In Italia volte per scoprire rock d’autore di pregevole
fattura bisogna rivolgersi alle etichette indie. E’ il caso dei genovesi Numero 6 che, sulle scene da anni ogni tanto tornano a battere un colpo, e che bel colpo è l'ultimo Dio c'è. Un album
dal titolo accattivante in cui disagio giovanile, sarcasmo sui giorni della
crisi e storie di vita abitudinaria sono la trama di un lavoro di un gruppo che
in questo modo si presenta con un aspetto piuttosto interessante.
Dal punto di vista musicale ci sono molti richiami ai primi
R.E.M. e ai Wilco (Scappa via, Crash e il singolo Fa ridere), senza
tralasciare recenti idoli nostrani come i Negramaro (66) e soprattutto i
Baustelle (come ben si percepisce nella cruda Donatore di coglioni). Si
tratta di un pop-rock fresco e diretto accompagnato da testi cinici e critici,
nei quali l’inquietudine giovanile subentra ad un apparente disimpegno.
Per questo la band di Michele Mezzala Bitossi somiglia molto
a quella di Francesco Bianconi, gli illustri Baustelle per l’appunto. Nella loro
poesia sincera e pagana, i Numero 6 esprimono il loro nichilismo nei confronti
di un mondo fin troppo “bastardo”. Il nichilismo da un lato si tramuta in
ironia (Dio c’è, la Zen Circus-iana A chi è infallibile) e dall’altro in rassegnazione
(La vita sbrana e Mi arrendo).
Ma sono tutti temi, stati d’animo, che non
possono lasciare indifferenti. L’inquietudine giovanile di Dio c’è si traduce
in musica di ottima fattura, tra indie di valore (Wilco, Maximo Park e Pixies,
giusto per fare qualche esempio) e nuove idee cantautorali italiane (Baustelle,
Brunori Sas e Zen Circus). E in un momento storico come questo, in cui il rock
italiano regala poche emozioni, è una bella fortuna aver trovato nuovi
idealisti come i Numero 6. Marco Pagliari
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