A
poco più di due anni dall’omonimo disco d’esordio che aveva segnalato la band
come una delle rivelazioni della scena indipendente italiana è uscito La
Giostra, seconda fatica della formazione novarese Il Disordine delle cose.
Registrato e mixato in Islanda a pochi
chilometri da Rejkjavik, presso il Sundlaugin Studio con l’ingegnerizzazione di
Birgir Jòn Birgisson, manager e fonico dei Sigur Ros, il disco risente
corposamente delle nordiche influenze, risultando nel complesso ombroso e
riflessivo. Il punto di forza, a mio avviso, è rappresentato dai morbidi
tappeti sonori che talvolta si dilatano diventando essi stessi racconto:
avvolgenti arrangiamenti costruiti con grazia e buon gusto soprattutto delle
tastiere di Luca Schiuma e dagli archi di Mattia Boschi (collaboratore di tanti
progetti musicali come Marta sui tubi, Luca Gemma e altri). Su questa base si
innestano in un meccanismo ben oliato la sezione ritmica, le chitarre e la voce
di Marco Manzella, molto maturata rispetto al disco d’esordio.
Proprio nel paragone con l’omonimo esordio va evidenziata la
crescita del Disordine, che ha costruito una dimensione più personale,
staccandosi dal cordone ombelicale delle tante collaborazioni che avevano un
po’ adombrato la portata comunicativa della band. Macinando date in giro per
l’Italia (oltre cento nel tour del primo disco) il gruppo ha saputo attingere
tanto agli amanti del cantautorato quanto ai “collezionisti” di gruppi
indipendenti. Ascoltando questo disco si coglie, senza ombra di dubbio, la
volontà di fare le cose per bene, investendo il giusto tempo (e probabilmente
non solo quello). Sono da apprezzare la scelta e l’utilizzo di
strumenti atipici, come l’armonium, i glockenspiel e i metallofoni che si
accostano alle forme della canzone rock d’autore più tradizionale. Tra i brani
più riusciti Marionette, un’azzeccata metafora della differenza tra come siamo,
come vorremmo essere e come appariamo, Sto ancora aspettando per l’arrangiamento
arioso e Vorrei, potrei dovrei di cui ho apprezzato l’efficacia del testo.
Roberto Conti
"morbidi tappeti sonori" su cui adagiarsi e fare la nanna! serviva andare in Islanda per una palla del genere?
RispondiEliminadolce notte
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