorato. Tra le mie preferite Città visibili, molto romantica parlando di città come Milano; La prossima generazione, bellissima con quel ritornello “La bellezza non si crea ma si distrugge/ più di un bene è un lascito” , dove la voce di Emanuele Principi raggiunge note alte e intense: Nido curiosamente mi ha ricordato gli Interpol; M-theory molto ritmata e incalzante. Un altro brano La notte che... comincia in sordina e poi sfocia in un ritornello davvero intenso con chitarre presenti ed un testo romaticissimo; la mia preferita As-Sumut vede l’incedere sapiente delle chitarre e la voce che sa davvero emozionare.
Davvero un gran bel disco, vario e originale, ben suonato. Marco Colombo

Juta - Running through hoops *****
Delicatissime impronte lasciate sulla neve e subito ricoperte da candidi fiocchi. Paesaggi sterminati dove il brugo è sferzato dal vento, poi all'improvviso ecco un bosco, con un rapace che maestoso e silente vola tra le conifere ai piedi di una montagna. Queste immagini descrivono a meraviglia il disco di esordio di Juta, Running through hoops.
Il disco, inciso in Canada da Howard Bilerman, già batterista degli Arcade Fire e musicista e collaboratore per Thee Silver Mount Zion, Basia Bulat, Gospeed You! Black Emperor e Vic Chesnutt, ha suscitato paragoni ai lavori di Cat Power, Mazzy Star e Beth Gibbons dalla stampa tedesca e belga. Dietro a questo progetto italo-canadese troviamo Pietro Canali (già al piano wurlitzer con Moltheni), Barbara Adly, Ettore Formicone, Dario Mazzucco e Pierluigi Aielli. I punti di forza di questo lavoro sono lo splendido fraseggio tra la delicatezza vocale di Barbara e i morbidissimi tappeti sonori disegnati dalla musica: un dialogo continuo che chiama in causa anche l'ambiente come componente aggiuntivo della band. L'immaginazione vola in territori sconfinati e selvaggi, come in Marigold o nella suggestiva Neon lights.
Il folk si mescola ad una dolcezza dei suoni e del cantato in inglese, rimanda per certi versi ad una dimensione onirica. Un sogno che vorremmo non finisse (come Spoon river) mai e che al suo epilogo ci fa risvegliare ristorati. Un esordio folgorante che piacerà a molti, dai fan dei Sigur Ròs o di Bjork a quanti desiderano una splendida colonna sonora per fare l'amore. Roberto Conti

I Loschi - Se ti va ***
Bello, solare e molto beat questo ep della band novarese I Loschi. Sembra di tornare indietro alle sonorità degli anni in cui i Fab Four spopolavano in tutto il mondo. Il mio pezzo preferito è Se ti va, che dà anche il titolo all’ep, con quel ritornello che ti entra subito in testa.
Jerry Mantovani e Andrea Quaglia arrivando da una band di tributo ai Beatles hanno imparato bene al meglio le sonorità tipiche del quartetto britannico. Il primo brano mi ha fatto venire in mente i primi Fab Four così come anche E non mi dire che. I testi semplici e diretti richiamano proprio quei fantastici anni '60: il tema dell’amore la fa naturalmente da padrone.
Anche chitarristicamente parlando, questo lavoro è suonato e prodotto con molta cura, non ci resta che attendere magari un intero album de I Loschi per sognare ancora che sia tornato anche in Italia quel beat che ha fatto ballare i nostri genitori! Marco Colombo


My own rush - Sogno italiano ***
Dopo più di un assaggio delle loro potenzialità musicali, i Mor arrivano finalmente al primo album propriamente detto, Sogno italiano. Si tratta di un disco composito, dove la band novarese si toglie più di una soddisfazione dicendo la propria su tanti temi come la precarietà sociale, il lavoro, i privilegi dei parlamentari, l'arrivismo delle cosiddette groupies...
Si tratta di un album sfaccettato e fin troppo ricco, in cui si colgono varie anime ed un genere che è tutto tranne che univoco. La prima parte del disco, più "impegnata" tuttavia, è abbastanza pesante e un po' noiosa: l'intro Ho provato guardarmi dentro ma ho preferito restarne fuori è evitabile. La seconda traccia Sogno italiano, che dà il titolo al disco, ha arrangiamenti di chitarra poco originali e dal sapore impropriamente hard rock, stessa cosa per Figlio del mio tempo dove anche la parte vocale poteva essere migliore. Evitabilissime le frasi campionate, anche di personaggi noti (da Sgarbi al commendator "Zampetti") presenti qua e là in tutto il disco. Dopo le note dolenti passiamo ai pregi: tutto il disco è pervaso da un velo ironico che dà merito alla band di non prendersi troppo sul serio e di suonare per il piacere di farlo, con la giusta consapevolezza, e non tanto per intercettare un dato target di pubblico.
La seconda parte dell'album, più punk e scanzonata, si lascia decisamente preferire, con una sequenza Una vita da onorevole/Canto per dispetto/Dad is calling out con un tiro davvero invidiabile. Credo che sia questa la direzione in cui la band riesce ad esprimere al meglio le proprie potenzialità, con sonorità più godibili e ballabili. Interessante anche Milano di notte e Dolce Polly, meno Sixteen (Miss Backstage) dove si potevano trovare altre parole per raccontare la storia di tante ragazzine smaniose di ingurgitare peni di musicisti. Roberto Conti

16 dicembre 2010

Il doppio ritorno dei Verdena: ecco il tour di "Wow" e un'anticipazione musicale

Atteso nei negozi per il prossimo 18 gennaio Wow (Universal) segna a tre anni di distanza dall'ultimo disco, Requiem, il ritorno dei Verdena: tre anni trascorsi in sala di registrazione, ai piedi del monte Misma, nelle montagne bergamasche, nel loro Henhouse Studio. L'attesa dei fan è cresciuta molto in questi ultimi mesi ed ora viene "lenita" da un'anteprima, la canzone Razzi, arpia, inferno e fiamme (sotto il videoclip lanciato ieri su Youtube) che anticipa il contenuto del doppio disco, che sarà composto da ben 27 tracce. Il tour partirà il 26 gennaio 2011, queste le date confermate da DNA Concerti. r.co.

SHOW CASE
14/01 Live @ Patchanka, Milano
18/01 Fnac Milano
19/01 Fnac Genova
21/01 Fnac Torino

CONCERTI
26/01 - Roma Circolo degli Artisti
27/01 – Roma - Circolo degli Artisti
28/01 – Pescara - PalaElettra2
29/01 – Marghera (Ve) - Rivolta
04/02 - Rimini - Velvet
05/02 - Bari - Demodè
11/02 - Cortemaggiore (PC) - Fillmore
12/02 – Livorno - The Cage Theatre
18/02 - Reggio Emilia - Tunnel
19/02 – Milano - Alcatraz
25/02 – Bologna - Locomotiv
26/02 - Wohlen (CH) Wohlen AG
04/03 – Torino - Hiroshima
05/03 – Ravenna - Bronson
12/03 – Brescia - Latte+
18/03 - Firenze - Viper
19/03 - Perugia - Urban
06/05 – Palermo - I Candelai
07/05 - Catania - Mercati Generali

7 dicembre 2010

Gaga decapita una Barbie a morsi in stile Ozzy Osbourne, successo a Milano per l'icona pop

