15 aprile 2012

Bene o male, purché se ne parli... Il tributo della scena indipendente agli 883 non può lasciare indifferenti


Uno degli argomenti più discussi della rete in questi giorni è la compilation Con due deca, una sorta di tributo agli 883 proposto dai tipi di RockIt che hanno coinvolto diverse band della scena indipendente per reinterpretare i brani del buon Max Pezzali. 
Anche noi abbiamo detto la nostra. Proponendo il punto di vista (di seguito il primo, quello di Marco Maresca) di alcuni dei nostri collaboratori.


“Con un deca non si può andar via...”, cantavano gli 883, in lire, nel lontano 1992. Ma per passare una serata fuori ormai non bastano due deca odierni, cioè venti euro: il prezzo di vendita di un CD, che in tempi di crisi Rockit.it ci regala in streaming e download digitale. Con due deca è, insomma, una compilation gratuita di artisti emergenti italiani che reinterpretano gli 883 a vent’anni di distanza. Breve premessa sugli 883: Max Pezzali e Mauro Repetto erano due ragazzi pavesi in un’epoca in cui vivere in provincia non era per forza una cosa da sfigati. Raccontavano con linguaggio semplice e diretto ordinari episodi di vita giovane di provincia: le compagnie, le serate, la noia, le droghe, l’amicizia, gli amori, la voglia di emergere. Milioni di ragazzi e ragazze si ritrovavano in quelle storie ordinarie. Per arrivare a tutti con la loro musica, gli 883 usavano semplicemente un’elettronica un po’ naif sapientemente manipolata non da gente qualunque ma da produttori come Cecchetto, Peroni e Guarnerio. Gente di Radio Deejay che nel bene e nel male ha prima intercettato e poi imposto agli italiani i gusti musicali negli ultimi trent’anni. Gente che ad ogni nota sapeva cosa l’ascoltatore volesse sentire e come metterglielo giù in modo apprezzabile. Gli artisti che si sono cimentati nella compilation di Rockit, invece, giocano a non fare i provinciali, non vogliono essere né naif né popolari, e purtroppo non sanno cosa sia un produttore né hanno la minima idea di come mettere giù due suoni in modo accettabile. Motivo per cui, se gli 883 potevano infastidire per una certa tendenza ad essere troppo pop e troppo paraculi, ma in fondo erano onesti, gli odierni artisti emergenti giocano a sembrare ciò che non riescono ad essere, e risultano altamente irritanti e senza senso della misura.
Con un deca rifatta dai Cani e Nord sud ovest est riproposta dai Carpacho mostrano da subito l’insostenibilità della compilation: dove non possono arrivare le capacità interpretative, cerca di arrivare l’elettronica, sempre eccessiva, sempre dozzinale, sempre fine a se stessa e mai al servizio delle canzoni. Incomprensibile la scelta di ricorrere a campionamenti di A day in the life dei Beatles. I Selton cantano Come deve andare in italo-portoghese sul ritmo di Close to me dei Cure, altra scelta azzardata. Si salva Colapesce, che canta Gli anni, brano mitico dedicato alla malinconia di quei tempi ormai passati. L’elettronica è comunque sempre ridondante. Come mai (pregando per un synth) è un oscuro ma originale delirio di sintetizzatori a firma Amor fou feat AntiteQ. La Casa del mirto reinterpreta Una canzone d’amore in modo soffuso e radical chic con tanto di erre moscia. Nicolò Carnesi si salva cantando in modo abbastanza fedele all’originale Rotta per casa di dio. I Numero6 in carenza di idee tentano una versione western di Hanno ucciso l’uomo ragno. Segue poi un delirio di reggaeton con Sei un mito a cura degli Ex Otago, brano che riesce ad impressionare in negativo. La regola di D’Amico, a firma Macrobiotics, è un rifacimento rap del quasi omonimo brano. Continuando sul filone hip-hop c’è Ghemon che ripropone TPS e gli Amari con Non ci spezziamo. La regina del celebrità, nella versione house di Egokid, è in linea con la famosa discoteca citata nel titolo. Il Triangolo ripropone Nella notte con ritmo incalzante. Il brano soffre di una produzione particolarmente amatoriale. Su Weekend di Maria Antonietta è necessario premere assai rapidamente il tasto “skip”. Si passa quindi all’unica cosa davvero salvabile di tutta la compilation: Il grande incubo, dei Soviet soviet. La canzone che rappresenta il manifesto ideologico degli 883 è rifatta con un’elettronica così insistente e così eccessiva da coprire tutto il resto e risultare interessante, perché più che una cover è quasi un nuovo brano. C’è poi l’hardcore acustico di Girless & the orphan, che si divertono riproponendoci Senza averti qui. Anonima e trascurabile Bella vera rifatta dai Lava lava love. Aeroplano era un’allegra e commovente canzone che Max Pezzali aveva scritto per Caterina, una meteora degli anni ’90. Un brano che meritava di essere commemorato adeguatamente, ma purtroppo la versione dei Camillas è decisamente il momento peggiore di tutta la compilation. Un aborto musicale. Poi ci sono i News for lulu che con chitarra e cori da falò in spiaggia intonano Cumuli, un testo impegnativo ridotto a sguaiato post-sbronza. Chiusura con i Dimartino che cantano a cappella Nessun rimpianto. Uno scherzo, una provocazione?. Probabilmente sì, così come tutta la compilation.
Due deca odierni sono circa quattro deca del 1992. Da questa compilation si può trarre una dura morale: gli anni d’oro del grande Real non torneranno mai, neanche quadruplicando gli sforzi. Marco Maresca

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