I Ved sono svedesi e rilasciano per l'ambiziosa Adrian Recordings un omonimo disco che, di primo acchito, si presenta interessante, essendo presentato in un formato, il cd digipak, che almeno per quanto riguarda le mie esperienze ha sempre portato soddisfazioni. É un digipak maledettamente incompleto, però: mancano riferimenti, manca il "ripieno" del cartonato, mancano le fodere interne tipiche del digipak, mancano i foglietti svolazzanti, manca la poesia. É come trovarsi davanti ad un panino falafel senza i falafel, insomma.
Decido di affrontare l'ascolto di questo Ved comunque senza pregiudizi iniziali. É un lavoro strumentale, suonato molto bene. Purtroppo manca di originalità, assumendo ben presto le sembianze di uno zibaldone psichedelico degno di una qualsiasi colonna sonora adattabile ad un qualsiasi road movie moderno, e puntualizzo che detesto qualsiasi road movie.
Ci sono troppi bassi, troppe atmosfere anni '70, troppi rimandi calypso e troppi ammiccamenti ai Sigur Ròs, gruppo che da sempre considero uno dei più sopravvalutati. Ogni pezzo è inconcludente e, giuro, riesco ad arrivare alla fine solamente di Den Egene Spegelbild e Gershwin's Pipe, gli unici brani realmente originali e composti con devozione ed attaccamento, grazie soprattutto ad un mix musicale e ritmico abbastanza azzeccato di riprese, scivoloni e suspense. Per il resto, spiccano esclusivamente giri di basso troppo ridondanti, suggestioni di Samba e nulla di più.
Evergreens: parliatmone. Un ritmo dubstep incastrato nella sigla di Le strade di San Francisco.
In sostanza, Ved è un disco incompiuto sin dal primo ascolto e dal primo sguardo, tornando a parlare di formato. Ha le potenzialità per essere un lavoro veramente originale e fuori dai binari rispetto a tutta l'indecenza musicale che gira al giorno d'oggi in Europa, ma si perde in un bicchier d'acqua senza nemmeno sforzarsi nel trovare una giustificazione alla sua incomunicabilità.
Ecco, ho trovato il termine giusto, finalmente: incomunicabilità. I Ved come i Sigur Ròs. Andrea Vecchio
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