27 marzo 2009

'Ascolti emergenti' di marzo

Bilingue - En el medio de to **
Qualcuno ha definito turboflamenco la musica dei Bilingue, l’intuizione non è male, anche se a questo punto qualcun altro potrebbe pensare a una cosa tipo Gypsy Kings alternativi. Il punto è che quando si parla di sound latino le nostre modeste conoscenze finiscono per farci cadere negli stereotipi più ovvi, per cui, ad esempio, tutti gli ‘alternativi’ sembrano Manu Chao. In realtà si tratta di un mondo sonoro amplissimo in cui gli italo-tedesco-ispanici Bilingue sono bravi a trovare una loro specificità: sulla base ritmica (tonica senza frenesie) s’innesta qualcosa che più che suono è attitudine. Insomma, nella musica dei Bilingue si sente “la strada”, si immaginano gli spostamenti, le strade d’Europa, i concerti, gli incontri e le bevute del dopo concerto (un po’ come accadeva nei primi dischi dei Mau Mau). To’ a la vez, En el medio de to’ e Mucho gusto sono gli instant hits dell’album, mentre più articolato è il discorso relativo alle tre tracce cantate in italiano con Ci sei anche tu che viaggia verso il pop etnico (ed è l’unico momento a non convincere del tutto) e Ancora un passo a suggerire invece interessanti commistioni con la canzone d’autore. Antonio Vivaldi

Delsaceleste - Io come la voce delle stagioni **
Io come… la voce delle stagioni è un album molto interessante del cantautore milanese Marco Del Santo, che si propone sotto lo pseudonimo di Delsaceleste.Nelle canzoni spicca la voce metallica ma nel contempo dolce del cantautore. Anche i testi sono molto fluenti ed onirici, propongono un viaggio in mezzo alle stagioni che mi ha avvolto fino dal primo bel brano Gocce di cielo, proseguendo con Primavera -davvero emozionante- e Inverno dove a farla da padrone sono atmosfere più cupe e sognanti, a tratti progressive che mi hanno ricordato per certi versi alcune sonorità dei Marlene Kuntz. Un disco nel complesso buono, del quale va lodata la solidità di un’originale proposta comunicativa. Marco Colombo

Jenny's Joke - Jenny's Joke***

Nati nel 2003 i Jenny’s Joke giungono quest’anno alla consacrazione come una delle band indie-rock italiane più interessanti del momento. L’occasione è l’uscita, in questi giorni, del disco omonimo che dal primo ascolto non lascia dubbi sulle intenzioni del gruppo oggi formato da Maurizio Vaiani (voce e chitarra acustica), Massimo Valcarenghi (chitarra elettrica, sinth e voce), Pietro Marchetti (basso e voce) e Marcello Arisi (batteria e percussioni). Una caratteristica che emerge immediatamente è l’abilità con cui i Jenny’s Joke riescono a traghettarci attraverso trent’anni di rock senza sbavature nostalgiche, avendo assimilato e recepito il meglio dei movimenti musicali più importanti dagli anni ’70 a oggi. Il disco è consistente e intenso, una miscela di suoni ora dolci e rasserenanti che diventano in altri momenti impetuosi e ansiogeni; il tutto in una miscela che funziona alla perfezione dove l’energia rimane comunque il motivo costante dell’intero lavoro. Dieci brani, alcuni dei quali particolarmente riusciti. La traccia di apertura Spin me round è un ottimo biglietto da visita così come il secondo brano Don’t lay your hands on my shoulder, entrambi vivaci con voci a tratti distorte e irresistibili giri di basso. Interessante la dolcissima New day dawning, forse il brano più melodico del disco e la conclusiva Puddles , una suite vagamente psichedelica, perfetta nella suo insieme armonico e vocale. Mauro Carosio

Michele Nucciotti - Risposte multiple **
Davvero molto bello questo secondo lavoro di Michele Nucciotti. Tutti i pezzi in un modo o in un altro mi hanno affascinato alla grande. La linea vocale è davvero particolare ed ha il pregio di farti entrare in un pathos malinconico che è la caratteristica principale di questo lavoro.Risposte multiple è un album di suoni elettronici che può ricordare i Tiromancino e testi molto particolari. I pezzi sono quasi noir alla Depeche mode e rilevanti sono le canzoni Solo aria, le mie sintesi e La mia forma di equilibrio. Da ascoltare. Marco Colombo

Marco Notari - Babele ***

In molti ne avevano parlato come una promessa per il nuovo cantautorato italiano, Marco Notari torna a proporsi con un album impegnativo, Babele, che segue il fortunato esordio Oltre lo specchio e l’ep Io non mi riconosco nel mio stato. Babele si presenta con l’ambiziosa struttura di un concept album che narra le storie di Cristiano e Lucia, lasciando tuttavia un sufficiente spazio all’immaginazione dell’ascoltatore che può interpretare e rielaborare i brani al di là del filo conduttore proposto dal giovane cantautore piemontese. L’approccio alla registrazione è molto simile ad un live, con buona alternanza tra episodi più rock e momenti sommessi. Trovo grande difficoltà nell’assimilare questo disco in bilico tra cantautorato, pop e rock che richiama più o meno nitidamente fortunate esperienze del panorama indipendente italiano.Sono gli episodi più immediati e orecchiabili come Porpora, Piuma o Io non mi riconosco nel mio stato quelli che meglio possono rappresentare questo disco, che ne svelano gli aspetti più piacevoli da ascoltare, in un insieme che a mio avviso appare troppo disomogeneo. Un paio di brani Lucia ha una pistola e La mia vita è un investimento sicuro non mi sono proprio piaciuti, più per il testo e l’interpretazione monocorde piuttosto che per la musica. Il livello generale del disco è molto elevato, la qualità c’è, ma per Masco Notari non sarà facile far sentire la propria voce nell'affollata Babilonia della musica italiana.Giovanna Oceania e Roberto Conti

23 marzo 2009

Live - I cani a quattro teste di Moltheni meglio di Sanremo

E’ Moltheni a vera alternativa alla mestizia di Sanremo. Lo scorso 21 febbraio, mentre il televoto e le giurie popolari premiavano Marco Carta (l’amichetto di Maria De Filippi), Povia (l’amichetto di Bonolis, e anche dei giornalisti che ne possono parlare male, divertendosi come a Gardaland) e Sal Da Vinci (l’amichetto di Gigi D’Alessio) alle Piccole iene, in quella metropoli della musica che è Romagnano Sesia, andava in scena il concerto di Moltheni e dei Colore perfetto davanti ad una platea di poco più di 200 fortunati. Mentre vedo affermarsi il genere della musica televisiva, un genere che necessita di una bella faccetta, di una voce decente e di una struttura musicale molto facile e orecchiabile che faccia pronta presa, mi fa piacere ancora una volta assistere ad un piccolo miracolo come quello che si verifica con Moltheni che delle caratteristiche sopra descritte non ne ha nessuna (e in fatti quando a Sanremo ci andò, nel 2000, il risultato fu quello prevedibile di un ristagno sui fondali della classifica delle allora nuove proposte). I Colore perfetto partono con un breve set che conferma l’ottima attitudine dei brani contenuti in Il debutto, un disco che veramente mi sento di consigliare tra i più interessanti degli ultimi tempi, che pur senza innovare il panorama della musica italiana riesce a farsi spazio con personalità e spunti di buona suggestione. Questa è la suggestione che vi lascio, tratta da Come se non bastasse: “Come se non bastassero gli istanti che ti ho dato, godendoci nell’anima, restando senza fiato, restando qui, pronto a sorprenderti, leccando gli angoli dei pensieri più strani che fai”.

Poi sale sul palco quell’incantatore di Moltheni: un folletto magico che con le sue parole e i suoi sussurri riesce ad animare animali spaventosi come cani a quattro teste o immagini visionarie che ci sanno catapultare nel suo mondo di ombrelloni chiusi in piena estate e di fotografie ingiallite che passano in sovra-impressione mentre scorre veloce Vita rubina. Nel frattempo partono le note di Bufalo, poi il primo singolo tratto dai Segreti del corallo: Gli anni del malto. I brani scorrono veloci, Moltheni parla poco, ma quando lo fa è in grado di lasciare il segno. Il pubblico è caldo e attento.C’è anche un nuovo batterista che ha sostituito Gianluca Schiavon: è lineare e bravo a caricare i pezzi del giusto tiro: come in L’amore acquatico o in Nella mia bocca, con un finale trascinante e inaspettato, quando la canzone sembrava ormai finita come lo zolfo sulla capocchia di un fiammifero. Nel live c’è anche spazio per una parte sommessa, con Oh morte e Corallo. L’attimo celeste parte piano, ma poi si fa urlo dirompente capace di risvegliare anche la ragazza che si è assopita sulla sedia…Suprema conclude la prima parte del set. Poi i musicisti tornano sul palco per Verano (stasera riesce a piacermi anche questo brano che non sembra proprio un pezzo di Moltheni), Montagna nera e una sorprendente Eternamente, nell’illusione di te.

Carissimi, questo non è che un arrivederci alla prossima puntata (nello specifico il secret concert di Milano). Questa serata mi è piaciuta davvero tanto… e quando dico tanto…
Roberto Conti


4 marzo 2009

Pacifico - Dentro a ogni casa ****


Gino De Crescenzo, in arte Pacifico, stavolta ce l’ha fatta, ha convinto finalmente critica e pubblico. Dopo essere stato considerato per anni una promessa della musica nostrana oggi entra a ragion veduta nell’olimpo delle realtà più interessanti del panorama musicale italiano. E dire che Pacifico ha alle spalle anni di collaborazioni illustri, ha scritto brani per Adriano Celentano, Ornella Vanoni, Gianna Nannini e altri. Ha partecipato a un festival di Sanremo qualche anno fa con un ottimo pezzo passando praticamente inosservato. I suoi tre dischi precedenti sono stati apprezzati da un pubblico di nicchia. Dentro ogni casa è la prova decisiva di una raggiunta maturità artistica. Pop di gran classe, si potrebbe definire, un disco senza cedimenti, intenso ed emozionante in tutte le dieci tracce che lo compongono. Musica leggera, niente di più, ma elegante, ricercata e accessibile anche a palati meno raffinati. Questo spiega il successo del tormentone radiofonico Tu che sei parte di me, in coppia con la Nannini che restituisce il favore; ma all’interno di Dentro ogni casa troviamo anche dell’altro materiale non meno interessante: Lento è forse una delle canzoni più belle dell’intera produzione di Pacifico. Verrà l’estate, in coppia con la cantante italo-marocchina Malyka Ajane, è una combinazione perfetta di pianoforte, batterie e un testo splendido. Un disco da ascoltare e riascoltare, con la speranza che la musica leggera italiana segua esempi come questo piuttosto di quel che passa a Sanremo!
Mauro Carosio