All’improvviso le luci si spengono, il sipario cala, un megaschermo improvvisa immagini di Lei (la maiuscola è voluta, ndr) che si muove a ritmo dei bassi in sottofondo. Tutto prende vita con un “I’m free bich”. Così l’attesa di mesi e mesi di noi "little monsters" finalmente finisce e la nostra Stefani Germanotta, alias Lady Gaga, si rivela, riempiendo di urla, movimenti di ogni parte del corpo ed energia lo stracolmo Forum di Assago meneghino.
Un’apertura veramente d’effetto, quasi killer, che ha messo in fibrillazione l’intero pubblico. Un pubblico molto bizzarro ed eterogeneo: c'erano genitori con bambini, imprenditori, assessori, presentatori tv, star dell’inestinguibile showbiz nostrano come Simona Venuta accompagnata da Alba Parietti, e non potevano mancare loro, quelle ragazze e ragazzi (nutritissima la rappresentanza omosex) calati totalmente nello spirito del Monster ball tour. Parrucche fosforescenti, cappellini un po’ alla Qeen Elisabeth, lattine usate come bigodini, make-up esagerato e tacchi vertiginosi sono solo alcune della caratteristiche che contaddistinguono i fan che hanno fatto carte false per assomigliare a Lei, unica ed inimitabile nel suo look stravagante.
Fare un elenco delle canzoni sarebbe scontato (ed inutile ai fini di una recensione di Lady Gaga, ndr), state passate in rassegna un po’ tutte le tracce di The fame monster, ma quello che ha reso lo show veramente unico è stato l’averne fatto non una semplice rappresentazione di canzoni, ma uno spettacolo simile ad un’opera teatrale dei tempi più moderni e irriverenti.
Il tutto viene diviso in quattro atti: la città, la metropolitana, la foresta e il mostro, ovviamente distinguibili dai cambi d’abito, di scenografia e di immagini sugli schermi. Alcune veramente forti, molto in stile Gaga, non a caso curati dalla Haus of Gaga, come l’interlude fra il primo e il secondo atto: il più trash ma anche il più bello, in cui Millie Brown vomita liquido verde su miss Gaga, che poi addenta un cuore di bue. Molto fetish ma con un suo perché.
Gaga parlato molto di sé, della sua infanzia, dell’emarginazione a scuola e del significato del "Monster ball" come quel luogo dove tutti possiamo essere liberi, possiamo essere ciò che vogliamo, dove non importano i soldi che si hanno in tasca, da dove si venga o il proprio orientamento sessuale.
Nel momento in cui una fan – una di quelle un po’ matte che piangono dall’inizio alla fine senza motivo – le lancia una Barbie a sua immagine e somiglianza sul palco, Gaga si affretta a recuperarla. Inizialmente la star è un po’ incerta sul da farsi, finchè non decide di mettersi la bambola in bocca (avrebbe potuto scegliere anche altri orifizi, ndr) cercando di mangiarla, non mancando di sottolineare come le Barbie rappresentino ciò che lei odia di sé stessa. Comunque, ha fatto notare, aveva delle belle scarpe!
Non sono ovviamente mancate le urla "patriottiche", quando ha spiaccicato qualche parola in italiano, richiamando le origini parlemitane del nonno Giuseppe e della nonna Angelina, a cui ha dedicato il momento migliore del concerto che esprimeva il top della sua voce, quando si è accompagnata con un pianoforte… in fiamme. E' da ricordare anche, in tema di italianità, la stretta parentela di Germanotta con Cristiano Malgioglio.
Insomma, si potrebbe andare avanti all’infinito a raccontare gli aneddoti, il look by Armani (potremmo dire in alcuni momenti un po’ in stile Rettore in epoca Brivido divino), le caricature e le esagerazioni di quest’artista, però credo che rappresentino in grande quello che tutti noi, piccoli mostri o no, siamo. Da segnalare, in conclusione, la sconvolgente e inaspettata la bravura vocale di Gaga: ha dimostrato di essere una cantante e una musicista vera.
E in ultimo, non possiamo dimenticarci di coloro che sono stati un po’ i “fluffers” del concerto, i Semi-precious weapons che hanno aperto il live cercando di "corrompere" il pubblico pronunciando il nome dell’unica vera signora della serata anche un po’ a caso. Francesca Ronzio

6 dicembre 2010

Il ruggito di Carmen tra le ninna nanne. Un bilancio del post reality con il soprano novarese

Carmen Masola ha talento e, forse, per capirlo non sarebbe stato necessario il passaggio televisivo a “Italia’s Got Talent”, trasmissione di cui è risultata vincitrice e che ha contribuito a farla conoscere al grande pubblico. Eppure, nonostante questo, a trentanove anni Carmen non era riuscita ancora ad avviare una carriera come cantante lirica, forse per le poche occasioni concesse ai giovani, forse per quella sua fisicità prorompente che, come lei stessa spiega, in quest’epoca può precluderti molte strade. Il soprano novarese (abita a Granozzo da alcuni anni, ma è cresciuta a Novara) ha raggiunto il suo primo traguardo, vincendo in tv, ma la strada per lei è ancora in salita: nonostante nel giugno scorso sia stato pubblicato un suo disco, prodotto da Celso Valli e intitolato “Vissi d’Arte”, le possibilità di cantare sono ancora limitate e molte di quelle porte che la tv le avrebbe dovuto aprire restano tuttora chiuse a chiave. L’abbiamo incontrata qualche tempo fa a Granozzo (il bar del centro sportivo Novarello del Novara Calcio ci ha gentilmente ospitato), per stilare con lei un bilancio del “post-reality” e per accendere le luci su un personaggio ancora tutto da scoprire. Lei ci ha ripagato con un’intervista a cuore aperto non risparmiando qualche critica e togliendosi più di un sassolino dalla scarpa.


