Fabio Zuffanti - La foce del ladrone
Analizzare Fabio Zuffanti non è facile. Artista dalle mille sfaccettature e dai mille progetti che ha toccato diversi generi musicali in una carriera ormai lunga più di quindici anni.
La foce del ladrone è un disco che va ascoltato, riascoltato e metabolizzato poco a poco. Ci troviamo un po’ di Battiato, un po’ di Battisti in certe linee di voce e qualcosa che riporta al pop di Raina, ma anche un tocco personale ineccepibile che dà in molti momenti quel tocco in più. Apre “1986” melanconico sussurro di attimi passati offuscati dal tempo. “Musica strana” ci ricorda quanto sia difficile essere presi sul serio come musicisti, anche nei sogni. Menzione a parte per “Una nuova stagione” che vanta un testo davvero al di sopra della media su una melodia spiccatamente elettronica.
Gli attimi più rilassati e riflessivi sono affidati a “Se c’è lei” che ricorda da vicino gli Amor Fou e “Una nuova stagione” che risultano un po’ sottotono, così come “In cantina” quasi un omaggio a Battisti ma con una lirica dove si perde un po’ la vena ironico/malinconica del disco. Cosa che non avviene nella meravigliosa “Capo Nord” più che una canzone uno splendido dipinto di emozioni.
E’ proprio il caso di dire che ci saluta con “It’s time to land” che dopo un inizio poco coinvolgente si lancia in bel ritornello e in un coinvolgente finale.
L’impressione che si ha dopo l’ascolto de “La foce del ladrone” è quella che Zuffanti sia capace di giocare e di prendersi gioco dell’ascoltatore giocando coi generi e con le citazioni. Ad una prima superficiale analisi potrebbe sembrare un disco poco interessante, invece scavando appena sotto e lasciandosi coinvolgere ci si sta davvero bene in compagnia di un cantautore sempre pronto a stupirci. Daniele Bertozzi
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