19 dicembre 2004

Premio "Provincia cronica"
(II edizione - sezione storie per bambini)
Valentina Sarmenghi - Una cisterna d'amore


Filippo quel mattino era proprio annoiato. A scuola la maestra stava spiegando l'area del trapezio e non capiva come questo potesse essere utile nella vita. Inoltre fuori continuava a piovere a dirotto, da giorni non si poteva andare al campetto a giocare.
“Che pizza tutta quest'acqua – pensò tra sé Filippo volgendo lo sguardo fuori dalla finestra – Almeno servisse a qualcosa...”.
Il concetto di utilità, come si può dedurre, era ben radicato in lui, gli era stato trasmesso da suo padre Giorgio, imprenditore nel campo dell'edilizia, un uomo tutto d'un pezzo, con la pancia che gli fuoriusciva dai pantaloni per almeno mezzo metro.
«Stai dritto con la schiena, fatti sempre rispettare – gli diceva sempre – e soprattutto non perdere tempo a fare cose che non portano a nulla».
Filippo voleva molto bene a suo papà e pensava che se gli consigliava di fare così era per il suo bene. Perciò ubbidiva. Solo che l'utilità a volte non si può sempre vedere subito: se metti le patate in forno dopo un po' diventano arrosto, ma non è così per tutte le cose, a volte bisogna essere molto più pazienti. Questo però Giorgio a Filippo non l'aveva spiegato. E nemmeno sua madre Isabella, sempre impegnata in qualche centro estetico o a qualche aperitivo con le donne del club di golf. «Filippo sei ancora tra di noi? - lo risvegliò la maestra - La pioggia non smette di certo se la guardi».
«A me piace molto pioggia» intervenne inaspettatamente Ravi, una bambina indiana arrivata in classe da qualche mese e ancora con qualche incertezza nel parlare l'italiano.
Filippo la trovava bellissima, con quei suoi capelli neri lunghissimi, gli occhi grandi nerissimi e quella pelle che profumava di sapori strani, che lui non aveva mai sentito. Si era sempre vergognato di parlarle un po' perché non sapeva cosa dire, un po' perché non capiva bene cosa gli stesse succedendo e infine un po' perché non era sicuro se farsi la fidanzata rientrasse tra le attività meritevoli indicate dal papà.
«E sentiamo, come mai?» le chiese la maestra che si rendeva conto che magari cambiare argomento per qualche minuto non avrebbe fatto male per risvegliare l'interesse della classe, crollato al minimo dopo la quinta formula geometrica.
«Mi ricorda casa mia – spiegò Ravi – C'è un periodo dell'anno che si chiama la stagione dei monsoni, durante il quale piove per tantissimi giorni di seguito, senza smettere mai. Ma noi facciamo tutto lo stesso, come quando c'è il sole e anzi è divertente perché usciamo per strada e ci schizziamo con l'acqua. Nel mio villaggio come anche negli altri, ci sono delle grandi cisterne che raccolgono l'acqua che poi serve per bagnare i campi quando viene la stagione secca. Lo so perché mio papà fa il contadino di lavoro, senza tutta quell'acqua non potrebbe coltivare proprio nulla, me lo ha detto tante volte».
«Ah sì bene che storia commovente. Però ora andiamo avanti con la geometria» tagliò corto la maestra, più interessata a finire in tempo il programma scolastico.
Gli altri bambini, e per primo Filippo, erano molto interessati, perché ascoltavano qualcosa che proveniva da un mondo lontano, che immaginavano così diverso, così irraggiungibile. E invece un pezzo di quel mondo era lì in mezzo a loro e sarebbero corsi immediatamente fuori sotto l'acqua come aveva detto Ravi. Invece dovettero sorbirsi un'altra mezzora di poligoni. Filippo tornò a casa sempre un po' annoiato ma con un filo di speranza in più riguardo alla possibilità di conquistare la sua compagna di classe. Ormai era deciso: il giorno dopo le avrebbe chiesto se voleva venire a fare i compiti a casa sua.

