La band sarda Sikitikis si racconta in undici
domande/risposte. Il loro nuovo album Le belle cose,di cui
abbiamo parlato recentemente, è una conferma delle capacità artistiche del
gruppo. Infatti già con il loro disco d'esordio Fuga dal deserto del Tiki avevano
lasciato intendere che avrebbero
avuto altro da dire. Tra non molto
inizierà il loro tour che toccherà varie città italiane.
In mezzo a tanto buio, la luce che i Sikitikis emanano con il
loro disco rischiara e illumina il cielo coi tanti colori di cui è fatta la
loro musica. Bisognerebbe ricordare sempre le loro parole:
“qualcuno non ama le belle cose perchè le belle cose sono la
morte dei cattivi pensieri”.
Le
belle cose (vostro recente lavoro) è una
fusione di tanti generi musicali. La sensazione che
mi date e
che abbiate tante cose da dire/fare e che il tempo e lo spazio non siano mai
sufficienti.
Se non basta un disco che si fa?
E' un punto di vista
interessante, il tuo. E' la prima volta che abbiamo un feedback del genere. E
forse hai ragione tu.
Non abbiamo sufficiente tempo e risorse per fare tutto quello che vorremmo.
Quando un disco non
basta, si fa in modo che tutto prenda la forma del disco stesso. La
comunicazione, in
primis, assume le sembianze dei contenuti delle canzoni e ne viene influenzata.
Il
disco e la sua
promozione non sono più due cose separate, due fasi consequenziali dello stesso
lavoro, ma divengono
la stessa cosa.
Avete
scelto di fare ascoltare il vostro disco in download gratuito. Ma qual è la
vostra
intenzione
specifica? Far arrivare la vostra musica a più orecchie possibili? Permettere
anche
a chi non
può comprare dischi di ascoltarvi? Far capire che la musica oggi e proprio
questo?
Poco tempo fa,
guardavo un documentario sugli impressionisti e sono rimasto colpito dalle
affinità
fra il loro lavoro e
il nostro. Mi spiego meglio, in contrasto con l'apparente superficialità, la
pacatezza e la
leggerezza dei loro soggetti, i pittori impressionisti erano mossi da una
profonda
esigenza di rottura e
dall'urgenza di raccontare i cambiamenti della società parigina alla fine dell'Ottocento, con pennellate che, se
osservate da vicino, rivelano il nervo e l'energia di chi le ha impresse sulla
tela.
Mi ha divertito
rivedere in quel movimento il lavoro che i Sikitikis hanno fatto per Le belle cose.
Anche noi siamo
andati alla ricerca di una superficialità, una pacatezza e una leggerezza solo
apparenti.
Il download gratuito
è la scelta che trasforma questa pseudo-superficialità in un gesto di rottura.
Mettere a
disposizione di chiunque la nostra musica – legalmente - è solo il primo dei
passi che
abbiamo intenzione di
fare in questa direzione. Presto nascerà qualcosa di molto più importante
legato a questo.
L'intenzione non è solo quella di far arrivare la musica a quanta più gente
possibile,
ma anche quella di
conoscere un numero il più possibile preciso di persone che ascoltano la nostra
musica. Elemento che
nell'atutale sistema di diffusione è praticamente impossibile da avere. Avendo
come unica fonte di
distribuzione un solo link, questo rende il dato, se non preciso, comunque più
veritiero.
I Sikitikis
sono la testimonianza più attuale (almeno in Italia) di quanto la rete sia
sempre più
spesso
veicolo di “contaminazione” musicale. Quanto e come può essere importante
interagire
con tutto
ciò che ne fa parte, Social Network inclusi?
Il caso dei Sikitikis
è simile a quello di diverse band della nostra generazione, che hanno trovato
nella rete – in
particolare nei social network – l'elemento ideale per sviluppare il proprio
progetto
musicale.
