6 giugno 2011

Premio "Provincia cronica" (III edizione - sezione racconti)
Svilen Angelov - La promessa

Ho chiuso la porta della macchina, ho salutato con la mano mia madre che era rimasta alla porta della casa e ho imboccato la strada verso la città.
Ogni volta che partivo dalla vecchia casa di famiglia mi sentivo un po' triste. Sembrava che scappavo da qualcosa, dimenticato nel più profondo angolo nella mia memoria, qualcosa che non potevo prendere con me e allo stesso tempo così prezioso da cui non potevo separarmi: provocava una nostalgia immediata.
I ricordi affioravano improvvisamente come una pellicola di un film, le sfumature di un tempo passato con mille profumi della mia infanzia. Le immagini della bellissima casa con un immenso fienile, i colori, il grano, i giardini pieni di fiori che crescevano alla libertà sotto il sole cuocente, le domeniche dopo la messa quando tutta la famiglia si sedeva per il pranzo intorno al grande tavolo di legno rustico. Dalla finestra aperta entrava l'aria della terra: quell'inconfondibile odore di campagna con una natura stupenda con i suoi rumori e voci. L'immagine che mi torna in mente è quella di mio nonno che con dolcezza prese mio fratello facendolo sedere sulle sue ginocchia e con pazienza gli spiegò che non si uccidono le api perché poi non possiamo trovare il miele sulla fetta di pane che ci piace così tanto.
Adesso in questa casa è rimasta solo mia madre che non voleva venire a vivere con noi da quando mio padre se ne è andato. Non l'aveva fermato neppure la vecchiaia, lavorava i campi anche nel suo ultimo giorno. La macchina ha lasciato l'ultimo paesino e i miei ricordi dilatavano indietro. Rimaneva indietro pure l'aria quasi immobile di odore caldo e dolciastro di viti, pesche grosse e susine. Ora sto abbandonando la strada provinciale per imboccare l'autostrada e presto un fiume di macchine mi abbraccerà. Il cellulare sul sedile squilla e s'illumina a ritmo. Fermo l'automobile su un bivio. Era mia moglie. L' ultimo anno fu difficile per tutti e due: il processo di divorzio, gli avvocati, le solite litigate... Mentre componevo il numero mi chiedevo che cosa fosse accaduto.
-Tommaso, devo vederti, dobbiamo parlare - disse Sara distogliendomi dai pensieri.
-Ci vediamo da me, se sei d'accordo. Dobbiamo parlare si tratta di Maria.
In quel momento mi bastava chiudere gli occhi per rivederla mentre parlava. Sara e io avevamo discusso al lungo durante il divorzio; lei era convinta che fosse bene per tutti. Ero un uomo di 42 anni, con un impegno stabile in banca ed una vita assolutamente normale,nonostante la convivenza con il diabete. È comparso quando avevo 10 anni. Fu molto difficile all'inizio, ma poi la situazione se è stabilizzata e ho imparato a riconoscere i sintomi delle crisi, a prevenirle e a mantenermi sano. Non ho mai fatto un giorno di assenza dal lavoro a causa della mia malattia.
Dopo la nascita di nostra figlia Maria però il nostro matrimonio sembrava che toccasse il fondo. Abbiamo cominciato a litigare un po' su tutto, comprese le questioni riguardanti la bambina. Il giudice ha optato per un affidamento congiunto. Io potevo vedere la bambina praticamente tutti i giorni, ma non la notte. Il giudice ha infatti stabilito che Maria non può dormire a casa mia a causa della sua tenera età e della grave malattia del genitore. Rivivo ancora quel periodo. Mi appoggio allo schienale e chiudo gli occhi, lasciando il vetro della macchina aperto. Da quanto tempo che non ripenso a quei momenti! Cominciai la raccolta dei certificati medici che affermano in modo inequivocabile che il diabete non compromette la capacità e la possibilità di “gestire” mia figlia. Non era giusto! Fu la prima volta che sentivo la mia malattia come una diversità: non mi era mai successo.
- Sara, il diabete non mi ha mai limitato in niente e non ha mai influito sulla mia vita, se non per l'obbligo di avere sempre con me le medicine e zucchero. Capisci Sara?- Urlavo...
- Non si tratta di me, di te, di noi!- rispondeva lei. - Si tratta di nostra figlia! Il dovere di un genitore non è solo quello di crescere il proprio figlio, ma di metterlo anche al riparo- dicendo queste parole la sua voce si faceva sempre più rauca e tremolante.
