19 novembre 2013

Il ritorno di Umberto Palazzo con Il Santo niente si chiama Mare tranquillitatis

E' facile rifugiarsi nei fasti di un passato in cui si era "qualcosa" e goderne i riflessi anche nel presente. E' cercando di evitare questo fantasma che mi appresto a recensire Mare tranquillitatis (Twelve record), ultimo lavoro del Santo niente, il ventennale progetto di Umberto Palazzo (unico superstite della band iniziale) affiancato per questa ultima fatica discografica da Lorenzo Conti (chitarre), Tonino Bosco (basso) e Federico Sergente (batteria), più la presenza del sax elettrico di Sergio Pomante. 
Palazzo prosegue un percorso artistico variegato che lo ha visto alternarsi (malignamente anche il termine riciclarsi potrebbe essere adatto, ndr) in diversi ruoli, oltre a musicista in vari progetti (tra cui i primissimi Massimo Volume) è stato gestore di locali, organizzatore di concerti, dj, produttore, fonico, insegnante al conservatorio, direttore di produzione, backliner, nonchè promotore di una campagna contro la Siae a favore dei gruppi indipendenti. Come se non bastasse è un seguìto commentatore sul web, forse un po' rosicone, della scena musicale italiana e internazionale. Ha il pregio e il difetto di non tenere la bocca chiusa. 

Questa lunga premessa mi serve per dire che, ascoltate le prime tracce del disco, consiglierei ad Umberto Palazzo di dedicarsi ad altro, di appendere la chitarra al chiodo, lasciando la musica suonata a chi avesse qualcosa di nuovo da dire. Mare tranquillitatis inizia infatti nel peggiore dei modi, con un brano obsoleto e noioso come Cristo nel cemento. Non molto meglio la seconda traccia, l'evitabile (così come il video) ed ammiccante Le ragazze italiane: "le ragazze italiane si infilano le dita dentro le mutandine" è un verso che poteva veramente necessitare di una metaforica perifrasi. 
Mi tornano in mente allora due spettacoli mesti, un concerto di Palazzo a Milano, per presentare il suo progetto solista e un djset in quel di Pescara, nel quale avrei sperato in qualcosa di più stimolante di quanto ascoltato in una discoteca istriana ad inizio Anni Novanta... 
E invece, quando le migliori speranze sembravano ormai accantonate, l'album (40 minuti per sole sei tracce) migliora di colpo: Un certo tipo di problema sembra un po' troppo una lettura tratta da "L'Ultimo Dio" di Clementi, ma è un brano delizioso e convincente dove il testo declamato si fonde alla perfezione con un impasto sonoro non troppo ricercato. Segue Maria Callas, un brano romantico e struggente dedicato ad un travestito che si faceva chiamare come la nota cantante lirica. Primo sangue con i suoi undici minuti mi procura un certo piacere, con il suo racconto adolescenziale che sfocia nella psichedelia. Ancora sperimentazioni nella "rumorosa" chiusura, affidata a Sabato Simon Rodia.
Mare tranquillitatis dopo più ascolti si conferma un disco complesso e ragionato. Vale la pena ascoltarlo e fare i complimenti a Palazzo che instancabile continua a raccontarci in musica quello che vede. Roberto Conti 

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