La nostra esperienza
passa soprattutto attraverso il meccanismo di condivisione fra facebook e
youtube. Questo ha
portato i nostri video ad avere una gran numero di click “spontanei” che ,
senza
bisogno di una vera e
propria promozione in senso tradizionale, hanno attecchito e si sono diffusi
nelle pagine e nei
diari dei nostri amici e poi degli amici degli amici e così via, moltiplicando
esponenzialmente le
nostre visualizzazioni.
Per ora, direi che
più che importante, l'interazione fra social network è necessaria.
Probabilmente,
allo stato attuale è
l'unica strada posssibile per l'auto promozione.
Molti
vostri colleghi considerano i concerti la parte fondamentale della propria
attività
artistica.
Voi che ruolo attribuite ai live?
A Marzo compiremo il
nostro quattrocentesimo concerto. Questo numero dovrebbe fornire la
misura di quanto è
importante il live nella nostra attività. E' tutto. E' sostentamento, linfa,
laboratorio,
divertimento, interazione. Per quanto il lavoro in studio possa dare enorme
soddisfazione, il
concerto resta il motivo fondamentale per cui (e grazie al quale) continuiamo a
fare
questo mestieraccio.
Dagli studi
di Casasonica all'attuale Sugar. In cosa sono o si sentono cambiati i Sikitikis
dall'esordio
discografico di Fuga dal deserto del Tiki?
La doverosa premessa
da fare è che mentre Casasonica era la nostra etichetta discografica, Sugar è
soltanto la casa
editrice delle nostre canzoni. La differenza è sostanziale e fa si che i
Sikitikis siano
oggi una realtà
discografica assolutamente indipendente e autoprodotta in partnership con la
Infecta
di Manuele Fusaroli,
nostro co-produttore artistico.
I cambiamenti negli
ultimi 8 anni sono stati moltissimi, prima come persone e poi come musicisti.
Il periodo di
Casasonica è stato straordinario, gli esordi emozionanti, l'entusiasmo e la
convinzione
che si stesse facendo
parte di qualcosa di bello e irripetibile. In quel periodo abbiamo costruito le
basi della nostra
esperienza e abbiamo abbracciato persone che, ancora oggi, sono legate a noi,
ci
sostengono e ci
vogliono bene.
La fine di quella
fase della nostra vita ha poi portato i grandi cambiamenti che oggi
costituiscono i
tratti del nostro
modo di produrre e diffondere musica.
Nel frattempo siamo
cresciuti, eravamo ragazzi e siamo diventati uomini, siamo andati via di casa,
ci siamo sposati,
separati, abbiamo avuto figli, abbiamo litigato, ci siamo riavvicinati di
nuovo, più
forti di prima, e ci
siamo ubriacati ancora. Abbiamo fatto molti concerti e il pubblico sotto il
nostro
palco è cresciuto con
noi.
In sintesi direi che
se in Fuga dal deserto del Tiki eravamo
dei ragazzini sognatori, con Le
belle
cose siamo
degli adulti sognatori.
Siete
originari di un'isola bellissima che dovrebbe essere considerata area protetta
sia a livello
ambientale
e paesaggistico che culturale e invece e stata troppo spesso ferita e
maltrattata
(come del
resto un po' tutta l'Italia). Cosa secondo voi si potrebbe fare per rimediare
almeno
in parte?
Questa è un argomento
che non può che starci a cuore. E' da anni, oramai che - più o meno
direttamente –
sosteniamo la causa indipendentista della Sardegna. E' importante però saper
leggere
l'indipendentismo
sardo in chiave non-violenta, europea, nel rispetto della coscienza e delle
volontà dei sardi.
Semplicemente siamo
convinti che in una realtà geopolitica come la nostra isola, sia necessario un
tipo di politica
legata al territorio e alle sue esigenze, molto più che per altre realtà.
Sappiamo che il
potenziale della
nostra terra è straordinario e siamo consapevoli che il percorso che ogni sardo
deve
fare per contribuire
ad esprimerlo è profondo quanto assolutamente necessario.