Fu così che mi ritrovai in una situazione che mi dette almeno un vantaggio: vedere quasi ogni giorno mia figlia prendendola da scuola. Ogni volta che ero sul punto di chiedere Sara “Perché?” mi rendevo conto che qualsiasi cosa che faceva Sara era riempita con l'istinto di una madre che voleva solo del bene per la propria figlia.
Entrai nella macchina e mi misi nell'enorme fila d'auto sull'autostrada e dopo un ora e mezzo parcheggiai davanti a casa nostra. Suono il campanello e Sara viene ad aprire la porta.
-Ciao! Come è andato il viaggio?- chiese e mi venne vicino per prendere il pacchetto che avevo comprato per Maria. -La bambina è in camera sua e si è addormentata mentre guardava la TV.
-Ciao!- ho risposto con voce preoccupata. - È tutto a posto?- Sembra che per la prima volta vedessi mia moglie da tanto tempo. Non vedo più quella donna giovane con quei occhioni santerellini che sembravano sempre persi in chissà quale film romantico. Ora ha l'aria tirata e gli occhi cerchiati. Attorno alle labbra le si sono formate tante rughette che prima non c'erano.
-É tutto apposto?- chiesi di nuovo mentre eravamo in cucina con un bicchiere di spremuta fresca d'arancia.
Sara mi guardò a lungo e in silenzio, sembrava quasi che cercava le parole.
-Senti- dicendo con una voce ancora più preoccupante- Hai bisogno di un po' di riposo, posso aiutarti io se vuoi ora che sono in ferie? Domani se ti va, porto la bambina in campagna da mia madre oppure passiamo la giornata alla spiaggia tutti insieme,che ne diresti?
-Va bene, Maria sarà felice di stare con te.
Non so il perché ma avevo l'impressione che volesse dirmi qualcosa. La sua espressione era insolita, mi ricorda infatti quella di un atleta che ha smesso di correre perché non trova più il traguardo. Sara si alzò, si guardò le mani poi mi fissò e disse:
-Ascolta Tommaso ieri ho preso l'analisi di Maria. Pensavo fosse solo un momento passeggero. Sai come quando i bambini giocano e succede che cadono e si fanno male? Poi era soltanto una vertigine seguita da una caduta. È passato tutto con il disinfettante e due cerotti, ma poi le analisi dei medici hanno confermato che Maria ha il diabete. Ho tanta paura Tommaso!
-Non è possibile, non può essere vero!
Un lungo silenzio scese sul tavolo: le mani mi tremavano. Non pensavo a niente, sentivo soltanto il ghiaccio che batteva nel bicchiere delle spremuta. Un minuto, due, sollevai lo sguardo e vidi il vestito di mia moglie che rispecchiava gli ultimi raggi del sole. Sara era così piccola e sola con un grande dolore, il viso pallido e gli zigomi ormai sporgenti poiché forse erano giorni che non mangiava.
I miei pensieri però erano principalmente riguardanti mia figlia. Nove anni e mezzo, capelli biondi e occhi azzurri: un angelo che parlava solo di fate, della sua adorata amica Miranda e della sua preferita maestra di italiano.
- Sara io sono qui! Bisogna essere forti, non è la fine del mondo.- Esclamavo queste parole per darle coraggio e conforto.
- Maria è una bambina intelligente e imparerà. Il diabete infantile con le cure mediche appropriate e con uno giusto stile di vita può essere tenuto sotto controllo. Il diabete merita tutta la nostra attenzione, ma noi c'è la faremo vedrai.
Sara scoppiò a piangere. Negli ultimi tempi ne ha affrontati di problemi seri e adesso tutto questo con la nostra bambina.
-Mi sento così stupida adesso, ma non riesco lo stesso a fermare le lacrime. Sto male, non smetto di chiedermi perché doveva capitare a Maria e non trovo una risposta adeguata. A volte sentivo che i miei nervi stavano per cedere, ma cercavo di far fronte a tutto nel modo migliore e non lasciavo sopraffare dal confronto. Adesso però mi sento imponente mentre Sara fissa il muro borbottando con il suo problema. Ascoltai il suo sfogo, preoccupandomi non solo per la bambina, ma anche per la donna che amavo ancora tanto.
-Ho imparato a conoscerti e quando infine te ne sei andato avevo semplicemente la conferma di quello che già provavo. Ogni volta però che ero sul punto di confessarmi con te perdevo il coraggio. Non posso ancora perdonarmi che ho perso l'uomo che ho tanto amato.
