19 ottobre 2012

I locali al tempo della crisi: il caso dell'Officina Belushi di Viterbo


In Italia i locali che offrono settimanalmente una programmazione live di qualità si contano sulla punta delle dita. Molto spesso, strano a dirsi, non si trovano a Milano o a Roma, ma in provincia. Si tratta di un sottobosco di spazi ricreativi dalle mille denominazioni sociali. La maggior parte delle volte sono circoli Arci. Uno di questi, fino all'altroieri, era l'Officina Belushi di Viterbo. Sabato 13 ottobre, con il concerto dei 99 Posse, doveva iniziare una stagione anticrisi, fatta soltanto di concerti di qualità, con biglietti a prezzo stracciato. E invece l'avventura finisce qua. "Siamo già stanchi di una stagione che, iniziata con il concerto dei 99 Posse, prevedeva qualche bella novità che avrebbe senza dubbio dato agli amanti dei live la possibilità di ascoltarli senza fare centinaia di chilometri, come spesso si è costretti a fare", ha dichiarato Andrea Cutigni, ultimo gestore del locale. I motivi di questa stanchezza non è dato saperli, ma trattandosi purtroppo di una situazione comune a molti altri locali italiani, possiamo partire dall'Officina Belushi per fare qualche considerazione sullo stato della musica dal vivo. Innanzitutto, in questo caso si trattava di un locale con un bacino d'utenza che andava dalla Toscana a tutto il Lazio, compreso chi si spostava dalla capitale per recarsi a Viterbo a vedere i gruppi suonare. Se un locale del genere non riesce a sopravvivere nemmeno con una programmazione di qualità, significa o che ai concerti non ci va più nessuno, o che le spese di gestione sono troppo alte, o entrambe le cose. Il primo punto, analizzato nel dettaglio, ci porta ad un'amara constatazione: la scarsa propensione del pubblico a pagare per partecipare ai concerti degli artisti non di punta. E in questa definizione rientrano, evidentemente, anche i 99 Posse, che anni fa per un circolo Arci potevano essere considerati un evento importante, il cui ricavato poteva servire per dare la possibilità di salire sul palco ad artisti locali ed emergenti. Ma se ormai non si ricava niente neanche così, si preannunciano tempi molto grigi per gli artisti emergenti che hanno bisogno di approcciarsi il più possibile al palco. E la responsabilità, qui, senza stare a tirare in ballo concetti metafisici, va direttamente al pubblico. Quest'ultimo ha certamente l'attenuante di essere stato educato male da una cultura radiofonica e televisiva che impone alcuni fenomeni di massa e non allena l'ascoltatore a ricercare la qualità. Ma spendere mediamente dai cinque ai dodici euro per entrare in un locale dove si ascolta musica e si balla (e nell'entrata è spesso inclusa anche una consumazione) dovrebbe essere fattibile anche in tempi di crisi, senza troppi rimorsi o privazioni. Questa riflessione è collegata direttamente, però, al secondo punto: i costi di gestione troppo alti. “Nel camerino riservato agli artisti del locale ho trovato una scritta: ‘chi lotta può perdere, chi non lotta ha già perso’. Credo che il motivo della nostra scelta sia tutto qui: non abbiamo più la voglia di lottare. E’ passata, o forse ci è stata fatta passare”, continua Cutigni. Ultimamente va di moda dare la colpa ad un qualche ente impalpabile ed innominabile che si diverte a far chiudere i pubblici esercizi. E non si possono certo biasimare i gestori. Ma forse tutto ciò va visto in un'altra ottica: la scarsa lungimiranza di chi in Italia lavora nel settore dell'intrattenimento. Per quanto riguarda i grandi eventi, ad esempio, è risaputo che ormai si guadagna solo con gli U2 e Vasco. E' una semplificazione, ovviamente, ma il concetto, riportato in piccolo, significa che i locali con i gruppi cover degli U2 o di Vasco guadagnano bene. Gli altri, quelli che hanno il coraggio di sostenere gli artisti emergenti di qualità e non solo i gruppi cover, difficilmente incassano. Devono sobbarcarsi costi di gestione alti, perché l'organizzazione di un live è impegnativa, e non ottengono gratificazioni né di incasso, né di pubblico. E quando si trovano costretti a chiudere rimane comunque un po' di amarezza, perché si è persa un'occasione di fare qualcosa di bello. “Spero - conclude Cutigni – che altri appassionati di musica dal vivo abbiano la volontà di organizzare concerti, rassegne, facendo collaborazioni con altre iniziative. Soprattutto perché la provincia è piena di band che, sopratutto d’inverno, non hanno tante opportunità per suonare. Ed è piena anche di ragazzi che adorano ascoltare musica dal vivo”. Qualcuno dovrà sobbarcarsi questo compito, quindi, per una sorta di dovere morale, e a quanto pare non sarà un imprenditore. Probabilmente sarà una qualche associazione che non si capisce bene da dove possa tirar fuori i soldi. In un simile contesto è chiaro che non può esserci una proposta musicale di qualità e che un gestore preferisce chiudere un locale dal vivo ed aprire un pub o un locale specializzato in aperitivi, o comunque qualcosa che con gli stessi soldi di un live e di una bevuta ti offra abbondantemente da mangiare, l'unica cosa della quale gli italiani di qualsiasi età subiscono sempre l'appeal, anche in tempi di crisi. Marco Maresca

