19 marzo 2013

Collettivo Ginsberg, intervista alla band romagnola che svela il disco in uscita in autunno


Foto Silvia Bigi
Con il Collettivo Ginsberg l'Emilia Romagna si conferma terra ricca di talenti artistici. La band è al suo esordio discografico con l'EP De la Crudel di cui abbiamo dato conto recentemente.
Contaminazioni musicali che derivano dalle varie esperienze di ciascun componente del gruppo si amalgamano dando vita al sound che contraddistingue il Collettivo.
So che arrivate da esperienze diverse che sono poi confluite nel progetto Collettivo. Avete voglia di fare una breve presentazione della formazione?
Il progetto è stato fondato da chi risponde (Cristian Fanti – voce)  insieme ad Andrea Rocchi nel 2004. La formazione attuale (dal 2011) vede Alberto Bazzoli e Eugenioprimo Saragoni, entrambi di estrazione jazz, rispettivamente al pianoforte e alla batteria; Gabriele Laghi, contrabbassista viene da esperienze folk/buskers; Federico Visi è sicuramente l'elemento più “moderno” del gruppo, al confine con l'elettronica.

Soprattutto in Mars'sailors ho avvertito la presenza sciamanica di Morrison accompagnato dal fido Manzarek. Quanto c'è dei Doors nella navigazione psichedelica e blues del Collettivo?
C'è tanto, non a caso ho scelto un tastierista che somigli a Manzarek! Scherzi a parte, sono sicuramente un punto fermo nei nostri riferimenti. Nonostante questo, cerchiamo sempre di andare oltre a qualsiasi revival, poiché gli accostamenti possono essere tanti, non vorremmo essere etichettati come “quelli che...”. Diciamo che più somiglianze ci accorgiamo di avere con qualsivoglia artista, più cerchiamo di stravolgerle facendole nostre.

Potreste spiegare come nascono i vostri testi e in particolare quanto conta  in tale contesto la poesia beat e la tecnica del cut-up a cui vi ispirate?
I testi nascono sempre in maniera molto spontanea. Non esiste un metodo collaudato. Una volta arriva prima il testo, l'altra magari la musica. Mi lascio influenzare ed ispirare da qualsiasi cosa scritta o udita, non pianto paletti che delimitano un raggio d'azione. Capita spesso che leggendo una frase, un aggettivo, una serie di immagini sfiori una certa sensibilità del momento. Trascrivo tutto, o quasi, in vari taccuini. La poesia beat non ricopre in realtà un ruolo privilegiato nella nostra “discarica della memoria”, né il cut-up è la tecnica usata per ogni singolo testo. Diciamo che è tutta questione di attitudine... beat per l'appunto. Sicuramente Borroughs e la sua teoria  non hanno fatto altro che legittimare l'idea che già covavo da tempo per cui l'uso del cut-up potesse dare quel qualcosa in più. Si cerca come ladri da sgabuzzino la frase adatta (un “furto ispirato e devoto” volendo citare W.B.), che poi verrà masticata, digerita e modellata come in un mosaico in mezzo ad altre parti originali. I nostri testi quindi  risultano essere dei veri e propri collage in cui il confine tra arte propria ed arte rubata è sempre molto molto sottile.

Cos'è esattamente il Collettivo? Un circolo letterario/musicale alla Ferlinghetti o cos'altro?
Niente di tutto questo. Siamo principalmente una band formata da cinque persone che hanno come istinto primordiale quello di fare musica. Credo che quando un cervello è solo tutto va perduto, ma se intorno ci sono altri cervelli vivi, tutti insieme traggono vantaggio dal pensiero di ognuno, distribuendo sapere e genialità intorno.

Cos'è la rivoluzione del Collettivo?
Non c'è una rivoluzione. Stiamo solo cercando di riassemblare senza le istruzioni di montaggio (volontariamente!?!) ciò che è esploso ieri e oggi... e domani.

