I Portfolio nascono nell'appennino tosco-emiliano, che diede i natali anche agli Üstmamò e ai CCCP di Giovanni Lindo Ferretti, e crescono nello stesso ambiente nel quale si sono formati Julie's haircut, Giardini di Mirò e Offlaga disco pax. Due, autoprodotto, è il loro secondo album, ma il titolo si riferisce più che altro ad un dualismo che si respira lungo tutto il disco. Due si può riferire anche all'inglese "necessario, dovuto".
Il senso di movimento, di migrazione da un polo verso un altro polo, si intuisce già dalla foto cinetica di copertina. L'album stesso è diviso in due: la sezione ritmica è il punto focale della prima metà del disco. Nella seconda metà i tempi si dilatano e i brani si fanno più articolati, con diverse sezioni e cambi di clima. Ogni brano del disco ha il suo perché: dal riff sul quale si costruisce l'iniziale Beauty, con Claudia Domenichini alla voce, fino alla conclusiva Three songs about Lenin: una lunga ed elaborata suite, nata dalla sonorizzazione del film muto omonimo di Dziga Vertov, interamente strumentale, con il prezioso contributo di Jukka Reverberi che conduce verso un finale che si apre sempre più grazie ad un quartetto d'archi.
Se proprio bisogna trovare qualcosa da rimproverare (ma perché farlo?) si può dire che i brani sono forse troppo eterogenei e si passa da uno stile all'altro, da un'atmosfera all'altra, senza un legante vero e proprio, se non quello di una dualità che a volte diventa schizofrenica. Ci son cose tanto diverse nello stesso album, infatti, tra cui una reinterpretazione (con Laura Loriga alla voce) di un pezzo glam anni '70 intitolato Criminal world, originariamente degli inglesi Metro. To the right è invece un esperimento ritmico, anche nel cantato (parlato, scandito) che sembra guidare una classe di ginnastica ritmica. Ci sono i ritmi estivi e spensierati di Riviera, con dei cori particolarmente curati. C'è Chi vince regna, un brano prettamente strumentale, che solo all'inizio si affida alla voce di Laura Loriga ma poi vira verso un finale apocalittico guidato dalla tromba di Tiziano Bianchi. In mezzo alle tre tracce "ritmiche" e alle tre più dilatate c'è Love affair, spartiacque in cui una parte elettronica in reverse che si sovrappone al tema minimale del piano.
Sette brani molto differenti tra loro eppure in qualche modo legati in un progetto sonoro consistente, valido ed ispirato, in cui la coesione dell'insieme è data dall'unione di singole parti estremamente curate. Marco Maresca
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