3 commenti:

  1. Per completezza, e a parziale correzione di quanto scritto nell'articolo, mi preme comunicare che, a quanto riportato sul sito "Tusciaweb", il principale motivo della chiusura dell'Officina, come da intervista al gestore, è stato la presenza di Forze dell'Ordine durante il concerto dei 99 Posse, ritenuta quantomeno eccessiva per il tipo d'evento, quasi a voler scoraggiare l'attività sul palco da parte di artisti dichiaratamente schierati politicamente. Rimane il discorso generale che ho scritto nell'articolo, e come riflessione possiamo aggiungere che i circoli Arci incontrano quotidianamente difficoltà a rimanere aperti, a volte proprio per l'opposizione "politica" che si genera. Questa si esprime spesso con un dispiegamento di forze ingiustificato ed eccessivo, atto a reprimere i centri di aggregazione invece che a tutelarli.

    Marco Maresca

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  2. Caro Marco, leggo solo ora questo tuo articolo che disegna in modo perfetto il quadro della situazione. Hai centrato il problema perfettamente e in modo molto realistico senza sbagliare nessuna delle considerazioni. Anche se, e nella tua successiva correzione si capisce meglio , la verità della nostra decisione e un po lontana dal solo mancato guadagno. Aggiungo che subito dopo, 4 mesi circa, aver preso la guida di Officina lasciai l'Arci per passare ad un'altra affiliazione, ma il problema, quel problema li, e rimasto. Non è servito nemmeno fare collaborazioni con moltissime altre iziative o organizzare eventi per band che di politico o schierato non hanno nulla. Niente da fare, meglio reprimere come dici te, in modo da evitare che il problema perduri.

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  3. Peccato perché l'Officina era davvero un bel locale, io sono di Novara eppure quando mi trovavo nel Lazio per qualche motivo, un giro all'Officina lo facevo sempre... E ho visto bellissimi concerti lì, ultimo dei quali il concerto dei Prophilax qualche mese fa! Serata memorabile... Però questo problema "politico" lo conosco molto bene, c'è anche da noi... E mi spiace perché stavate facendo un ottimo lavoro... Io mi auguro innanzitutto che qualcuno riprenda in mano l'Officina e poi anche a te personalmente visto che lavori bene, auguro maggiore fortuna in futuro se deciderai di andare avanti su questa strada...

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