Curtel! La terza lingua usata nel vostro EP è il dialetto romagnolo. Scelta geniale nella sua semplicità. Come nasce Curtel?
Il testo è una magnifica poesia del poeta dialettale Raffaello Baldini che si intitola E curtel (Il coltello) e racconta della scannatura del maiale con la prospettiva di dialogo anziano/giovane. Un testo tanto ricco quanto breve; volevo interpretare la mia terra e mi sembrava un'occasione unica poter interpretare questa poesia. La scelta del dialetto è stata una scelta obbligata ma non forzata, poiché sarebbe stato ridicolo anche solo il pensiero di affrontarne una traduzione senza perdere la forza del linguaggio originale. Inoltre il rito dell'uccisione del maiale è una cosa che mi ha sempre affascinato. Fa parte di quella cerchia di riti che si tramanderanno sempre, tanto sono intrecciati con la vita delle persone. Devo dire che abbiamo assistito un paio di anni fa ad una giornata di  scannatura riprendendo tutto (immagini che poi sono finite nel teaser di lancio di De La Crudel) e l'aggettivo che mi verrebbe da usare se dovessi descrivere l'intero processo è: rispetto e devozione.

Nei vostri pezzi c'è molto di onirico con evidenti richiami al passato. Spesso band anni '60 cercavano l'onirico con sperimentazioni allucinogene. Cos'è l'onirico per il Collettivo? E come si sviluppa?
Mi vien da pensare che sta tutto nella differenza tra il sognare di morire e il morire davvero. L'onirico è il limite della co(no)scienza, è il non distinguere tra la veglia e il sonno. Nella parte onirica della vita si manifestano i demoni della notte, gli stessi demoni che in 8 e mezzo di Fellini facevano muovere gli occhi dei dipinti degli antenati, subito scacciati dalle filastrocche apotropaiche dei bambini. Mi piace pensare che le nostre canzoni possano avere la stessa influenza magica delle filastrocche dei bambini. Il canto di un primitivo attorno al fuoco.

Sebbene fortunatamente  vi siano sempre più tendenze contrarie, viviamo un tempo in cui viene data troppa importanza all'immagine e poco o niente ai contenuti (la chirurgia estetica che spopola ne è un sintomo). Cosa pensate di questo?
E' un cancro! Pasolini lo diceva già  cinquant'anni fa circa. E la colpa è sia di chi fa, tanto quanto fi chi fruisce. Miles Davis faceva una bella distinzione sul modo di fare arte: “enlightenment o entertainment”. Eloquente direi.

Come nasce l'idea del pezzo Il Presente?
Ecco, Il Presente è un bell'esempio di cut-up. Riguardo al testo, il ritornello e la prima strofa appartengono al Laudario di Cortona (metà del XIII secolo, Opera: De La Crudel Morte de Cristo), mentre la seconda e la terza strofa sono un collage di parti originali ed altre parti, nello specifico derivanti dalle opere di Henry Miller. Il gioco “il presente è” - “il passato è” vuole essere un omaggio al Lucio Dalla della canzone Passato, Presente. In pratica abbiamo operato nello stesso modo anche a livello di arrangiamento: cavalcando l'aria originale della Laude nel ritornello, abbiamo lavorato sull'armonia delle varie strofe fondendo la partitura della Laude con un po' di balkan-no wave-post punk-post everything...tutto questo per esprimere il nostro punto di vista sul presente.

Sera lascia fluire le emozioni attraverso un'interpretazione fascinosa. Un gioco o è tutto vero?
E' tutto tragicamente vero! E' una canzone d'amore, di un amore tenero, coraggioso, contraccambiato, ma pieno di dubbi e incertezze. E' una canzone che parla di un amore tra due persone dello stesso sesso. Devo dire che non è (volutamente) molto esplicita la cosa, ma gli ultimi versi ripetuti come una nenia “chissà cosa pensa la gente” fanno ben trapelare questo senso di tensione e angoscia. E' assurdo che oggi ci sia ancora questa omofobia. Comprensibile e assurdo al tempo stesso (inoltre le organizzazione religiose di certo non aiutano nel districare questo secolare nodo). Serve decisamente una forte presa di coscienza da parte della gente. Abbiamo voluto dare un piccolo contributo alla causa con questo pezzo, senza troppo pretese, semplicemente raccontando.

