13 novembre 2013

La nevicata dell'85 ci propongono Secolo, disco complesso ed evocativo

Coinvolgenti! e potrei terminare così... con quello che "di pancia" sto pensando dopo l'ennesimo ascolto di questo cd. Sto parlando di Secolo, nuovo lavoro del terzetto formato da Ivan Cortesi, Andrea Ardigò e Davide Marra avvero La Nevicata dell'85. 
Attivi dal 2009, i tre ragazzi di Bergamo descrivono con la loro musica quello scenario metropolitano del quale chiunque è così assuefatto nel proprio quotidiano da ridestarsi immediatamente all'ascolto delle parole di Ivan, a tratti una lettura, a tratti una denuncia, più spesso uno sfogo pieno di rancore.
Le otto tracce dell'album si aprono con Attuale, ritmiche dilatate predominano insieme all'arpeggiato di chitarra, la voce accarezza l'orecchio, poi il sogno s'interrompe e "...ritorno all'attuale". A quel punto emerge con l'intensità di un diretto al volto tutta la cattiveria della band: chitarre cariche di fuzz, ritmica incalzante ed urlato tagliente, claustrofobico. Caratteristica del prodotto e marchio di fabbrica della formazione sono infatti i cambi repentini di dinamica, sapientemente utilizzati per scandire in maniera egregia storie sempre cariche d'intensità.
L'animo post rock fa capolino in tutti gli episodi di questo bell'album, ma piacevoli sono anche le divagazioni noise e decisamente più stoner-oriented come Diorama dove suoni cupi e distorti ci riportano a sonorità molto care ad esempio ai primissimi Verdena.
Leggendo la biografia del gruppo scopriamo che inizialmente il progetto non prevedeva il cantato e, anche in quest'album, troviamo un paio di pezzi totalmente strumentali: Frammenti e Terra che attendo nei quali l'ostinazione delle chitarre fa da protagonista, riuscendo ad essere all'occorrenza ipnotica o a caricare il brano della giusta tensione, prima delle già citate esplosioni finali.
In sostanza un lavoro maturo, che definire solo coinvolgente è riduttivo. Buona la produzione e molto apprezzabile la scelta dei bilanciamenti fra i vari suoni. Menzione a parte per la voce, che ci ha colpito per l'intensità dei testi e l'interpretazione, riuscendo a condurre dolcemente la parte strumentale o anche ad opporsi ad essa, sapendo ricreare una drammaticità sconvolgente. Fabrizio Brunazzi

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