3 gennaio 2013

De Gregori stakanovista on the road


“Io mi sento musicista solo andando in giro a suonare: ci sono quelli che fanno un solo concerto per ventimila persone, io preferisco farne dieci per duemila. È un fatto fisico. Il momento peggiore, per me, è quando sono fermo: ho come un senso di colpa, mi sento un perdigiorno”. A differenza di quanto dice Guccini, Francesco De Gregori afferma di non voler assolutamente interrompere la sua attività trentennale, tornando con un tour in cui porterà le nuove canzoni di Sulla strada, album ispirato all’illustre romanzo di Jack Kerouac che giunge a quattro anni da Per brevità chiamato artista.
Nel disco troviamo un sunto di tutto il  bagaglio degregoriano: l’iniziale Sulla strada è una ballata folk dylaniana, la sublime Passo d’uomo fa la voce a Rimmel con l’aggiunta degli archi arrangiati da Nicola Piovani (presenti anche in Guarda che non sono io), c’è il blues mariachi di Showtime e l’intimista Falso movimento. Ma non mancano trovate non proprio “sui generis” come la parentesi jazz anni ’20 per ricordare la Belle Epoque, il tex-mex all’italiana nella stravagante Omero al cantagiro (“Cantami, Omero, cantami una canzone / di ferro e di fuoco e di sangue e d'amore e passione / lo sai che privato e politico / li confondono spesso / Sarà diversa la musica / ma il controcanto è lo stesso”) e il rock corale La guerra.
Sulla strada è un album leggero che regala spunti di ottima fattura, ma non riesce nella sua totalità a catturare l’attenzione di chi lo ascolta. I testi di De Gregori restano sempre godibili e intimisti, anche se difficilmente restano impressi nella mente per parole e significati. In sostanza, un buon allenamento, un omaggio a Kerouac dove il cantautore romano tira fuori con discreto successo pensieri e sensazioni che ha partorito appena varcati i sessant’anni. Marco Pagliari

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