Secondo voi è lecito scendere a compromessi per raggiungere un obiettivo o è meglio perseguirlo senza rinunciare a se stessi e ai propri principi?
Mi stai chiedendo se davanti ad un assegno in bianco potrei avere qualche dubbio riguardo alle scelte artistiche del futuro? Certo che l'avrei! Non mi fido di chi non cambia mai idea, ma nemmeno di quelli che saltano come grilli da una sponda all'altra del fosso. Credo che l'equilibrio sia la cosa migliore. Tre di noi lavorano, gli altri due studiano. Non accendiamo sigari con banconote da cinquanta. Credo che scendere a patti sia inevitabile, nella musica come nella vita, la differenza sta nel saper contrattare. Una cosa è svendere la propria arte fregandosene quindi di fare Arte, una cosa invece è aver gli occhi ben saldi sull'obiettivo da raggiungere e saper valutare se e quali scelte possano essere utili per il conseguimento di tale scopo. Sarò impopolare, ma non mi trovo poi così tanto in disaccordo con la frase “il fine giustifica i mezzi”.. Dipende dal fine! Non so, non siamo più negli anni '60 e forse non ci siamo mai stati. Tutti gli ideali di un tempo sono andati a farsi friggere, oggi la concorrenza è talmente tanta e si è tutti così spietati che le occasioni sono salsicce in una piscina di squali. Quello che mi auguro è poter campare di musica, facendo buona musica (qualcosa che si avvicini più alla Cappella Sistina che allo studio di Amici di Maria, non so se mi spiego) e che ogni nuovo lavoro possa essere sempre un passo avanti rispetto ai precedenti.

La musica in Italia è ancora poco considerata a livello culturale o secondo voi si sta muovendo qualcosa?
Sicuramente c'è fermento, ma si fatica ancora a considerarla Cultura. O per lo meno lo si fa solo con determinati generi musicali. Sussiste tuttora un certo sentimento ostile alle novità e proliferano, purtroppo, i cloni dei cloni. Chiaro che ogni segmento ha una storia a sé ed ogni artista va rispettato, ma noto una mancanza di coraggio in generale. Sarà che il successo si raggiunge tanto difficilmente che una volta a bordo si cerca di navigare il più a lungo possibile .Sommandovi anche il poco sostegno alla musica intesa come disciplina, è chiaro che le cose si complicano notevolmente. C'è tanto, ma pochi realmente sperimentano e ricercano anche solo per ciò che concerne il loro triangolino di terra.

Alla fine dell'ultimo pezzo dell'Ep sono rimasta ad aspettare... Avrei voluto ascoltarne ancora. State preparando nuovi pezzi? Un album?
L'album uscirà in autunno, stiamo lavorando affinchè tutto fili liscio. Si intitolerà Asa Nisi Masa e ci piace definirlo un concept sull'animo umano e i suoi demoni.

Per quanto riguarda i Live ci sono date in vista?
Siamo in attesa di alcune conferme. Non è un buon periodo, la crisi c'è e si sente tutta, ma arriveranno diverse date tra la primavera e l'estate per poi partire con il tour di presentazione di Asa Nisi Masa in inverno. Invitiamo i gentili lettori a seguirci sul sito web per maggiori dettagli.

Nel momento in cui parliamo siamo a quota Papa eletto, Presidente di Camera e Senato eletti. Manca governo ed elezioni del Presidente della Repubblica. Qual è la cosa più importante che andrebbe fatta subito secondo il Collettivo?
Restituire dignità e speranza alla gente!

Intervista di Alessandra Terrone

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