Puoi raccontarci qualcosa del disco, come è nato e come sta andando?
Non mi aspettavo di fare un disco, quando ho fatto il programma volevo semplicemente trovare un lavoro nell’ambito del canto lirico. L’idea del disco è venuta alla Capitol/Sony, l’etichetta che lo ha prodotto, che probabilmente ha voluto sfruttare il traino del programma. Lo abbiamo realizzato in una settimana, a Bologna, nello studio di Celso Valli, uno dei più importanti produttori italiani. Ha arrangiato per me alcune famose arie d'opera e popolarissimi brani classici. Con Celso Valli e il suo staff ho lavorato bene e mi sono sentita a casa, non ho avuto alcun timore in sala di registrazione, solo un momento di commozione particolare cantando l'Adagio di Albinoni, perché in quell'attimo ho pensato di dedicarlo a mia nonna che non è più vicina a me.
Tra le arie contenute nell'album, ci sono anche ''Casta Diva'' dalla 'Norma' di Bellini, ''Vissi d'arte'' da 'Tosca' di Puccini, ''Habanera'' da 'Carmen' di Bizet, ''O mio babbino caro'' da 'Gianni Schicchi' di Puccini, e popolarissimi brani classici come ''Adagio in Sol minore'' di Albinoni, ''Ave Maria'' di Schubert e ''Concerto di Aranjuez'' di Rodrigo. Il disco però non ha dato i risultati sperati, vuoi per l’uscita a ridosso del periodo estivo, vuoi per la promozione che è stata deludente. L’album inoltre non è completamente lirico, una scelta che non ha fatto breccia nell’attento e critico pubblico di settore. Il disco in più di un’occasione include suoni pop lontani dalla tradizione d’orchestra, anche se il punto di partenza sono le arie liriche più note. Una commistione di intenti, con qualche compromesso. Il successo discografico, per ora, rimane solo un sogno, anche perché il disco non è stato proposto all’estero, là dove l’attenzione ad un progetto come il mio poteva essere maggiore.

Hai mantenuto un rapporto con la tv e contatti con i tuoi “scopritori” artistici (Rudy Zerbi della Sony Italia già volto noto di ‘Amici’, Gerry Scotti e Maria De Filippi, furono i giudici che nel talent trasmesso da Canale 5 puntarono su Carmen)?
Purtroppo no. Maria e Gerry ho potuto conoscerli per pochi minuti solo a margine delle puntate del programma. Con Rudy, invece, ho avuto modo di lavorare per la realizzazione del disco: è una persona di grande umanità a cui devo molto. Mi spiace non poter ringraziare personalmente Gerry e Maria per l’opportunità che mi hanno dato, ma purtroppo, paradossalmente, nonostante sia in qualche modo stata “creata” dalla tv, non so come contattarli, né come fargli avere il mio ringraziamento. L’esperienza televisiva è stata comunque positiva, mi sono confrontata con tante persone di talento, desiderose di mettersi alla prova e di partecipare più che di vincere. Anche i conduttori Geppi Cucciari e Simone Annichiarico ci sono stati vicini, lui in particolar modo ha fatto di tutto per farci sentire a nostro agio, lei seppur più distante e formale è veramente una persona dall’umorismo straordinario.

In tv sei riuscita a far piangere Gerry Scotti, erano lacrime solo di facciata?
Anche lui ha fatto piangere me! Ero riuscita a trattenere l’emozione, poi quando l’ho visto piangere sono crollata. Essere arrivata al suo cuore è un gran traguardo. Perché cantare significa comunicare le proprie emozioni… vorrei essere riuscita a comunicare qualcosa con la musica, al di là della mia storia personale.

