27 giugno 2013

Elettronica e psichedelia, gli Eskinzo guardano a nord e sfoderano un disco con buone idee

Non conosco nessun gruppo nel quale hanno militato gli odierni membri degli Eskinzo, e la cosa non mi tange. Forse solo, per sentito dire, i Mambassa. Fatto sta che il duo, nato tra Torino e Londra, rilascia un disco omonimo su Libellula veramente interessante. Indefinibile, sicuramente. Ha dei ritmi ben definiti, delle cadenze abbastanza accattivanti e moltissime ottime idee. Si passa dal tribale all’elettronica, dall’indie al minimal un po’ Architecture in Helsinki che pare così tanto essere tornato in voga nell’ultimo anno solare. Trys è sicuramente la massima rappresentazione di tutto ciò. Repetita iuvant per quanto riguarda tonalità, stoppate e riprese con un risultato tutt’altro che scontato. Voce cadenzata. Lonely soul in the sugar bowl ne riprende la scia accompagnandosi con una decisissima batteria post-rock. “say I’m bond to fall” “get my guns control” sono fasi canore ripetute de volte sin dall’inizio ed alla fine di ogni strofa del pezzo, e sono colpevoli di rendere ancora più inebriante il tutto. Intelligente, questo duo. Mi ricorda gli Allun, per chi li avesse sentiti nominare. Penso sia difficile non finire per annoiare l’ascoltatore, proponendo una musica così eclettica, e gli Eskinzo pare abbiano capito sin da subito tale rischio, proponendo sonorità particolari ed esaustive. Persino Western Fuzza, che inizia abbastanza seguendo l’ultima vena Muse, non finisce nel calderone delle canzoni che finiscono di essere ascoltate appena prima della metà. Eastern Fuzza, chiasmica alla precedente, sembra invece esser stata scritta in Islanda.
Unica nota un po’ incolore, direi, la pronuncia in inglese. Comunque, da seguire. E cercatevi qualcosa degli Allun. Andrea Vecchio

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