Non si tratta di un caso di omonimia. Dietro a Crazy clown time, visionario e folle
album a metà tra alternative rock ed elettronica pubblicato per le etichette
indipendenti Sunday best recordings e Play it again Sam, c’è il vero David
Lynch. Il geniale ideatore di Twin peaks e regista di capolavori spaventosi e
surreali quali Eraserhead, Velluto blu e Mulholland drive. Un esordio discografico a sessantacinque anni è
insolito già di per sé, ma a maggior ragione è strano trovarsi a commentare un
esordio che ha avuto un così forte impatto su un certo tipo di pubblico.
Crazy clown time, infatti,
nonostante un’accoglienza particolarmente fredda dalla critica musicale, ha
riscosso un interesse enorme da parte del pubblico, diventando da subito una
pietra miliare di un certo tipo di musica elettronica, vicina a Moby, Tricky e
Massive attack.
L’album, pur essendo fortemente elettronico, inizia con un
alternative rock che ricorda molto da vicino i Sonic youth. La prima traccia, Pinky’s dream, cantata da Karen O degli
Yeah yeah yeahs, è infatti un allucinato e tachicardico brano fortemente rock,
l’unica canzone in cui alla voce non compare lo stesso Lynch. Dal secondo brano
in poi, però, si cambia quasi completamente genere musicale. Good day today è un singolo d’esordio
fantastico, originale ed ottimamente riuscito. Un brano elettronico, ballabile
e veloce, accompagnato da un surreale videoclip. Una canzone che ricorda Moby
ma lo fonde con oscuri sintetizzatori degni della colonna sonora della già
citata serie televisiva Twin peaks. La voce di Lynch si presta bene ad alcuni
brani trip hop che si susseguiranno nel corso dell’album, il primo dei quali è So glad, che ricorda molto da vicino i
Massive attack. Ogni singolo suono, ogni minimo dettaglio è curato per dare consistenza
al brano. La forza delle canzoni dell’album di Lynch è che sono tutte
strutturate come potenziali singoli. Ogni pezzo è ben confezionato, della
lunghezza giusta e senza divagazioni inutili. Ne risulta quindi un ascolto
sempre piacevole, e lo stesso discorso vale anche per alcuni brani successivi, Noah’s ark e I know, in cui le sonorità trip hop si fanno ancora più oscure e
lisergiche. Si arriva ai livelli di alcuni maestri del genere, tra cui Tricky,
ma senza che l’atmosfera divenga troppo fumosa e annebbiata. Football game e The night bell with lightning (l’unico brano strumentale
dell’album) sono blues elettronici e rallentati, e sembrano la colonna sonora
di un film a metà tra horror e western. Il picco del surrealismo e del nonsense
si trova a metà del disco: Strange and
unproductive thinking è un brano folle. Sette minuti e mezzo in cui un
vocoder recita un testo a dir poco delirante su un’elettronica funky. Un forte
richiamo agli intermezzi narranti, fatti col vocoder, che Frank Zappa inserì
nel suo mitico album Joe’s garage. Pur
essendo un brano lunghissimo e monocorde, riesce nella difficile impresa di non
risultare noioso neanche per un secondo, grazie ad una magica alchimia che
avvolge misteriosamente il brano così come tutto l’album. Stone’s gone up è un'altra canzone molto interessante, costruita su
un giro dance rock da primi anni ’90, molto simile a quello di Girls & boys dei Blur. Crazy clown time, il brano che dà il
titolo all’album, è un singolo che fa paura, così come il videoclip che lo
accompagna, girato dallo stesso Lynch. Il cantato in falsetto è terrorizzante e
ricorda la mostrusa bambina di Eraserhead.
Ci si tranquillizza un attimo con la languida ballad These are my friends e con Speed
roadster, un pezzo che fonde Moby con i Doors. L’album chiude con il
meraviglioso ed immaginifico blues elettronico di Movin’ up (anche qui Moby la fa da padrone) e la robotica e un po’
floydiana She rise up.
David Lynch non è un esordiente assoluto in ambito musicale: aveva
curato egli stesso la colonna sonora di alcuni dei suoi film, e spesso (come
nel caso di Velluto blu, in cui aveva
collaborato con Angelo Badalamenti) le sue musiche erano legate
indissolubilmente con la magia surrealista delle sue pellicole. Non stupisce
quindi l’enorme sicurezza e confidenza nei propri mezzi, con cui Lynch ha
composto i quattordici brani dell’album, ricavando da ognuno di essi un
potenziale singolo. Surreale ed imprevedibile, proprio come i film di Lynch, è
invece la sensazione di trovarsi davanti ad una pietra miliare della musica
elettronica, da ascoltare ripetutamente e da promuovere e diffondere senza
timore. Marco Maresca
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