6 giugno 2011

Premio "Provincia cronica" (III edizione - sezione racconti)
Maria Carla Bracaccini - Io non mollo

Sono stesa sul lettino, la dottoressa da una parte l’infermiera dall’altra. Non riesco a respirare. Bloccano il flusso della chemio, mi dicono di stare tranquilla ma io non respiro.
Finalmente, dopo secondi che sembrano eterni, tutto passa. Non ne potrò fare più.
Esco dall’ospedale ma non chiamo mio marito Mauro per venirmi a prendere. Mi siedo su una panchina, svuotata da ogni energia.
Quando, stesa sul lettino, cercavo invano di placare la mia sete di aria, ho scorto vicino a me un’altra presenza.
Era la NERA SIGNORA che mi guardava con occhi di ghiaccio. Ha incrociato il mio sguardo poi se ne è andata.
Sembrava tutto più facile. Credevo di avere in me la forza necessaria per non permettere al cancro di sconvolgere la mia vita, non più di tanto, ma non è così.
La gente mi passa accanto e mi guarda incuriosita. Forse si domandano perché io stia lì, immobile, stringendo con forza la borsa, con il freddo che fa.
Ma io non lo sento il freddo, non sento nulla. Come è possibile che io abbia tanta paura? Dovevo pur saperlo che stavo affrontando non un male banale, che se è chiamato il male del secolo un motivo deve pur esserci.
E invece no.
Fino ad ora ho pensato che bastasse curarsi, accettare come inevitabili le conseguenze della terapia, continuando a fare la vita di sempre.
E invece no.
Ho fede, pensavo, e questo mi aiuterà a non perdere la serenità.
E invece no.
Tutto è cambiato. Io sono cambiata.
Sembra ieri che Mauro, quando gli ho detto: “Ho il cancro” mi ha preso il viso tra le mani, e mi ha fissato con uno sguardo colmo di amore e di dolore. Con voce rotta dall’emozione mi ha chiesto di combattere, di non mollare perché la sua vita senza di me non avrebbe avuto senso.
Invece sono trascorsi mesi.
Io non riesco a guardare il mio corpo mutilato, lui sì, e dice che sono sempre bella.
Il giorno di ogni chemioterapia all’ora di pranzo puntuale si è presentato con il caffè.
I capelli sono caduti, indossavo parrucca o foulard ma lui scherzosamente mi chiamava signora del faraone ed ho rinunciato a coprirmi.
I vestiti diventavano stretti e lui mi ha preso per mano ed ha scelto per me altri abiti sbarazzini perché, dice, è così che mi vuole, frizzante come lo sono sempre stata.
Le mani si sono gonfiate e più volte Mauro si è presentato a casa con degli anellini che per me contano più dei diamanti.
Ora è lui che fa il casalingo perché non ho più la libertà di sollevare nulla. Mi offre il suo aiuto anche per le più piccole cose e ogni giorno mi dimostra quanto sia forte il legame che ci unisce.
Sa che quando soffro voglio restare sola e, accorgendosene, mi resta vicino in silenzio.
Solo ora mi rendo conto di cosa mi sia veramente accaduto.
La morte, la malattia sì lo sappiamo tutti che entrano in ogni vita ma pensiamo a loro di sfuggita, con fastidio.
Ora no, sono presenti e si fanno sentire.
Come sarà veramente la mia vita da oggi?
Sin dall’inizio ho promesso di lottare ma ne sarò capace ora che sento l’anima e la mente anch’esse invase dal male?
Come si può convivere con questa devastante sensazione che sento? Sono stretta all’angolo ma c’è una via d’uscita?
Il tempo passa, ed io non so quanto ne abbia trascorso, seduta qui, su questa panchina.
All’improvviso però sento dentro di me una rabbia che piano piano si fa più forte.
Cosa mi è venuto in mente? Cosa sono tutti questi pensieri colmi di disperazione?
No, io non sono così.
Ho sempre pensato e agito con forza, con coraggio e non posso permettere che tutto quanto accaduto distrugga la mia vita.
Da trentacinque anni le mani e le braccia mi tormentano. Ho affrontato decine di interventi ma non mi sono mai arresa. Con il gesso prima, con la fascia poi, andavo avanti e cercavo di non dare peso al dolore che provavo.
Non mi sono mai sentita invalida, diversa.
Per la prima volta sento che ho bisogno di aiuto e lo chiederò.
Si è vero il cancro non è, almeno per me, una malattia ma un nemico personale, molto più forte di me, ma non per questo debbo rinunciare a combatterlo. Se metterò in campo tutte le mie forze, certamente riuscirò a contrastarlo.
Ho deciso.
Io non mollo.
Ora prenderò il telefono, chiederò a Mauro di venirmi a prendere.
Quando sarà qui, accanto a me prenderò le sue mani tra le mie e gli dirò “Stai pur tranquillo amore, sappi che io non mollo”.
Per me, per te, per i nostri ragazzi, per i nostri piccolini.
Dovrò imparare a costruirmi una nuova vita perché ora mi sento diversa. Sento di avere una nuova possibilità e voglio provare a sfruttarla fino in fondo.
Ognuno di noi nasce con dei talenti, doni che Dio ci ha dato perché li usassimo rendendo così la nostra vita più piena ed io voglio scoprire quali sono i miei, sfruttarli, lasciare una traccia di me ancora più profonda nel cuore di chi amo.