Ti paragonano spesso a Susan Boyle, cosa pensi in proposito?
Non mi piace molto come paragone, anche perché lei ha una bella voce ma non ha studiato. Io è da diciassette anni che studio canto lirico, con il maestro Vittorio Rosetto a Vercelli. Susan Boyle però ha venduto più di 400 mila copie di dischi solo nella prima settimana con il suo “I Dreamed a Dream”, per questo la invidio molto. Io non sono riuscita nemmeno a far sapere ai fan che mi hanno votata al televoto che ho fatto un disco. Senza promozione, senza un agente e con una serie di vincoli discografici imposti dall’etichetta le difficoltà sono davvero tante. Nonostante questo su Facebook i fan mi scrivono numerosi e anche il semplice passaparola qualcosa fa muovere, anche se con grande lentezza.

Riesci a cantare maggiormente nei teatri?
Qualcosa si sta muovendo, ma molto poco. Ripeto, senza un agente o senza un supporto a livello di contatti le difficoltà sono numerose: molti non mi chiamano perché pensano che abbia un cachet elevato, ma io sono molto disponibile, la mia aspirazione principale è il teatro, ma non nego che mi sono state proposte serate nei locali, soprattutto al sud, dove il pubblico mi ha accolto con favore. Non mi interessa il grande evento se poi resta isolato, preferisco riuscire a lavorare con continuità, in una dimensione che mi realizzi a livello artistico e personale, anche se più distante dalle luci della ribalta.

E a livello locale, come sei stata accolta dopo il reality?
A dire il vero non è cambiato nulla. Qui a Granozzo il sindaco mi ha consegnato una targa, io avrei forse preferito fare sentire qualche canzone ai miei concittadini, che sono e restano piuttosto freddi. Non parliamo di Novara, dove ho vissuto per vent’anni, nessuno nemmeno lì sembra essersi accorto di nulla, eppure credo che una persona che in qualche modo è riuscita a mettersi in luce potesse rappresentare un vanto ed una occasione di promozione per la città, più che per me in prima persona. A Novara gli spazi per la cultura vengono, a mio modo di vedere, mal sfruttati: sono pochi e non hanno programmazioni lungimiranti.

Quando e come hai cominciato a cantare?
Ho sempre cantato. Cantavo la domenica in chiesa, da piccolina. Poi ho cominciato a entrare in una corale polifonica e in varie altre corali, facendo di tanto in tanto delle piccole comparse a teatro, ma sempre tutto a livello amatoriale. Dopodiché sono entrata in conservatorio, ma con uno strumento: volevo imparare a suonare la chitarra, ma non c’era posto e così ho cominciato con l’arpa. Dopo due anni però sono passata al canto.
Ho fatto parte inizialmente come corista e poi in qualità di solista della corale polifonica “Libera musica”, nel 1991 sono entrata nella corale di Trecate “San Gregorio Magno”, sotto la direzione del maestro Mauro Trombetta, poi nel 1995 nel coro dell’istituto musicale Brera di Novara dove sono restata per tre anni, infine all'Amadeus Kammerchor di Trecate, diretto dal maestro Gianmario Cavallaro.

Come mai pensi di aver faticato così tanto ad avere successo nell’ambito del teatro lirico?
Per motivi fisici, perché da quando la lirica è arrivata in tv non si guarda più solo alla voce, ma anche all’aspetto fisico. Ora qualcosa si sta muovendo, di recente ho fatto un’audizione a Torre del Lago, dove mi hanno inviato il bando della loro prestigiosa accademia. Sto mettendo da parte anche i soldi per alcuni provini in America, lì ci sono delle agenzie liriche importanti, mi piacerebbe mettermi alla prova in un contesto estero.

Cosa ti è rimasto di tutti i sacrifici che hai dovuto affrontare per studiare canto?
I sacrifici hanno aiutato, perché innanzitutto ti insegnano a non arrenderti e in secondo luogo a stare con i piedi per terra.

In più di un’intervista hai dichiarato di voler acquistare, con i soldi del disco, un camper per spostarti insieme ai tuoi gatti, ci sei riuscita?
Diciamo che il titolo del cd, al momento, sta avendo un auspicio negativo: non è affatto facile vivere d’arte. Il camper non l’ho acquistato, per il momento.

