5 febbraio 2017

Gomma: Toska, un esordio noioso

Non mi sono mai piaciuti gli scrittori sudamericani. In vita mia ho letto giusto qualche Sepúlveda ai tempi del Liceo e quattro pagine di Cent'anni di solitudine costretto dai miei. Ho sempre considerato la letteratura di quei luoghi troppo fantasiosa per i miei gusti e sciapa di contenuti filosoficamente materiali. Ma sto per finire Outland Rock di Pino Cacucci e forse ci può stare che mi ricreda riguardo alla letteratura di quei luoghi perchè i modi, i tempi e le misure sono molto simili e Outland Rock mi sta appassionando davvero tanto. Questo per dire che grazie agli interessi e alla cultura si può realmente cambiare e ci si può scostare anche nettamente dalle proprie arcaiche convinzioni. Bisogna però essere stimolati e punzecchiati.

Ecco, io non ascolterò mai i Gomma né li consiglierò mai, e non può esistere gruppo o sottogenere musicale che mi possano, anche millimetricamente, far tornare sui miei passi. Il loro primo full length, intitolato Toska, è un vano tentativo di mischiare poesia, metrica, emocore e punkrock in un ingenuo e poco moderato contenitore psichedelico in salsa italica. Non trasmette nè atmosfere nè ritmo, manca di umiltà e non me la sento di giustificare il quartetto casertano concedendogli il cosiddetto "margine" del disco d'esordio. Come ogni album scampato dal nostro intricatissimo sottobosco musicale, "Toska" è suonato egregiamente, per carità. Ma non mi diverte, non fa scattare alcuna scintilla, non trasmette emozioni. Passi l'incipit parlato di Alice scopre, passino anche i tortuosi arpeggini scuola Deep Elm di Aprile, ma quando ci si ferma a tirare il fiato il tutto, nel suo unicum, non incide. Le scarpe di Beethoven è poco pestata, la voce di Ilaria, la cantante, sovrasta tutto ma al tempo stesso risulta poco incisiva. Troppa arroganza sotto un'armatura scevra dal poter essere giudicata oggettivamente. I modi di suonare dei Gomma sono ovviamente già stati esplorati e riesplorati, come le riprese con la chitarra che tanto andavano di moda nei primi anni 2000, quando venivano agganciate a ritornelli crudamente punkrock, a piroette e cavi arrotolati. Elefanti, che inizia come iniziavano i Tristan Tzara la stragrande maggioranza dei loro pezzi, ha l'impronta da canzone carina, cantabile. È una canzone carina e me la sono riascoltata un paio di volte, lo ammetto. Non a caso la band la utilizzò come singolone l'anno scorso. Bravi. Ora la riascolto, perchè Vicolo Spino è il solito arrangiamento di arpeggi e comminata solitudine, finta voglia e solito atteggiamento da gruppo screamo bravo tecnicamente ma con poche idee. Arrendersi dovrebbe essere una canzone alla The Pine ma non sono riuscito a finirla, non sono nemmeno riuscito a seguire il testo, cantato in modo disunito e consumato. È anche una canzone lentissima, in fin dei conti. Arpeggini iniziali anche in Alessandro, comunque. E canzone che non decolla sebbene le grattuggiate di chitarra prima del singalong non sono niente male, ottima idea.
Il disco, scritto in questo modo, non ha un filo logico, non appassiona. Andrebbe fatto più proprio, andrebbero aggiunte un po' di volgarità e un po' di voracità. Toska è un lavoro che vorrebbe sbandare ma non ha la capacità per farlo, è un disco di musica indipendente svogliato e con pochi significati a dispetto di troppi significanti. L'unico merito che hanno i Gomma è quello di non voler risultare simpatici ad ogni costo. In uscita per V4V Records, interessante ed attivissima label indipendente che ha prodotto quasi tre anni fa, ormai, quel capolavoro che è Tutto o niente dei Die Abete. Andrea Vecchio

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