“Per
fare un album non servono venti canzoni, ne bastano otto suonate con amore e
con passione. Dopo queste otto ho deciso di dire ‘basta’: ho scelto la via del
ritiro non perché dico di essere arrivato al massimo, ma perché sento che è
arrivata una fase di decadenza ed è giusto così”. Con queste parole il maestro
di via Paolo Fabbri Francesco Guccini annuncia il ritiro dalle scene dopo
esattamente 45 anni di attività (il primo album è datato 1967!). Una scelta che
rammarica in quanto si parla di uno dei mostri sacri assoluti del cantautorato
italiano, ma d’altronde a 69 anni è più che legittimo pensare alla pensione.
Il
letterato bolognese ci lascia con la sua ultima fatica, intitolata giusto per
l’occasione L’ultima Thule. Ad otto anni di distanza da Ritratti ecco otto
tracce suonate con grande spirito e tanto sentimento, spaziando dall’acustica
alla musica da camera, fino ad arrivare all’orchestrina di paese. Un disco
sincero e nostalgico, come si enuncia nell’iniziale Canzone di notte n. 4 (“ehi notte, quante notti ti ho incontrato /
quando tutti eravamo ancora ignari / di quel che ci sarebbe capitato / notti
senza traguardi e cellulari”): otto minuti di cupa malinconia, ricordando una
gioventù che mai più tornerà.
E’
proprio L’ultima volta ad essere
scelto come primo singolo, eletto come canzone-manifesto dell’album. Guccini
racconta le consuete storie di vita quotidiana con una tal profondità da
riuscire ad imprimerle nelle menti degli ascoltatori. Così come resta impresso
il burlesque in Il testamento di un
pagliaccio, riflessione cinica sulla situazione politico-sociale di un
Italia messa a nudo (“Poi ci vorrebbe qua, mi consenta / uno stilista mago del
sublime / un vip con la troietta di regime / e chi si svende per denari trenta
/ un onesto mafioso riciclato / un duro, puro e cuore di nostalgico /
travestito da quasi democratico / e che si sente padrone dello Stato”): un duro
attacco ai potenti della destra, rei di omertà e di comportamenti tutt’altro
che esemplari.
Notti
conferma quanto il cantautore 69enne sia affascinato da questa fase della
giornata, adatta a riorganizzare pensieri ed emozioni vissute. Chiudono il
disco il ritratto dell’uomo creativo e alla ricerca di nuove strade (L’artista) e la title track L’ultima Thule, una cavalcata barocca
disegnata con piano, chitarre e archi in cui il Nostro decide di calare il
sipario con classe ("L’ultima Thule attende e dentro il fiordo / si spegnerà
per sempre ogni passione / si perderà in un’ultima canzone / di me e della mia
nave anche il ricordo”).
L’ultima
fatica vede un Guccini stanco ma determinato a chiudere in grande stile e il
risultato è assolutamente apprezzabile: testi che non lasciano mai indifferenti
accompagnati a musica di ottimo spessore, “L’ultima Thule” è un addio sofferto
ma mai alimenterà il rimpianto di non aver potuto salutare uno degli artisti di
riferimento della scena italiana. Dopo 45 anni di attività, è il caso di dire
“grazie di tutto”. Marco Pagliari
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