Svelaci qualche segreto di Carmen nel privato, hai qualche hobby o qualche attitudine particolare?
Sono una ragazza normalissima. Accanto alla passione per la musica, c’è quella per gli animali: i miei gatti Lady Macbeth e Newt; la mia famiglia; poi da qualche tempo mi sono avvicinata ai balli rinascimentali e con le spade, faccio parte della Compagnia della Vergine che propone rievocazioni storiche di questo tipo. Se posso non mi tiro indietro per la beneficenza e il volontariato: a gennaio stiamo organizzando un concerto a Trecate a favore dei ragazzi down, qualche giorno fa ho cantato a Piacenza in un contesto sempre benefico, sono stata davvero lieta di farlo. Una curiosità che vi rivelo “in esclusiva” è farvi salire sulla mia automobile: io la chiamo “peluches mobile”… è piena di pupazzetti, dai quali non mi voglio assolutamente separare, nonostante i miei se ne vergognino e mi implorino di toglierli.
Intervista e foto di Roberto Conti
(pubblicata anche sul Corriere di Novara del 4/12/2010)

5 dicembre 2010

'Ascolti emergenti' di dicembre (seconda parte)

Noesia - Scopri cosa c è di male ***
Scopri cosa c’ è di male è l’esordio dei Noesia band dell’undergroung torinese.
Prodotto da Nino Azzarà (Mambassa, Petrol) si presenta fin da subito come un album originale e creativo scritto dal cantante chitarrista Stefano Ferrari. L’album poi mischia un’attitudine rock come nei brani Trasformi in me e Fiele a momenti più pop come il singolo Cenere. Curiosa la presenza in Verlaine del Fender Rhodes di Marco Notari. Il mio pezzo preferito è Colore, decisamente ipnotico. Marco Colombo

Andrea Sigona - Santi e Delinquenti ***
Andrea Sigona torna con un album sentito a un anno di distanza dal precedente Passaggi, che racchiude tutta l’esperienza maturata in 15 anni di carriera. Il genere cantautorale, che oscilla dal folk rock al blues, si mantiene solido e non prevede alcuna innovazione stilistica. Le canzoni sono piacevoli e sempre molto orecchiabili, ma non si discostano da arrangiamenti a cui il nostro orecchio è senza dubbio abituato. I testi in italiano vogliono narrare spaccati di società e storia e lo fanno in modo diretto e semplice. Talvolta risultano però ingombranti, poichè proposti da una voce sempre in primo piano, che può togliere spazio alla parte strumentale ed è un peccato perchè quest’ultima è ben suonata. Santi e deliquenti è quindi un disco appassionato e personale, che forse non risulterà precursore di nulla, ma che conferma lo stile già consolidato del cantautore. I fan di Andrea Sigona non rimarranno certo delusi. Un album che vorremmo definire con le stesse parlole dell’ autore: “Voglio vederlo in faccia questo mondo. Scambiare quatto chiacchiere per le piazze. Bere qualcosa insieme a voi che siete la bellezza e raccontarci le storie… le ultime. Voglio vederlo in faccia questo pianeta e specchiarmi con il riflesso dei vostri sorrisi. Questa grande palla che ci guarda dal cielo coi suoi scazzi quotidiani ma ancora in piedi... Voglio ancora stupirmi degli occhi della gente tutto sommato ancora buoni e generosi capaci ancora di regalare un sorriso e parlare di pace”. m.co.

Albedo - Il male **
Il male è un concept Album mixato e registrato da Fabrizio Chiapello al Transeuropa di Torino. E' un ritorno sofferto alle nostre origini più dure e sincere. Gli Albedo danno voce ad un popolo sommerso che non cavalca il rancore e la rabbia, ma che, fondamentalmente, riesce ormai a riconoscere ed esorcizzare il male che lo affligge: incontri fugaci nelle metropoli, una tv brutta e brutale, rapporti che cadono a pezzi, fricchettoni molesti, assassini con manie di protagonismo. Anche se non vogliamo, il male è comunque parte delle nostre vite. Se qualcuno vuole identificare questo album con un genere, altro non è che puro e concreto rock: riconoscere il fallimento del sistema cercando un'alternativa personale partendo dalle piccole cose... forse quelle dimenticate o ingurgitate da una società che ha paura di vedere i propri mali. g.oc.


Michele Nucciotti - Viaggio nello spazio ***
Lo avevamo già recensito noi di Asap, Michele Nucciotti che ora si ripresenta con questo ep, dove reinterpreta suoi pezzi già pubblicati con solo un nuovo inedito, Viaggio nello spazio.
Che dire: anche l’ altra volta ci era piaciuto molto, sospeso tra pop ed elettronica e con una voce davvero molto particolare e che mette molta malinconia.
Anche i testi sono decisamente poetici, con richiami al sentimento della lontanza e della sofferenza. I vecchi pezzi sono stati reinterpretati in maniera originale e hanno così acquisito una nuova veste. Confermiamo le tre *. m.co.

