15 gennaio 2013

I Sikitikis si raccontano in undici domande


La band sarda Sikitikis si racconta in undici domande/risposte. Il loro nuovo album Le belle cose,di cui abbiamo parlato recentemente, è una conferma delle capacità artistiche del gruppo. Infatti già con il loro disco d'esordio Fuga dal deserto del Tiki avevano lasciato intendere che  avrebbero avuto  altro da dire. Tra non molto inizierà il loro tour che toccherà varie città italiane.
In mezzo a tanto buio, la luce che i Sikitikis emanano con il loro disco rischiara e illumina il cielo coi tanti colori di cui è fatta la loro musica. Bisognerebbe ricordare sempre le loro parole:
“qualcuno non ama le belle cose perchè le belle cose sono la morte dei cattivi pensieri”.

Le belle cose (vostro recente lavoro) è una fusione di tanti generi musicali. La sensazione che
mi date e che abbiate tante cose da dire/fare e che il tempo e lo spazio non siano mai
sufficienti. Se non basta un disco che si fa?
E' un punto di vista interessante, il tuo. E' la prima volta che abbiamo un feedback del genere. E
forse hai ragione tu. Non abbiamo sufficiente tempo e risorse per fare tutto quello che vorremmo.
Quando un disco non basta, si fa in modo che tutto prenda la forma del disco stesso. La
comunicazione, in primis, assume le sembianze dei contenuti delle canzoni e ne viene influenzata. Il
disco e la sua promozione non sono più due cose separate, due fasi consequenziali dello stesso
lavoro, ma divengono la stessa cosa.

Avete scelto di fare ascoltare il vostro disco in download gratuito. Ma qual è la vostra
intenzione specifica? Far arrivare la vostra musica a più orecchie possibili? Permettere anche
a chi non può comprare dischi di ascoltarvi? Far capire che la musica oggi e proprio questo?
Poco tempo fa, guardavo un documentario sugli impressionisti e sono rimasto colpito dalle affinità
fra il loro lavoro e il nostro. Mi spiego meglio, in contrasto con l'apparente superficialità, la
pacatezza e la leggerezza dei loro soggetti, i pittori impressionisti erano mossi da una profonda
esigenza di rottura e dall'urgenza di raccontare i cambiamenti della società parigina alla fine       dell'Ottocento, con pennellate che, se osservate da vicino, rivelano il nervo e l'energia di chi le ha impresse sulla tela.
Mi ha divertito rivedere in quel movimento il lavoro che i Sikitikis hanno fatto per Le belle cose.
Anche noi siamo andati alla ricerca di una superficialità, una pacatezza e una leggerezza solo
apparenti.
Il download gratuito è la scelta che trasforma questa pseudo-superficialità in un gesto di rottura.
Mettere a disposizione di chiunque la nostra musica – legalmente - è solo il primo dei passi che
abbiamo intenzione di fare in questa direzione. Presto nascerà qualcosa di molto più importante
legato a questo. L'intenzione non è solo quella di far arrivare la musica a quanta più gente possibile,
ma anche quella di conoscere un numero il più possibile preciso di persone che ascoltano la nostra
musica. Elemento che nell'atutale sistema di diffusione è praticamente impossibile da avere. Avendo
come unica fonte di distribuzione un solo link, questo rende il dato, se non preciso, comunque più
veritiero.

I Sikitikis sono la testimonianza più attuale (almeno in Italia) di quanto la rete sia sempre più
spesso veicolo di “contaminazione” musicale. Quanto e come può essere importante interagire
con tutto ciò che ne fa parte, Social Network inclusi?
Il caso dei Sikitikis è simile a quello di diverse band della nostra generazione, che hanno trovato
nella rete – in particolare nei social network – l'elemento ideale per sviluppare il proprio progetto
musicale.
La nostra esperienza passa soprattutto attraverso il meccanismo di condivisione fra facebook e
youtube. Questo ha portato i nostri video ad avere una gran numero di click “spontanei” che , senza
bisogno di una vera e propria promozione in senso tradizionale, hanno attecchito e si sono diffusi
nelle pagine e nei diari dei nostri amici e poi degli amici degli amici e così via, moltiplicando
esponenzialmente le nostre visualizzazioni.
Per ora, direi che più che importante, l'interazione fra social network è necessaria. Probabilmente,
allo stato attuale è l'unica strada posssibile per l'auto promozione.

Molti vostri colleghi considerano i concerti la parte fondamentale della propria attività
artistica. Voi che ruolo attribuite ai live?
A Marzo compiremo il nostro quattrocentesimo concerto. Questo numero dovrebbe fornire la
misura di quanto è importante il live nella nostra attività. E' tutto. E' sostentamento, linfa,
laboratorio, divertimento, interazione. Per quanto il lavoro in studio possa dare enorme
soddisfazione, il concerto resta il motivo fondamentale per cui (e grazie al quale) continuiamo a fare
questo mestieraccio.

