23 febbraio 2017

Edda al massimo dell'intensità nel nuovo album Graziosa utopia

Come si fa a non voler bene ad un personaggio come Stefano Rampoldi, in arte Edda? Uno che ha vissuto su di sé mille vite, alcune devastanti, eppure riesce a padroneggiare (senza simularlo) uno sguardo rassicurante e ad emanare con la sua persona un senso di mitezza che a volte si scontra con gli argomenti violenti di alcune sue canzoni. Poi in quanto a "erre moscia" e capelli grigi mi batte ampiamente, quindi posso solo venerarlo. Il nuovo album di Edda, intitolato Graziosa utopia, esce per Woodworm, con distribuzione Audioglobe.

Edda negli anni '90 fu cantante dei Ritmo tribale, poi ebbe un lunghissimo periodo di crisi personale (droga e comunità di recupero) ma è già da un po' che è tornato in piena forma e molto cosciente di sé. Chi lo segue sa che una delle sue peculiarità è il declinare quasi sempre al femminile i testi delle canzoni, come per dar voce alle parti nascoste di sé, le più sensibili e vulnerabili. Benedicimi è solo uno dei vari brani dell'album che mettono a nudo una vulnerabilità estrema. Una difficoltà a gestire la spinta vitale della propria sessualità, in oscillazione tra la paura di ferirsi e quella di violare. Ci sono momenti che, almeno a livello di testi, sono particolarmente violenti: Signora, Brunello, Picchiami, La liberazione, ma non è che negli altri brani la visione (l'"utopia" come nel titolo?) dei rapporti umani sia più serena. Però è una violenza sempre concettuale e verbale, mai musicale. Le vie percorse a livello musicale, anzi, virano particolarmente sulla melodia, come si capisce già dal brano d'apertura intitolato Spaziale (con Federico Dragogna ai cori, che giungono quasi eterei). Un altro elemento che dà complessità all'album è quello relativo alla struttura dei brani. Quasi mai si tratta di temi musicali che si sviluppano linearmente: è più facile andare incontro a improvvisi viraggi all'interno dello stesso brano. Per esempio Un pensiero d'amore (a mio parere il brano migliore del disco): inizia percorrendo strane vie disarmoniche e difficilmente domabili ma sfocia poi inaspettatamente in una cosa bellissima e inaspettata quale un pezzo ritmato ballabile (ma sofferto). Come si fa a dar voce musicalmente alle inquietudini di Edda senza utilizzare distorte incursioni strumentali? La risposta è affidata ad alcune soluzioni di mixaggio un po' strane ma tutto sommato condivisibili, che contribuiscono a rendere questo disco in qualche modo speciale. Per esempio la voce squillante e tendenzialmente alta di Edda sta nel mix senza strabordare ma viene pesantemente bilanciata da bassi oltremodo carichi (spesso oltre la saturazione, per la "gioia" delle mie casse). Si crea quindi una sorta di contrappunto violento, una sorta di tensione quasi sessuale, tra la melodia e il ritmo. Tutto lo spettro delle frequenze medie, invece, sembra compresso, come se ciò che sta nel mezzo fosse pressoché irrilevante. All'ascolto non è quindi il classico disco di musica leggera italiana. Cosa dire dei restanti brani? Zigulì è il momento dell'album che forse musicalmente procede in modo più convenzionale, mentre Arrivederci a Roma vede come ospite Giovanni Truppi, un altro nome forte dell'attuale scena musicale. Il brano è interessante dal punto di vista testuale perché mostra come ci si possa sentire liberi da giudizi in una città in cui nessuno ci conosce. La conclusione è affidata a un brano intenso a livello di interpretazione, intitolato Il santo e il capriolo, nel quale viene svelato che Edda è il nome della madre dell'autore (ma lo sapevamo già). Album stupendo. Questo 2017 inizia alla grande. E siamo contenti, perché il disco è stato registrato presso LaRoom di Vigevano, luogo che noi di Asap conosciamo molto bene. Marco Maresca

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