1 dicembre 2010

'Ascolti emergenti' di dicembre

Khorakhanè - L'esploratore ***
I Khorakhanè sono una band folk-rock che presenta questo album dal titolo L'esploratore. Esplorano davvero i quattro musici che hanno nel loro curriculum una serie di premi importanti tra cui spiccano tanto per citarne alcuni, il secondo premio della critica, nella sezione Giovani, al 57° Festival di Sanremo o il premio MEI come miglior gruppo Indie pop nel 2007. Effettivamente i brani sono molto creativi e mischiano appunto sonorità tipicamente folk al pop e al rock. I testi non sono mai banali ma sempre impegnati sul fronte delle tematiche sociali. Mi sono piaciute in particolare la title track L’esploratore e Non ho scordato. Marco Colombo
Ruben - Il rogo della vespa ***Uscirà il prossimo 21 gennaio nei negozi su etichetta Vrec il nuovo album del cantautore veronese Ruben intitolato Il Rogo della vespa. L’album è già in anteprima su iTunes. Scritto, interpretato e prodotto dallo stesso Ruben, Il rogo della vespa ha coinvolto numerosi artisti a cominciare dal violinista Michele Gazich (già con Massimo Bubola), Pippo Guarnera all'hammond, Carmelo Leotta al basso e Carlo Poddighe alle chitarre; Veronica Marchi, Francesca Dragoni dei Petramante, Laura Facci e John Mario duettano rispettivamente nei brani Controluce, Schiuma, Scirocco e Letto. Il disco è stato stampato in tiratura limitata con un particolare meccanismo di quadricromia con sfumature dorate. Un modo originale di festeggiare il decimo anniversario di carriera di Ruben. In questo periodo l’artista veronese ha avuto modo di realizzare 4 album. Nel contempo ha prodotto i progetti “Verona Aid” (2005) e “Misciumeret: parole e musiche per ricordare la Shoah” (2009). g.oc.

Suite Solaire - L'equilibrista ***
I Suite Solaire sono una band Novarese che ho avuto il piacere di ascoltare come gruppo open dei Tre Allegri Ragazzi Morti a Bellinzago. Sul palco a galvanizzare la platea c’è un front man molto interessante, Paolo Baragioli, voce e flauto del gruppo che non si sottrae ad essere molto comunicativo. Bravi anche Francesco Pasqua alla chitarra, Salvatore Matrone al basso ed un giovanissimo Riccardo Panigati alla batteria "Tamburo" con una personalità da Rocker scafato.
L’ep si apre con L’equlibrista pezzo con un bel tiro quasi dance, con un testo che parla appunto di come a volte ci si sente a camminare sulla corda sospesi in bilico; il secondo pezzo Un bisogno di realtà si apre con sottofondo le parole di Martin Luther King e poi il flauto di Paolo. Qui passiamo invece ad un pop rock con un testo impegnato; poi la mia canzone preferita: Nella pausa di un momento, pezzo davvero che ti rimane in testa, che "spaccherebbe" in radio.
Infine un pezzo pop dal testo molto piacevole: La zanzara che paragona le nostre risaie al mare.
Davvero interessante questo ep. Un plauso al bassista, Salvatore Matrone, autore sia dei testi che della musica. Marco Colombo

Violassenzio - Andrà tutto bene **/
La band ferrarese Violassenzio è formata da Fabio Cipollini (chiatarra e voce), Luca Bonato (basso e voce), Enrico Cipollini (chiatarra, pianoforte e synth) e Luca Lanzoni (batteria).
Presentano l’album Andrà tutto bene, strutturalmente rock, ma con qualche puntatina come si legge dalla bio anche nella psichedelia, con suoni sempre abbastanza distorti e buoni arrangiamenti.
Anche i testi spaziano dalle tematiche del singolo individuo fino a temi più collettivi. A me in particolare sono piaciuti i brani La Luna è un inganno, fischia il mondo e Jimmy è qui. Tuttavia l'album, nel suo complesso, non mi ha convinto pienamente poichè spazia tra troppi generi senza troppa convinzione. Marco Colombo