5 novembre 2013

Il tour europeo dei Pixies ha fatto tappa a Milano - LIVE REPORT

Spiegare l'importanza storica dei Pixies è inutile: chi li conosce sa che da questa band bostoniana degli anni '80 è nato praticamente tutto. Chi non li conosce non potrà mai capire il perché di un sold out di queste proporzioni, per un concerto di musica non di massa. Mai si è vista prima di oggi una simile calca per entrare all'Alcatraz, il tempio milanese della musica rock, la cui acustica ultimamente sembra leggermente migliorata. Durante l'interminabile coda per entrare, si nota subito un dato anomalo: le lingue maggiormente parlate sono lo spagnolo e l'inglese. Il tour europeo dei Pixies non è ricco di date e c'è quindi chi arriva dall'estero. Questo è sicuramente un ottimo dato per Milano come sede di eventi culturali, oltre che un'ottima vetrina per l'Alcatraz, ma rende l'idea di come gli italiani snobbino un certo genere di eventi.
Si inizia prestino, prima delle 21:30, e quando la band entra sul palco gli occhi di tutti sono puntati sulla sostituta di Kim Deal: un'altra Kim, che di cognome fa Shattuck, e che gli appassionati di punk rock ricorderanno come cantante dei The Muffs. Notevole il suo look, quasi da personaggio di film di Tim Burton, specialmente se confrontato con lo stile sobrio e ordinario dei restanti membri del gruppo. Kim Shattuck non è Kim Deal ma ha una sua propria identità, e questo è bene. Passando alla musica, i Pixies hanno suonato in totale trentacinque canzoni, che sembrano tantissime ma il numero non deve ingannare: spesso sono brani da due minuti ciascuno, oltretutto accelerati o parzialmente tagliati nella versione live. C'è un brano nuovo, Blue eyed Hexe, e dall'ultimo EP ne sono stati pescati tre. C'è da dire che la band ha mostrato una cura maggiore per le canzoni nuove, con volumi appositamente alzati per ovviare alla prevedibile scarsa partecipazione del pubblico. La platea era infatti tanto partecipe durante i brani più conosciuti quanto fredda nei confronti di quelli più freschi. Una reazione prevedibile, sì, ma non giustificabile, innanzitutto perché le nuove canzoni girano parecchio su internet e a tutti è dato ascoltarle. Basta volerlo. E poi perché sono meritevoli: specialmente Indie Cindy, che rende bene anche dal vivo, ma anche What goes boom, una bella botta di energia con la quale il pubblico avrebbe tutto il diritto di scatenarsi. C'era anche Bagboy, il pezzo con cui i Pixies sono tornati alla ribalta prima dell'EP, ma nonostante le basi registrate non ha reso troppo bene dal vivo. Quattro gli omaggi ad altri artisti celebri: Winterlong di Neil Young, Big new Prinz dei The Fall in coppia con Head on di The Jesus and Mary chain (quest'ultima già presente nell'album del '91 Trompe le monde) e In heaven, brano concepito dal grande David Lynch per la colonna sonora di Eraserhead, suonato dai Pixies durante il bis. E poi tutti i pezzi più famosi, tra cui la finale Where is my mind?, che tutti conoscono poiché inserita nella colonna sonora di Fight club (anche se è un peccato che i Pixies vengano spesso accostati solo a quella canzone). Rimane comunque, a parte qualche eccezione, un concerto per gli addetti ai lavori. Una festa per chi può esaltarsi con le urla di Black Francis e il noise chitarristico di Joey Santiago. Chitarrista spesso sottovalutato, quest'ultimo, e che su disco rischia di lasciare indifferenti. Ma dal vivo è tutta un'altra storia. Vamos, ad esempio, è inaspettatamente il pezzo migliore della scaletta, con Santiago che si diverte a far produrre alla sua chitarra qualsiasi genere di rumore (con una consapevolezza enorme nella scelta del sound) con grande divertimento del pubblico delle prime file. Una chitarra che impressiona, in modo tanto autentico quanto inatteso, e che merita di essere ricordata come una delle cose migliori del concerto. Così come le precisissime fermate e ripartenze del batterista David Lovering, vero marchio di fabbrica della band, che costringono il pubblico a scatenarsi fermandosi però prontamente al momento giusto, ma per fortuna chi ascolta i Pixies da più di vent'anni conosce a memoria ogni singolo stacco di batteria. Insomma un concerto divertente, che rende onore ad una delle band storicamente più importanti, la cui narrazione si chiude con una personale considerazione: se abitate nell'hinterland di Milano e volete seguire un concerto all'Alcatraz, prendete il treno. La stazione di Lancetti è vicinissima al luogo dell'evento, i treni sono estremamente frequenti, e i concerti sono programmati in modo da finire presto. Anche perché è risaputo che a porte chiuse, durante il concerto, le macchine parcheggiate nelle vicinanze del locale vengono spesso scassinate e derubate. Grossa pecca ancora da risolvere per un locale che ormai nella sua programmazione raccoglie consensi internazionali. Marco Maresca


Tracklist:
  1. Caribou 
  2. Monkey gone to heaven 
  3. Velouria 
  4. Havalina 
  5. Vamos 
  6. Here comes your man 
  7. Bagboy 
  8. River Euphrates 
  9. Crackity Jones 
  10. Something against you 
  11. Distance equals rate times time 
  12. Wave of mutilation 
  13. Winterlong - cover di Neil Young
  14. Cactus 
  15. Nimrod's son 
  16. Indie Cindy 
  17. Ed is dead 
  18. Brick is red 
  19. Break my body 
  20. Bone machine 
  21. What goes boom 
  22. I've been tired 
  23. Blue eyed Hexe 
  24. Broken face 
  25. Isla de encanta 
  26. Tame 
  27. Hey 
  28. Big new Prinz - cover dei The Fall
  29. Head on - cover di The Jesus and Mary chain
  30. Gouge away 
  31. Debaser
Bis:

  1. Motorway to Roswell
  2. In Heaven (lady in the radiator song) - cover di David Lynch
  3. Andro queen
  4. Where is my Mind? 

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