Dagli studi di Casasonica all'attuale Sugar. In cosa sono o si sentono cambiati i Sikitikis
dall'esordio discografico di Fuga dal deserto del Tiki?
La doverosa premessa da fare è che mentre Casasonica era la nostra etichetta discografica, Sugar è
soltanto la casa editrice delle nostre canzoni. La differenza è sostanziale e fa si che i Sikitikis siano
oggi una realtà discografica assolutamente indipendente e autoprodotta in partnership con la Infecta
di Manuele Fusaroli, nostro co-produttore artistico.
I cambiamenti negli ultimi 8 anni sono stati moltissimi, prima come persone e poi come musicisti.
Il periodo di Casasonica è stato straordinario, gli esordi emozionanti, l'entusiasmo e la convinzione
che si stesse facendo parte di qualcosa di bello e irripetibile. In quel periodo abbiamo costruito le
basi della nostra esperienza e abbiamo abbracciato persone che, ancora oggi, sono legate a noi, ci
sostengono e ci vogliono bene.
La fine di quella fase della nostra vita ha poi portato i grandi cambiamenti che oggi costituiscono i
tratti del nostro modo di produrre e diffondere musica.
Nel frattempo siamo cresciuti, eravamo ragazzi e siamo diventati uomini, siamo andati via di casa,
ci siamo sposati, separati, abbiamo avuto figli, abbiamo litigato, ci siamo riavvicinati di nuovo, più
forti di prima, e ci siamo ubriacati ancora. Abbiamo fatto molti concerti e il pubblico sotto il nostro
palco è cresciuto con noi.
In sintesi direi che se in Fuga dal deserto del Tiki eravamo dei ragazzini sognatori, con Le belle
cose siamo degli adulti sognatori.

Siete originari di un'isola bellissima che dovrebbe essere considerata area protetta sia a livello
ambientale e paesaggistico che culturale e invece e stata troppo spesso ferita e maltrattata
(come del resto un po' tutta l'Italia). Cosa secondo voi si potrebbe fare per rimediare almeno
in parte?
Questa è un argomento che non può che starci a cuore. E' da anni, oramai che - più o meno
direttamente – sosteniamo la causa indipendentista della Sardegna. E' importante però saper leggere
l'indipendentismo sardo in chiave non-violenta, europea, nel rispetto della coscienza e delle
volontà dei sardi.
Semplicemente siamo convinti che in una realtà geopolitica come la nostra isola, sia necessario un
tipo di politica legata al territorio e alle sue esigenze, molto più che per altre realtà. Sappiamo che il
potenziale della nostra terra è straordinario e siamo consapevoli che il percorso che ogni sardo deve
fare per contribuire ad esprimerlo è profondo quanto assolutamente necessario.
Non vediamo alternative, in tal senso, se non una strada che porti ad una repubblica indipendente,
esattamente come sta accadendo in Catalogna e in Scozia.






Siete grandi appassionati di cinema e in particolare di colonne sonore di vecchie pellicole. Mi
parlate di come nasce questa passione e delle colonne sonore che avete composto.
E' una passione che parte da lontano, da quando io (Diablo) e Jimi suonavamo in una band che
prendeva il nome da un film di Quentin Tarantino: Canidarapina.
Jimi è sempre stato un grande appassionato di colonne sonore e di cinema, del quale oggi è uno dei
maggiori esperti che conosca (ho ragione di credere che sia uno dei massimi esperti in Italia,
sull'argomento). Con la mia passione, più viscerale che accademica, ho trovato in Jimi un
compagno di band con cui condividere anche un percorso di ricerca sull'argomento, prima come
speaker radiofonici in un programma settimanale su un'emittente locale, poi come musicisti con la
nascita dei Sikitikis.
La prima volta che abbiamo lavorato su una colonna sonora originale, è stato per Jimmy Della
Collina di Enrico Pau, un lungometraggio tratto da un libro di Massimo Carlotto. Nel tempo
abbiamo anche lavorato per diversi corti indipendenti e abbiamo contribuito insieme ad altri artisti,
alla colonna sonora di Cosmonauta di Susanna Nicchiarelli che nel 2009 vinse il Fetival di Venezia.
Abbiamo inoltre realizzato diverse rivisitazioni e sonorizzazioni prodotte, fra gli altri, dal teatro
Ambra Jovinelli e dal Palazzo delle Esposizioni di Roma.

Dopo le colonne sonore, dobbiamo aspettarci sceneggiature e regia (magari dei vostri video)?
Fa parte dei vostri progetti?
Abbiamo quasi sempre fatto del buon lavoro di squadra con i registi dei nostri clip. Per esempio il
soggetto del nostro primo video (Non avrei mai) è nostro. Seppure non possiamo ritenere totalmente
improbabile l'ipotesi che in futuro si possa essere registi dei nostri videoclip, per ora tendiamo ad
escluderlo. Ci piace fare le cose per bene, e per fare le cose per bene, ci voglio professionisti capaci.

Nel brano Hai fatto male parlate di stretta attualita. Vi riferite a qualcuno in particolare o e
un messaggio generico per tutti?
Che differenza fa? (ci vorrebbe uno smile di quelli da telefonino, qui) E' un argomento universale,
certo, ma è ovvio che ognuno di noi ha esempi intorno che ci raccontano dei quarantenni che ancora
vivono a casa dei genitori, esattamente come nel periodo dell'adolescenza.
Personalmente credo che solo in parte la colpa sia della situazione sociale. A volte credo che la
famiglia dia pochi stimoli – per così dire - ai propri figli, per spingerli alla ricerca
dell'indipendenza.

La mia piccola rivoluzione (uno dei miei preferiti) è un brano che parla delle piccole grandi cose dell'amore. Ma cos'e esattamente per voi questa piccola rivoluzione, una speranza?
Oh no! La piccola rivoluzione è una certezza. E' la nostra, è la mia, la tua. E' la lotta quotidiana che
compiamo. Apparentemente è inutile, ma se perseveriamo in una direzione, e lo facciamo con
passione pura, disinteressata e genuina, arriverà un giorno in cui guardando la strada lasciataci alle
spalle, ci renderemo conto che abbiamo compiuto una piccola rivoluzione, su noi stessi, che ci ha
reso un po' meno coglioni, appunto.

Tema purtroppo di grande attualita è la violenza sulle donne. Cosa ne pensate?
Sulle donne, sui bambini, sugli anziani, sui malati, sui poveri, sui lavoratori e ovunque, oserei dire
che è la violenza in generale che fa piuttosto schifo.

Intervista di Alessandra Terrone

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