Tenevo tra le braccia mia moglie sentendo le parole che uscivano dal suo cuore quando la porta della cucina si aprì bruscamente e una voce dolce, piena di vita ha strillato:
-Papà! Non ho sentito quando sei arrivato, ma sapevo che eri qui visto che ti ho sognato. Mamma ha paura per le parole del dottore sul mio diabete,ma io no! Sai il perché? Perché io so come combatterlo, lo conosco, so tutto di lui. Ancora quando ero piccola vi sentivo con la mamma mentre parlavate e ho letto molti libri. Il mio diabete di tipo 1 si sviluppa soprattutto nei bambini e negli adolescenti ed è legato ad una patologia autoimmune a carico delle cellule del pancreas che producono insulina. Il dottore mi ha consigliato una cucina semplice, di facile preparazione, consumare alimenti ricchi di proteine come il pesce, pollo, coniglio e prosciutto cotto che mi piace molto.
Maria continuava a parlare con una dolcezza infinita e io mi rendevo conto di quanto è cresciuta mia figlia. In questo momento sembrava che fosse un adulto. Sentivo come una montagna lo stress che avevamo accumulato con mia moglie che dilatava, che spariva pian piano e sentivo mia figlia che mi caricava. Lentamente riuscivo a calmarmi e a vedere un po' meno nero.
-Sai mamma -continuava Maria – mi dispiace solo per una cosa.
-Cosa?- domandammo contemporaneamente.
-Non devo mangiare i fichi e i datteri. Però mi consolerò con le arance, mele e ciliege. Hai sentito il dottore quando hai detto che devo evitare i formaggi piccanti e stagionati? Mi ha fatto molto ridere, tanto non li mangi nessuno di noi. Io non ho paura e neppure voi, lo so! I bambini di certe cose se ne accorgono come le farfalle e gli uccellini ed è difficile che si sbagliano. Guardate il tramonto!- esclamò Maria tenendo mia moglie per mano e correndo verso il terrazzo.
Il tramonto iniziava a scendere con una luce avvolgente e unica. Osservavamo le ombre e la bellezza delicata delle piante di cappero e degli ulivi accarezzate dalla brezza del mare. Mi ricordo così le passeggiate che facevamo camminando tra i sentieri per raggiungere il blu cobalto del mare con tutte le sue sfumature. Il mare, lontano sullo sfondo, pare baciare il cielo srotolando tappeti di onde che di tanto in tanto sputano macchie di schiuma bianca increspandosi con il vento. Le correnti sembrano pennellate di azzurro gettate a caso sulla tela da un inesperto artista con uno straordinario senso dell’insieme.
-Papà- continuò Maria - a scuola diventerò portavoce del diabete perché il dottore ha detto che per proteggersi meglio da questa malattia bisogna essere ben informati e saper riconoscere i sintomi iniziali che vengono spesso sottovalutati. Per convivere dobbiamo rispettare un validissimo consiglio ovvero quello del movimento fisico quotidiano.
Conoscevo la regola d'oro anch'io. L'educazione e l'informazione sono fondamentali per affrontare la patologia e dominarla meglio.
Così Maria guardando la sua mamma con voce decisa disse:
- Mamma, sfiderò il diabete e da grande l'affronterò in uno duello inventando nuove medicine.
Fu la sua promessa per affrontare la vita con speranza e fiducia.
Sara s'avvicinò a Maria le sussurrò qualche parola all'orecchio e Maria le sorrise.
Con lo sguardo rivolto verso il mare, osservavo le onde che si infrangevano sugli scogli e spruzzavano scintille d'acqua polverizzata. Respiravo a pieni polmoni abbracciando mia moglie e mia figlia e sapevo che certe cose non si possono esprimere.


Il duello

La malattia come un serpente
costruisce un nido di paura
e adesso striscia lentamente,
gelida con un'indifferenza pura.

L'autunno con odore di miele
sembra così lontano...
Danza la luna bianca e crudele,
insieme al silenzio strano.

Ma quando con le spalle al muro
facciamo la lotta col dolore,
il cuore batte più forte e più duro
perché questa vita è amore!

1 commento:

  1. mio fratello ha una bambina piccola con il diabete ;conosco il problema ;non è bello averlo ma ci si convive bene ,col tempo anche con semplicità.Ma in questo racconto, veramente banale e scritto con uno stile elementare, non c'è veramente niente che possa giustificare un racconto cosi.'

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