«Non so se mia madre è d'accordo» gli aveva risposto lei l'indomani. Lui sudava freddo e gli tremavano le gambe, ma ce l'aveva fatta, le aveva parlato.
«E poi oggi è la giornata dell'ecologia non torniamo a casa alle 4 come gli altri giorni».
Filippo se n'era completamente dimenticato e non l'aveva nemmeno detto ai suoi genitori. Era proprio in un bel casino.
«Vabé, facciamo un'altra volta» rispose cercando di non dare peso alla cosa.
Ci mancava solo la giornata dell'ecologia, ma non gli avevano già fatto una testa così con la raccolta differenziata?
«Oggi ragazzi parliamo di acqua» disse Marina, l'operatrice della Legambiente che ogni tanto veniva a far fare con loro dei laboratori.
«Come se non bastasse tutta quella che viene giù là fuori» mormorò fra sé Filippo.
Marina sembrò non essersi accorta del commento e continuò: «E' importantissimo non sprecarla, perché è una risorsa limitata, che prima o poi finisce. Pensate che sulla terra solo il 3% dell'acqua è utilizzabile, il resto sono mari e oceani. Il 3% vuol dire che se ad esempio avete 100 goccioline 3 sono utilizzabili e 97 sono salate. Certo si può togliere il sale dall'acqua del mare, ma è un processo abbastanza complicato e costoso. E solo un'altra piccola parte di questa percentuale proviene dalla nostra principale fonte di acqua pura, i ghiacciai. I quali si stanno sciogliendo a causa del surriscaldamento del pianeta provocato dall'inquinamento. Lo vedete, è tutto collegato. Per questo quando vi fate la doccia, usate solo quella necessaria e quando vi lavate i denti chiudete il rubinetto».
Filippo non ce la faceva proprio più e sbottò: «Ma come fa a dire che c'è poca acqua: guardi fuori, non vede quanto sta piovendo?».
«Hai ragione e si potrebbe fare qualcosa per non che quest'acqua vada sprecata e tenerla per questa estate quando farà molto caldo».
In quel momento a Filippo venne un doppio lampo di genio... forse aveva capito come utilizzare tutta quella pioggia, facendo diventare orgoglioso papà e salvando il pianeta e in più avrebbe conquistato Ravi. Si sentiva come nei film americani dove l'eroe salva il mondo da una catastrofe immane e poi alla fine non si sa perché ha sempre accanto una bella ragazza.
«Io ho la soluzione- proclamò quasi urlando – Si potrebbe costruire una cisterna nel giardino della scuola per raccoglierla». Dopo aver parlato si girò verso Ravi per vedere la sua reazione. Gli stava facendo uno dei suoi splendidi sorrisi e i suoi grandi occhi scintillavano come quelli del suo gatto Nerone quando era l'ora della pappa. Anche gli altri bambini si cominciarono ad agitare sulle sedie: l'idea di poter fare veramente qualcosa di grande e di concreto li eccitava molto.
«E' una bellissima idea – disse Marina – Ma ci vogliono molti soldi per realizzare il tuo progetto, non so la scuola li ha, e poi bisogna chiedere i permessi...».
«Non si preoccupi, farà tutto gratis mio papà che ha una ditta di costruzioni».
O almeno così sperava Filippo.

Quando tornò a casa e comunicò la notizia a Giorgio, suo papà, lui sulle prime si arrabbiò un po' perché glielo avrebbe dovuto chiedere prima, però poi prevalse la contentezza per la bella idea che aveva avuto il suo figliolo: «Non vedo l'ora di cominciare, tutto ciò ci farà proprio una bella pubblicità, e una bella pubblicità vuol dire bei guadagni!».

Il giorno dopo Giorgio andò a parlare con la direzione della scuola per poter avere i permessi e studiò dove posizionare la cisterna nel grande giardino che la circondava. I lavori cominciarono quasi subito, ma appena furono finiti, smise di piovere. E sotto un sole cocente, che annunciava l'inizio dell'estate, si svolse la cerimonia di inaugurazione della cisterna. Era stato fatto un accordo con il parco della città che avrebbe usufruito dell'acqua raccolta per bagnare i suoi prati nei giorni più caldi. Filippo era arrabbiatissimo con le nuvole, perché questo adesso non sarebbe più stato possibile. “Ma non potevano starsene qui ancora un po'?” continuava a chiedersi. Ravi si avvicinò a lui e, quasi come se l'avesse sentito, gli sussurrò in un orecchio: «Non ti preoccupare così la prossima volta che pioverà la cisterna sarà già qui pronta per raccogliere l'acqua. Oggi pomeriggio facciamo i compiti insieme?». Filippo non ci poteva credere, era molto meglio che nei film americani. «Certo».
«Allora a più tardi » lo salutò lei dandogli un dolce bacio sulla guancia.

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