A.I.U.T.O. è il secondo album dei Sick tamburo, la band di Elisabetta Imelio e Gian Maria Accusani, già membri dei Prozac+. Il primo album aveva già stupito positivamente critica e pubblico, aprendo una possibilità ai Sick tamburo di diventare qualcosa di più di una insolita band di incappucciati. Una solida fiducia nei propri mezzi e nelle proprie potenzialità ha portato ad un album completamente diverso dal precedente. Lo schema delle filastrocche hardcore ossessive e minimaliste, forte prerogativa ma contemporaneamente punto debole, che aveva dominato il disco d’esordio dalla prima all’ultima traccia, viene ora definitivamente superato, grazie ad una dozzina di canzoni rock ottimamente scritte ed arrangiate.
Il titolo è un acronimo, il cui significato esteso è Altamente Irritanti Umani Tecniche Ossessive. Il concetto che sta alla base dell’album è il seguente: l’uomo tende per sua natura a compiere azioni autolesioniste. Per cercare di redimersi, cade in comportamenti ossessivi che sono soltanto reiterazioni degli errori già commessi. Tutto ciò in una cascata di eventi dalle conseguenze sempre peggiori, fino a toccare il fondo, ed accorgersi che è il momento di chiedere aiuto. Volendo fare un paragone estremamente ardito, tra due tipologie di artisti che c’entrano come il giorno e la notte, si può affermare che A.I.U.T.O ha una struttura di concept album che ricorda De André.
A differenza dell’album precedente, compare anche la voce di Gian Maria (alias Mr Man), che con toni disillusi e noncuranti ma allo stesso tempo ironici riesce a descrivere una serie di situazioni e personaggi diversi tra loro, impersonandoli emotivamente ma prendendone allo stesso tempo le distanze, con modalità consone ad un novello Faber (con anni luce di distanza, ovviamente). Oltre alla conclusiva Aiuto tamburo, in cui Gian Maria ed Elisabetta riassumono tutti i temi dell’album, Mr Man presta la sua voce a quattro tracce: si va da La canzone del rumore, brano nichilista e minimale, per arrivare a Magra, robotica e sprezzante canzone sul tema dell’anoressia. Si passa per il singolo E so che sai che un giorno, emotiva ballata che invoca una qualche speranza di cambiamento e redenzione soffocata però da un cantato fortemente disilluso, come se le voci di speranza fossero soltanto litanie inutilmente reiterate. Emozionante il videoclip della canzone: un parco giochi con un ragazzo ed una ragazza che riescono a comunicare soltanto con i loro amici immaginari, ma che grazie all’amore riescono a superare la barriera dell’incomunicabilità. Si arriva, infine, a La mia mano sola, la migliore tra le canzoni interpretate da Accusani, macabra storia di un uomo che per dimostrare il suo amore per una donna si infligge una serie di mutilazioni (e rispuntano fuori i riferimenti a De André, impossibile non pensare a La ballata dell’amore cieco).
Per quanto riguarda le canzoni cantate da Boom Girl, cioè Elisabetta, Televisione pericolosa è l’unica che si mantiene sullo stile della filastrocca ritmata e monocorde che aveva contraddistinto il disco d’esordio. In tutte le altre si nota un gigantesco passo avanti nell’uso della voce. Elisabetta Imelio è diventata, ora, una vera e propria interprete rock, riconoscibilissima, tant’è vero che nel video di Con le tue mani sporche compare finalmente senza il passamontagna che le ha coperto il viso fino ad oggi. Il bellissimo brano d’apertura, In fondo al mare, indica che è arrivato il momento di lanciarsi nella vita coi suoi alti e bassi senza doversi più aggrappare a qualcosa o qualcuno. La danza è una impersonale carrellata di situazioni, personaggi e stili di vita, enunciati da Elisabetta senza prendere posizione, senza giudicare. La mia stanza è un’altra interpretazione forte: parla di una ragazza che per non soffrire più decide di chiudersi in camera e trovare in essa tutte le sicurezze che il mondo esterno non le dà. Finché tu sei qua è tra i brani migliori dell’album e parla anch’esso di violenza, di un primordiale terrore per un contatto non voluto. Si muore di AIDS nel 2023 è il brano più innovativo dell’album, con una freschissima impronta electro house, e anche qui l’interpretazione è convincente e particolarmente brillante.
A.I.U.T.O. è un concept album che non ha paura di denunciare apertamente tematiche piuttosto forti. Tenendo comunque conto dei limiti vocali dei due cantanti, tutte le canzoni mostrano coinvolgimento emotivo e capacità interpretativa, e la scrittura dei brani dimostra un’ormai ben consolidata esperienza. I Sick tamburo sono in costante evoluzione, e probabilmente non spariranno presto dalla scena musicale. Chi l’avrebbe mai detto? Una cosa è certa: non c’entrano ormai più niente con i Prozac+, avendoli già brillantemente superati per due volte di fila. Marco Maresca
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