27 marzo 2013

Wavves: un disco punk che vola alto, senza paure

Torna dopo tre anni dall'ultimo full-lenght King of the Beach il duo di San Diego che risponde al nome di Wavves. Personalmente li ho conosciuti dopo uno split con i Trash Talk, e da quel momento mi sono deciso a seguirli in ogni loro passo.
Afraid of Heights penso sia il loro capitolo più rappresentativo ed accattivante. Non "l'album della maturità" come è di moda sostenere riferendosi a gruppi indie che dopo aver fatto anni a suonare nei centri sociali di spalla a gruppi punkrock si accorgono di essere passati di moda e si mettono a registrare un concept album su acconciature alla moda e vita libertina londinese spendendo migliaia di euro: penso che per gli Wavves il concetto di maturità non possa esistere. Devoti allo skate ed all'assiduo consumo di piante, Nathan e Stephen sono commoventi per coerenza e stile, riuscendo a dimostrare che ai loro deliri non ci sia mai fine.
Demon to lean on lo dismostra: un singolo da top chart sin dal primo giro di chitarra, semplice semplice, che sfocia in un ritornello che testimonia come gli Wavves abbiamo imparato a pieno le lezioni impartite da Get Up Kids e Weezer in ambito di atmosfere ed impatto. L'attitudine,
invece, rimane sempre quella viziata e nichlista di sempre: "Holding a gun to my hand, so send me an angel. Or bury me deeply instead, with demons to lean on". Non abbandonano per nulla la vena psicotica che contraddissinse i loro primi lavori e che esplose in Life suxx, ma ne aumentano la potenza grazie a chitarre più decise ed a ritmi più spiccatamente punkrock. Ne sono un esempio Mystic e Dog. Finalmente. Non che mi annoiassero pezzi come I wanna meet Dave Grohl, tutt'altro. Il fatto è che gli Wavves sono di San Diego, e da San Diego arrivano gli Unwritten Law ed i Locust, non dimentichiamocelo. Tornando a parlare di questo ultimo lavoro, in formato LP, Afraid of Heights, che ne dà il titolo, è testimonianza di ciò che ho specificato prima: gli Wavves non hanno cambiato stile, il loro modo di suonare garage e surf è diventato solamente un po' più punk. Per il resto, i loro interessi per gatti, stile di vita Hippie-Punk e clamorosi mullets rimane immutato."I'll always be on my own", recita l'ultima e straziantissima parte della canzone. Paranoid e Cop avrebbero potuto essere perfette per la colonna sonora di "Blow"; Beat me up è di chiara scuola Misfits o per lo meno East Coast; Everything is my fault strizza l'occhio a Leonard Cohen ed agli Stooges; Gimme a knife, con quel suo slang per "give me", è sicuramente una dedica ai Black Flag, che su "gimme" e coltelli incentrarono più di una riflessione e che, non dimentichiamoci,
abitavano solamente un po' più a nord (su scala americana ovviamente) rispetto a San Diego.
Rimanendo in ambito geografico, specifichiamo una cosa: usano ancora tantissimo le tastiere. Less punk? Non direi. A San Diego la tastiera suona diversamente che negli altri posti. Afraid of Heights è, in conclusione, sicuramente un gran disco. Eclettico, commovente, denso di richiami e di idee portate all'azione. Grandissimi Wavves. Andrea Vecchio

Nessun commento:

Posta un commento