6 giugno 2011

Premio "Provincia cronica" (III edizione - sezione racconti)
Alberto Abbà - Amore e odio

Amore e odio.
Il vino per me significa questo.
Amore, per quella ragazza conosciuta ormai tanti anni fa, in una sera che pareva come tante, diventata poi speciale.
La solita uscita con amici, gli stessi discorsi di sempre, il contorno di visi di persone che conosci anche senza averci mai parlato insieme.
E poi quella grande novità (già perché in paese ogni piccolo cambiamento ha il sapore di una novità), con un nome che sa di tradizione “Pane&Vino” e proprio per questo accompagnato da un pizzico di diffidenza.
La nuova enoteca si trova alla sommità della collina. Da lassù lo sguardo segue linee morbide e formose e immortala un quadro color pastello, creato negli anni da mani sapienti e pazienti che profumano di terra. Se si ascolta bene, si riesce a sentirne anche il respiro.
Quella grande stanza arredata con gusto: una modernità non invadente che ben si sposa a vecchi elementi di uso quotidiano.
Nuovo e vecchio, come un figlio e un padre, insieme a costruire quel sogno.
Un tavolino libero in fondo. Gli amici più lesti a prendersi i posti migliori, lasciano libera solo la sedia più antipatica, quella in cui le spalle restano rivolte alla sala ormai piena di gente.
Una lista di vini importante: veneti, toscani, siciliani, piemontesi. Ed io che guardo ogni volta solo i rossi. Dopo lo scorrere veloce con gli occhi quelle troppe etichette, sempre tornare là, a quel vino che mi riporta a immagini e profumi di casa, a quella nebbia mattutina che sembra parente (anche di parola) del mio caro nebbiolo.
“Avete deciso?” La voce che mi arriva alle spalle è delicata e morbida. Come certi vini, penso…
Per la prima volta mi accorgo che un sorriso può sentirsi ancor prima di vedersi. Non mi giro subito, ma aspetto che gli amici comunichino, uno per uno, la loro scelta. Provo così ad immaginarmela. A dare un’altezza a quella figura femminile e un colore a occhi e capelli. Il sorriso già lo conosco…
“E tu?”
“Questo qua” dico indicando con il dito e girandomi piano.
Lei si avvicina per essere sicura di segnare il bicchiere giusto.
Sento un profumo che non conosco, ma che non dimenticherò.
Chiara è assolutamente diversa da come la immaginavo. Forse per questo è bellissima. Solo il sorriso è quello. Se esistesse un lavoro da sommelier di sorrisi, sarebbe il mio.
Chiara che per tutto il tempo che passa prima che porti i bicchieri di vino ho cercato le parole senza trovarle. Mi sono poi uscite, sopra ad un foglio a quadretti, solo più tardi, a casa.
Ho sempre avuto più confidenza con le parole che vedo scritte rispetto a quelle che sento soltanto. Forse perché si pensano di più e poi restano.
Dopo quella lettera che sono riuscito in qualche modo a farle avere, ci siamo visti e rivisti ancora. Proprio quelle viti là attorno furono testimoni del nostro primo bacio.
Chiara è l’amore. Nei ricordi di ieri in mezzo a quei vini e nella vita di oggi come moglie e madre…
Odio, per quella notte.
Uno squillo a squarciare il buio, un suono di telefono che in certe ore è portatore di angoscia.
Una voce secca e fredda.
“…si tratta di vostro figlio. E’ stato coinvolto in un incidente. Venite subito.”
Una ricerca affannosa dei vestiti, un’ansia che sale, una guida a singhiozzo come i battiti di un cuore impazzito.
Un fascio di luci intermittenti blu mi segnala l’arrivo. Voci confuse fra asfalto e terra. Due auto malridotte, che quando vedi sui bordi delle strade, pensi sempre a in che stato potrà mai essere uscito chi si trovava là dentro.
E poi eccoti. Sdraiato per terra, in mezzo a quelle viti e a quel sangue. Mi avvicino e…”Ora del decesso, 4.12..”.
Odio.
Perché stavi tornando a casa. Eri solo in quel momento. Sapevo che quel sabato era il tuo turno. Mi ero sentito orgoglioso quando mi avevi spiegato serio dei “turni di Battista”. Io a chiederti chi era quel Battista che non conoscevo e tu a dirmi che Battista eravate tutti. “E’ l’autista di serata” chi cioè, del vostro gruppo di amici, era di turno alla guida. “Battista l’autista!” chiaro no? Un sabato al mese, come i turni delle interrogazioni a scuola, ma senza possibilità di saltarli.
La logica era elementare, chi guida non beve.
Ricordo bene quel sorriso alla fine del tuo discorso.
Avevi già riportato tutto il gruppo a casa e stavi rientrando. Né io, né mamma, non ti abbiamo mai aspettato al rientro, neanche quando facevi più tardi del solito.
Non ho dovuto aspettare le analisi per sapere che il tuo tasso alcolemico era di 0,0.
Ero orgoglioso di quel figlio per mille motivi. Uno era proprio per quel senso di responsabilità che io, alla sua età, non avevo.
BEVI RESPONSABILE. Quello slogan in fondo lo trovavi buffo. E anch’io come te.
Il vino era una nostra vera passione condivisa. Ma con la vita non si scherza.
Neanche i risultati delle analisi, di chi invece guidava quella Golf che impazzita ti ha colpito a morte, mi sono arrivati inaspettati.
Tasso di 2,1 e lievi contusioni riportate. Mi sembra di vedere e di sentire quella Golf che si scaraventa contro la tua Panda rossa.
BEVI RESPONSABILE adesso è un ritornello che mi fa male.
In mezzo a quei respiri di vite i tuoi ultimi di vita.
Amore e odio.
Per quel vino complice inconsapevole di un amore e di una morte.
Amore e odio. Per il vino come per la vita.

2 commenti:

  1. terribile,narrativamente e contenutisticamente 'inbevibile'.

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  2. Hai superato te stesso!Bravo! Non ti chiamero' più "Mister Anonimo", il tuo nuovo nome sarà "Mister Veleno"

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