27 marzo 2013

Il nuovo dei Depeche tra synth e derive intime


Come non parlare del nuovo lavoro dei Depeche Mode, Delta machine. Il gruppo torna dopo 4 anni dall'ultima pubblicazione Sounds of the Universe, con una sonorità più vicina al blues. Un cambio di rotta che il tastierista e chitarrista Martin Gore spiega così: "E' stata una bella sfida, volevo che i brani avessero un sound molto moderno. Questo disco ha qualcosa di magico".
In realtà l'evoluzione sonora c'è, ma non sconvolge: la musica dei Depeche si è evoluta negli anni, dal synth-pop al pop-rock e alla new-wave fino a diventare il gruppo di riferimento e di maggior successo della musica elettronica. Una delle band più importanti dell'ultimo trentennio che ha ispirato ed ispira da sempre tanti altri artisti che propongono musica elettronica e non solo. La carica di energia scorre nelle vene di Dave Gahan e compagni senza pensare agli anni che passano e che sembrano non pesare sulla loro musica. 
Delta Machine è il loro tredicesimo disco (inteso come studio album), si apre con Welcome to my world. Un inizio un po' silenzioso, diverso, di stampo melodico e in un certo senso perfino fuorviante rispetto a ciò che ci si aspetta da loro, ma si passa subito a Angel -uno dei singoli scelti per la promozione del disco- che non delude le aspettative col suo blues elettronico.
Tredicesimo l'album, tredici i brani. Tra questi Heaven -l'altro singolo che anticipava l'album- entrata già nella testa e sentita più volte senza stancarmi con le sue voci ben sovrapposte.
Ancora Broken che mi rimanda ad altri dischi del gruppo, Secret to the end nella migliore tradizione elettro dei Depeche, ma anche Alone che con la sua lentezza crea un certo equilibrio.
In The child inside Dave, come spesso accade,  usa la sua voce quasi come un supplemento della strumentazione elettronica. D'altronde la sua è una delle voci più particolari che arrivano dagli Anni Ottanta. 
La band si congeda con Goodbye riprendendo un po' il brano d'apertura, salutando dopo il viaggio insieme nel loro piccolo universo (My little universe).
A dispetto della poca considerazione ricevuta negli Anni Ottanta da parte di pubblico e critica, presi da altre band poi scomparse, Dave e i suoi hanno continuato a creare e migliorare la loro musica e il tempo ha dato loro ragione. Tra gli artisti o pseudo-tali del periodo, i Depeche (a parte qualche rara eccezione) possono essere considerati band di riferimento sempre al passo coi tempi se non un passo più avanti rispetto ad altri. E a onor di cronaca dobbiamo anche ricordare che il gruppo si è sempre distinto nei live dove riesce a portare tutto di sé, incluso quel carisma che nei dischi difficilmente traspare. A breve inizierà un tour in tutto il mondo, che continuerà fino alla seconda metà del 2014. E’ ovviamente prevista l’apparizione live anche in terra italiana. Due date – il 18 e 20 luglio – a Roma e Milano, per gustarsi sicuramente uno spettacolo diverso, dove ovviamente non mancheranno anche le storiche hit che hanno coronato la carriera della band.
In conclusione un giudizio su questo disco, ideale per tutti coloro che amano la musica elettronica, ma anche per quelli che non la amano particolarmente. Alessandra Terrone

1 commento: