15 aprile 2012

La sfida di continuare ad avere buon gusto - Good luck è il ritorno dei Giardini di Mirò


Il ritorno dei Giardini dei Mirò, dopo cinque anni di assenza dalle scene, è come un gioco di specchi.
Ootto brani delicati e leggeri come bolle di sapone.
L’inizio è affidato a Memories semplice acustica e malinconica. Malinconia che fa da punto focale di tutto il lavoro. Mentre con Spurious love tornano in primo piano gli arpeggi delle chitarre elettriche e un finale che non vorresti finisse mai, Ride è sicuramente il pezzo “indie” e movimentato dell’album con un cantato e un ritornello alla mente che riportano i migliori momenti degli Yuppie Flu.
There is a place è l’unico momento che provoca qualche sbadiglio, pezzo morbido e delicato ma che lascia poco nei suoi tre lunghi minuti, così come Rome salvata solo dalle impennate strumentali. Good Luck interamente strumentale è un delizioso viaggio post rock di grande pathos. E se Time on time pare poco più che un riempitivo, Flat heart society è il miglior finale che si potesse immaginare. Scura, sinistra da richiamare gli Ulan Bator di Tohu-bouh che si prepara a una coda strumentale dove melodia e potenza si incontrano splendidamente. Si può dire che Good luck pesca in tutto quello che è il post, lo showgaze, lo spacerock e lo fa discretamente anche se a tratti ci si perde un po’ dentro soprattutto dopo qualche ascolto. Ma è un disco che in fin dei conti funziona e funziona bene pur non essendo uno dei tasselli fondamentale della loro carriera è un momento di transizione verso un nuovo viaggio. Daniele Bertozzi

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