14 dicembre 2016

Humus, l'esordio solista di Pollio percorre nuove strade

L'uscita di Humus, esordio solista di Pollio per Maciste dischi, mi aveva incuriosito, ma in tutta sincerità non avevo particolari aspettative. So che i suoi Io?Drama hanno un gran seguito nell'hinterland milanese di cui più o meno mi ritrovo (geograficamente) a far parte ma, data l'attuale scena totalmente "romanocentrica" e "torinocentrica", sono consapevole che intorno a questo lodevole personaggio della scuola milanese non sarebbe cresciuto il sacrosanto "hype". Mi aspettavo quindi buone idee ma un misurato dispiego di forze e sono invece rimasto stupito da un modo anche abbastanza coraggioso di lavorare sul progetto.
Tante sono le cose da dire e cercherò quindi di articolarle bene partendo proprio dal concetto di "humus". Semplificando al massimo, l'humus è la terra impregnata di sostanze derivanti dai processi di decomposizione, che diventa quindi fertile favorendo il sorgere di nuova vita. Questo concetto si applica sia su un piano puramente materiale, sia su un piano comprendente fattori sociali, spirituali, culturali. Nel caso di Fabrizio Pollio i due aspetti si sono purtroppo riuniti a seguito di un tragico evento: l'improvvisa morte del padre, i cui organi sono stati donati, come da volontà espressa in passato, a persone che ora possono vivere nuove vite. Una circostanza triste che però viene vissuta con grande spinta vitale, cosa che Pollio riesce pienamente a fare nel brano finale, Angelus. Commovente e da applausi. La vita, così come la musica, si ripropone secondo un ciclo continuo, perché curiosamente il brano finale ripropone in chiave nuova le riflessioni dell'iniziale Oggi è domenica, in cui gli ingredienti del pranzo domenicale si mischiano con la religione e la presa di coscienza del mondo circostante. Due bei brani, aperti, vitali, questi di cui abbiamo appena parlato. Ma lo è ancora di più Nessun dogma, posizionato a metà disco e concatenato agli altri due già descritti, come tematiche e come apertura. Si ricomincia daccapo, senza più punti fissi, e ci si sente liberi. E' qui il vero coraggio del disco di Pollio: sono suoni nuovi, sanno di balli da discoteca, starebbero bene (per fare un esempio) negli allegri programmi pomeridiani di Radio Deejay. Cosa che al primo ascolto ho trovato spiazzante. Ho anche un po' storto il naso. Ma dopo ripetuti ascolti ho capito. E' in questi pezzi che si gioca il nuovo modo di far musica di Pollio. Il cambiamento comprende anche l'uso della voce: irriconoscibile, quella di Fabrizio, se confrontata col suo passato. Tanto da non sembrare neanche più la sua. Non più quella voce rock acuta ed urlata che aveva caratterizzato gli Io?Drama. Ma un modo totalmente diverso di cantare. Più tranquillo, più basso come frequenze. E poi un nuovo modo, per Pollio, di scegliere le sonorità. Una fuoriuscita dagli schemi del rock. Un uso più maturo delle dinamiche, una scelta di suoni caldi e brillanti, che trovano il loro apice nel brano Incompiuta, uno dei migliori del disco. Una marcia trionfale in un disco che nelle mani sbagliate avrebbe potuto indulgere sulle marce funebri. Ci sono, poi, contaminazioni varie alla ricerca di nuove modalità espressive. I bouzouki che convivono insieme alle chitarre elettriche. La Sardegna coi suoi tenores e i suoi strumenti tradizionali, come le launeddas in Generico. Il marranzano, altresì detto "scacciapensieri", nella già citata Nessun dogma (con il coro che cita il Nessun dorma di Puccini). Come in ogni esordio non ci sono solo momenti esaltanti, e questo è chiaro. La prima finestra aperta sul nuovo mondo di Pollio era l'ottimo singolo Le vite degli altri, uno dei brani migliori del disco ma comunque diverso dal resto del materiale. L'effettivo contenuto del disco, in quanto a sonorità ed atmosfere, nonché per il cantato, si è svelato maggiormente col secondo singolo, Il figlio malpensante, che però non è uno dei brani migliori di un artista che da solista deve ancora un po' trovare la giusta quadratura quando i ritmi rallentano o i suoni si svuotano (come accade in Sospesa). Un po' artificiosa è invece la storia narrata nel brano La comparsa, brano scritto (come Sospesa) con l'amico Emanuele Patti. Ma, come detto a proposito di Nessun dogma, è assolutamente pregevole lo sforzo realizzativo nel proporre compiutamente (e non solo in maniera minimale o accennata) suoni completamente diversi rispetto a quelli del mondo del rock. E speriamo che per questa vasta schiera di artisti milanesi, di cui Pollio fa parte, molto più concreti e sostanziosi di quelli di altre zone d'Italia, arrivi il meritato momento di gloria. Marco Maresca

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