Uross è il moniker che fin dal
2007 il cantautore pugliese Giuseppe Giannuzzi ha deciso di adottare per veicolare
la sua idea di musica: Ovunque è la bellezza che non vedi, terzo disco della
sua carriera, porta avanti questo discorso contaminandosi di un sapore anni ’60
che ricorda i lati più ruvidi della scena italiana di quei tempi, e la forte
presenza di una chitarra riverberata quanto mai incisiva rimarca un legame col
rock tutt’altro che secondario.
Il difetto principale di questo
disco è che, pur non mancando di proporre variazioni stilistiche, si fa fatica
a trovare pezzi che colpiscano particolarmente: l’inizio con Tutto tranne l’inutile e, soprattutto, La strage di San Valentino (falsetti a
parte, che viziano un po’ una prova canora altrimenti molto interessante)
riesce a calamitare l’attenzione, che si perde però via via a causa di brani
meno dinamici come Giallo e Soffio leggero o di virate che non
convincono però appieno (Silenzio in
blues garantisce energia ma con poca fantasia, Komandante fa un po’ meglio evocando un ché di esotico nella
narrazione). Gli arrangiamenti sono comunque ben curati, e va dato atto a
Giuseppe di aver raggiunto un buon risultato contando la natura completamente
personale del progetto (buona parte degli strumenti sono suonati da lui), tuttavia
sono i testi e la voce a rimanere maggiormente impressi rispetto al lato
musicale
Dall’intensa disperazione, non
priva di punte ironiche, con cui urla “volevo solo dire che l’amore non c’è più”
in La strage di San Valentino, al
modo lapalissiano con cui si chiede “non stai andando dove vuoi, dimmi allora
perché non ti stai fermando” in Papillon,
Uross riesce a toccare alcune corde coi suoi testi ed è personale e piacevole
anche il suo modo di cantare, tanto che i brani più deboli risultano essere
quelli dove si limita al compitino ben fatto. Non aggiunge molto, da questo
punto di vista, la rilettura di Ciao amore,
ciao di Luigi Tenco, priva di particolari spunti che la rendano ricordabile
a lungo.
Ovunque è la bellezza che non vedi
è un album che contiene alcuni ottimi brani ma stenta a decollare, ed è un
peccato vista la cura con cui è composto e qualche buona intuizione qua e là.
Contando che lo recensisco con mostruoso ritardo (l’album è del 2015) magari
Giuseppe è già al lavoro su altro, e chissà che non riesca a risolvere quelle
mancanze che, seppur lievi, fanno la differenza fra un disco che ti rimane in
testa ed uno che ti lascia il retrogusto amaro dell’occasione mancata. Stefano Ficagna
Tracklist:
1. Tutto tranne l'inutile
2. La strage di San Valentino
3. Giallo
4. Imparerò
5. Soffio leggero
6. Papillon
7. Madre
8. Komandante
9. Silenzio in blues
10. Kanto al disinkanto
11. Ciao amore ciao
12. L'ultima
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