Gli Eva’s Milk nascono a Novara circa otto anni fa da un’idea di Andrea (voce e chitarra), Paolo (basso) e Lorenzo (batteria). La loro propensione underground si fa forte di atmosfere inafferrabili e d’intrecci chitarristici grunge al quale fa da fondale un apparato testuale viscerale e poetico. La loro musica è striata di nero, quel nero che determina la profondità di un progetto, quello sguardo attento al baratro del subconscio perfettamente musicato dalla formazione piemontese. Dopo aver pubblicato due ep, Edera Immobile e Milkshake, gli Eva’s Milk presentano nel 2007 il loro primo full lenght registrato per l’etichetta tedesca Fuego Records intitolato Cassandra e il sole che oscura. Oggi a distanza di quattro anni i tre musicisti novaresi si ripresentano con Zorn il loro secondo album edito ancora dalla casa discografica teutonica. L’ennesimo step fortunato di una giovane band tutta italiana che ha dimostrato di saperci fare.
Qual è la natura del vostro nome?
Appena abbiamo cominciato a suonare e a comporre le nostre canzoni ci serviva un nome, non avevamo idee precise, ma volevamo qualcosa che richiamasse la purezza e attraverso i suoni raggiungerla. La figura che abbiamo scelto è stata quindi Eva e il suo latte materno, in inglese perché in italiano suonava davvero male.
Musicalmente chi vi ha ispirato di più?
Io e Paolo siamo cresciuti insieme e la scena anni ‘90 l’abbiamo cominciata a vivere veramente quando in pratica era già finita. Non esiste un solo gruppo però a cui ci ispiriamo, sono troppi quelli che amiamo e ascoltiamo. In 3 ascoltiamo quasi tutto. Come etica sicuramente i Fugazi, sono un gruppo che ti insegna a stare al mondo oltre ad essere una band immensa.
Nella vostra realtà i testi hanno un importanza marcata, come nascono?
I testi sono difficili da fare in italiano. Ci sono regole da osservare, incastri, sempre se tu voglia dire qualcosa, non credo che tutte le canzoni vogliano dire qualcosa, il bello è che ognuno lo interpreta a modo suo. Credo che l’importanza sia questa, far viaggiare chi ti ascolta, è una cosa intima in cui non c’è spazio per altro
Presentateci il vostro nuovo lavoro, Zorn?
Il disco in realtà usci per la Germania nel 2010, per la nostra etichetta Fuego Records di Brema, ed è uscito “ufficialmente” in Italia a ottobre 2011. E’ il nostro secondo disco, dopo “Cassandra e il sole che oscura”. Abbiamo registrato una versione con archi di “Al tempo di Caronte” per promuovere il disco e ci abbiamo fatto un video, girato da Evelina De Gaudenzi, una bravissima regista nonché nostra amica e da Luca Fassetta, già regista del nostro primo videoclip “Turpentine”. Presto lo metteremo in free download dal nostro sito. La location è stata Casa Bossi, un luogo perfetto per l’idea di video che volevamo fare. E’stato l’esempio lampante di come si possa realizzare qualcosa unendo le forze sul territorio e di come possano esistere spazi perfetti per l’espressione artistica..e non solo.
Quali sono le maggiori difficoltà per una formazione giovane come la vostra?
Non credo ci sia un problema generazionale legato alle difficoltà. Più vuoi fare le cose fatte bene e diffondere un messaggio che a sua volta potrà essere accolto o no, più si incontrano ostacoli di burocrazia e conoscenze in pieno stile italiano. Oltre all’offerta di band che è folle e depistante. Noi ci produciamo e ci autofinanziamo TUTTO, le difficoltà maggiori arrivano inevitabilmente nel trovare spazi dal vivo, sia per il genere, sia appunto per la richiesta esorbitante.A cura di Paolo Pavone
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