Non vediamo
alternative, in tal senso, se non una strada che porti ad una repubblica
indipendente,
esattamente come sta
accadendo in Catalogna e in Scozia.
Siete
grandi appassionati di cinema e in particolare di colonne sonore di vecchie
pellicole. Mi
parlate di
come nasce questa passione e delle colonne sonore che avete composto.
E' una passione che
parte da lontano, da quando io (Diablo) e Jimi suonavamo in una band che
prendeva il nome da
un film di Quentin Tarantino: Canidarapina.
Jimi è sempre stato
un grande appassionato di colonne sonore e di cinema, del quale oggi è uno dei
maggiori esperti che
conosca (ho ragione di credere che sia uno dei massimi esperti in Italia,
sull'argomento). Con
la mia passione, più viscerale che accademica, ho trovato in Jimi un
compagno di band con
cui condividere anche un percorso di ricerca sull'argomento, prima come
speaker radiofonici
in un programma settimanale su un'emittente locale, poi come musicisti con la
nascita dei
Sikitikis.
La prima volta che
abbiamo lavorato su una colonna sonora originale, è stato per Jimmy Della
Collina
di Enrico Pau, un lungometraggio tratto da un libro di
Massimo Carlotto. Nel tempo
abbiamo anche
lavorato per diversi corti indipendenti e abbiamo contribuito insieme ad altri
artisti,
alla colonna sonora
di Cosmonauta di
Susanna Nicchiarelli che nel 2009 vinse il Fetival di Venezia.
Abbiamo inoltre
realizzato diverse rivisitazioni e sonorizzazioni prodotte, fra gli altri, dal
teatro
Ambra Jovinelli e dal
Palazzo delle Esposizioni di Roma.
Dopo le
colonne sonore, dobbiamo aspettarci sceneggiature e regia (magari dei vostri
video)?
Fa parte
dei vostri progetti?
Abbiamo quasi sempre
fatto del buon lavoro di squadra con i registi dei nostri clip. Per esempio il
soggetto del nostro
primo video (Non avrei mai) è nostro. Seppure non possiamo ritenere totalmente
improbabile l'ipotesi
che in futuro si possa essere registi dei nostri videoclip, per ora tendiamo ad
escluderlo. Ci piace
fare le cose per bene, e per fare le cose per bene, ci voglio professionisti
capaci.
Nel brano Hai fatto male parlate di stretta attualita. Vi riferite a qualcuno in
particolare o e
un
messaggio generico per tutti?
Che differenza fa?
(ci vorrebbe uno smile di quelli da telefonino, qui) E' un argomento
universale,
certo, ma è ovvio che
ognuno di noi ha esempi intorno che ci raccontano dei quarantenni che ancora
vivono a casa dei
genitori, esattamente come nel periodo dell'adolescenza.
Personalmente credo
che solo in parte la colpa sia della situazione sociale. A volte credo che la
famiglia dia pochi
stimoli – per così dire - ai propri figli, per spingerli alla ricerca
dell'indipendenza.
La
mia piccola rivoluzione (uno
dei miei preferiti) è un brano che parla delle piccole
grandi cose dell'amore. Ma cos'e esattamente per voi questa piccola
rivoluzione, una speranza?
Oh no! La piccola
rivoluzione è una certezza. E' la nostra, è la mia, la tua. E' la lotta
quotidiana che
compiamo.
Apparentemente è inutile, ma se perseveriamo in una direzione, e lo facciamo
con
passione pura,
disinteressata e genuina, arriverà un giorno in cui guardando la strada
lasciataci alle
spalle, ci renderemo
conto che abbiamo compiuto una piccola rivoluzione, su noi stessi, che ci ha
reso un po' meno
coglioni, appunto.
Tema
purtroppo di grande attualita è la violenza sulle donne. Cosa ne pensate?
Sulle donne, sui
bambini, sugli anziani, sui malati, sui poveri, sui lavoratori e ovunque,
oserei dire
che è la violenza in
generale che fa piuttosto schifo.
Intervista
di Alessandra Terrone
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