12 aprile 2012

Morgan riscopre e reinterpreta (senza voce) i classici italiani


L’ossessione di Morgan per artisti quali Luigi Tenco, Sergio Endrigo e Domenico Modugno non poteva certo esaurirsi col primo volume del canzoniere italiano, pubblicato dal poliedrico artista brianzolo nel 2009. Esce quindi, per Columbia, Italian songbook vol. 2, il secondo capitolo di una trilogia dedicata alla riscoperta di alcuni brani, di assoluto valore mondiale, risalenti all’età dell’oro della musica italiana.
Nel secondo volume del suo canzoniere, Marco Castoldi (vero nome dell’ex leader dei Bluvertigo) torna a ciò che sa fare meglio: rinnovare, reinterpretare, riarrangiare e soprattutto suonare. Nel primo volume si limitava a cantare: una scelta quasi suicida, dal momento che la sua voce era già in declino. Ma purtroppo la successiva operazione alle corde vocali l’ha definitivamente immolato sulla via dell’afonia. Ecco quindi la scaletta di un’ipotetica serata di pianobar con il rauco ex cantante dei Bluvertigo, racchiusa nell’album Italian songbook vol. 2.
Dopo una breve introduzione strumentale, a cura dello stesso Morgan, intitolata Desolazione, il Castoldi ci porta al ’68, e a Sergio Endrigo che canta la dolce ed intima ballata Marianne. Ne risulta, nella reinterpretazione di Morgan, un brano solare e quasi divertente, complice l’atmosfera casalinga della registrazione, con tanto di imprecisioni e risate isteriche. Segue una cupa rivisitazione elettronica, in stile Depeche mode, di una canzone dei Gufi intitolata Si può morire. Qui la voce di Morgan è ai minimi storici, e a nulla serve l’aiuto del gruppo vocale dei Cluster, proveniente da X factor. Troviamo, poi, un grande classico: Io che non vivo (english version) di Pino Donaggio, a testimonianza dell’internazionalità della musica italiana nei suoi anni d’oro. Morgan ha, poi, il merito di farci conoscere Hobby, oscuro brano di Luigi Tenco con un testo più che mai attuale. Un’altra canzone che rischiava di perdersi per sempre, anch’essa con un testo sconvolgente, è Il gioco del cavallo a dondolo, di Roberto De Simone. Qui finalmente Morgan torna ad essere quasi quello dei Bluvertigo. Abbracciami di Charles Aznavour risulta piuttosto noiosa, e la successiva Donna bella non mi va, di Rodolfo De Angelis, è uno scherzo di pessimo gusto da teatro d’arte varia. La successiva Speak softly love non è altro che la reinterpretazione del tema scritto da Nino Rota per Il padrino. Segue l’immancabile Domenico Modugno, con Sole malato, che l’allievo ripropone con rispetto. Poi Morgan ritiene di dover inserire un inedito, intitolato Una nuova canzone, che non prende alcuna direzione. Il brano nuovo ha, però, il merito di spezzare il ritmo ed alleggerire il disco, per poi introdurre Non insegnate ai bambini, di Giorgio Gaber. Morgan merita un applauso per aver inserito questo brano nel suo canzoniere dedicato ai brani da salvare, e la sua interpretazione, parecchio diversa rispetto all’originale, ha il merito di non sottrarre niente ad una canzone già bella di suo.
Per un ipotetico bis della sua serata di pianobar, Morgan ci propone Pino Donaggio con Io che non vivo (senza te), stavolta in versione italiana, seguita da Sole malato (english version) di Modugno e Parla più piano, versione italiana del già citato tema di Nino Rota per Il padrino.
In conclusione, ci troviamo a commentare un album che mostra qualche importante pregio sommerso da una marea di difetti, più o meno rilevanti a seconda dei gusti dell’ascoltatore. Il lato positivo è sicuramente il coraggio nella scelta dei brani, e quindi il valore storico a posteriori. Un esempio: il Maestro Roberto De Simone è un illustre compositore di musica classica, il quale soltanto una volta si è cimentato in un album di musica leggera, da cui Morgan ha ripescato Il gioco del cavallo a dondolo. Il Castoldi ha quindi letteralmente salvato da un vinile anni ’70 un’ottima canzone destinata a non essere ristampata su CD. Il lato negativo è la triste constatazione che Morgan ha definitivamente perduto la voce e purtroppo a volte anche la capacità di reinterpretare brani altrui senza perdere il senso della misura. Ed è un peccato, dato che stiamo parlando dello stesso Morgan che qualche anno fa aveva magistralmente riarrangiato e reinterpretato per intero il leggendario Non al denaro, non all’amore né al cielo, con tanto di lodi di critica e pubblico, e con tanto di onorevole Premio Fabrizio De André. Marco Maresca

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