Non mollo perché voglio sapere come ci si può sentire ad amarsi almeno un po’ anche con un corpo sgangherato come il mio.
Non mollo perché voglio sentire ancora quella dolce tenerezza che mi danno gli abbracci dei miei fratelli che mi fanno ritornare bambina, protetta, amata.
Non mollo perché voglio continuare a provare la sensazione di pace profonda che mi da il mare d’inverno quando tutto è grigio e silenzio, e penso che così è la vita, a volte burrascosa, piena di insidie ma poi torna sempre la calma, la serenità.
Non mollo perché ho ancora tanti rossi tramonti da ammirare, tanti fiori da veder nascere.
Non mollo perché so che i miei ragazzi, pur se grandi, hanno ancora bisogno di me, di questa madre che li ha amati e li ama con tutta se stessa, e che si è sempre sentita fortunata perché ha realizzato il suo sogno più grande: una famiglia unita.
Non mollo perché voglio veder crescere i miei cuccioli, godere dei loro abbracci, essere la nonna che racconta favole, che consola, che può dar loro tanto amore.
E non mollo perché ci sei tu.
Tu che hai trascorso con me questi anni, che ho sentito sempre vicino. Insieme abbiamo gioito, sofferto, pianto, sperato. Ti ho dato tutto il mio amore, i miei pensieri.
E’ tornata l’estate e, come avevo previsto, momenti sereni si sono alternati a momenti bui.
Ma anche se lentamente, sto riprendendo in mano la mia vita.
Oggi è un “giorno sì” e, visto che è veramente merce rara, me lo voglio proprio godere tutto.
Oggi voglio sentirmi bene, felice di essere viva.
Il sole splende, i figli e i nipotini ci hanno dato un po’ di vacanza, Mauro è impegnato a costruire giochi di legno e sono sola in casa.
Mi metto davanti allo specchio e l’immagine che vedo non è certo esaltante.
I capelli sono da poco rispuntati, gli occhi senza ciglia sembrano quelli del protagonista di un film che ha appena visto uscire dalla cantina un mostriciattolo, la pelle arrossata a causa della luce, il viso e il resto del corpo leggermente gonfi per le terapie.
Ma non mi scoraggio.
Stendo sul letto con molta cura i miei vestitini appena acquistati, il reggiseno con protesi incorporata, tolgo il pigiama e comincio a fare la modella.
Certo, così l’aspetto migliora ma non molto.
Di trucco nemmeno a parlarne perché gli occhi sono sofferenti ma di collane e altra chincaglieria sì.
Passo molto tempo così, cercando di abbinare colori, di trattenere il fiato per far sparire la pancia ma non ci siamo ancora.
Allora comincio a parlare con l’immagine riflessa dallo specchio e, nel momento in cui sorrido, ecco che tutto cambia.
Sono carina.
Ce ne è voluto di tempo ma finalmente ho capito cosa debbo indossare per sentirmi meglio: un sorriso.
Non un sorriso qualunque ma uno che venga dal cuore, che trasmetta gioia, serenità.
Accidenti però, come si può fare per averlo a portata di mano tutti i giorni? Pensando a Mauro, il mio amore da una vita? Ai miei figli e ai nipotini?
No, non basta.
Poi il lampo.
Pensare un po’ di più a me stessa, volermi più bene.
Dai, forza piccola donna, pensa a come può essere veramente piena la vita se, nulla togliendo a chi ti ama, incominci a pretendere tempo per te.
Tempo per scrivere, ascoltare musica, creare qualcosa di veramente importante, sentirti viva dentro con la voglia che inizi un altro giorno per avere ancora tempo da spendere per te.
Non ci credi? E allora prova.
Pensa a chi hai amato e non c’è più. I tuoi cari non hanno certo avuto una vita facile ma li hai mai sentiti lamentarsi? Loro sì che avevano capito!
La vita è un enorme calderone di prove difficili, di dolore ma se guardi bene puoi vedere che contiene anche tante altre cose.
L’amore, l’amicizia, la bellezza di un prato in fiore, il sole che sorge dal mare. Anche la natura dovrebbe insegnarti che esiste il tempo del calore, del freddo, della crescita e della fine.
Così è anche la vita.
E allora, piccola donna che mi guardi dallo specchio apri il tuo cuore alla speranza, accetta i tuoi limiti, non vergognarti di avere paura, lasciati amare, lasciati scaldare dal sole, dona il tuo sorriso anche a te stessa.
Non so se è normale parlarsi così a voce alta ma la parola normalità a me non è mai piaciuta e la scoperta che sono ancora capace di sorridere anche con il cuore, mi fa stare bene.
Scelgo un vestitino, una collanina e dei sandali. Saluto con un sorriso la donna dello specchio e raggiungo Mauro.
Senza parlare gli tolgo dalle mani il trenino che sta dipingendo e gli chiedo: “Andiamo al mare a raccogliere conchiglie?”
Lui mi guarda, sorride mi prende per mano e così, senza dire nulla partiamo.
Le conchiglie ci aspettano.

1 commento:

  1. terribile il tema ,ma il racconto e pieno di luoghi comuni . scontato , stilisticamente inesistente;non vorrei essere sgradevole, ma non sarebbe meglio leggere che scrivere cosi'?

    RispondiElimina