3 dicembre 2004

Premio "Provincia cronica" (II edizione - sezione racconti)
Michele Fiorenza - Sottrazione continua

- Che cos’hai combinato? – fu il bentornato di Claretta all’ora di pranzo.
La guardai sorpreso, mentre chiudevo la porta d’ingresso dietro di me: stava con le mani sui fianchi appena fuori dalla cucina, con quel grembiulino che proteggeva ben poco e con lo sguardo allarmato. Anche così era carina.
Mi avvicinai: - Ciao, amore: dimmi che cos’è successo.
- Ti ha cercato il Commissario: vuol vederti con urgenza.
Mentre lei riprendeva a rimestare i tegami, mi sedetti:
- Pensi che la sua urgenza sia nel “mio” interesse?
Lei si fermò a riflettere: - Vuoi dire che “lui” ha bisogno di te?
- Non so…
- Comunque ti aspetta alle tre.
Non ho mai capito perché le donne hanno scarsa fiducia nei loro partner. Anzi, più il rapporto si consolida, più la stima nei confronti del compagno diminuisce.
Un quarto alle tre indossai un abito leggero su una camicia in tinta unita, aggiunsi una cravatta per contentare Claretta, quindi uscii. Aveva smesso di piovere e le nubi sembravano volersi diradare, liberando un sole ancora caldo.
Il Commissario mi accolse con cortesia:
- Noi non ci conosciamo, ma io ho sentito parlare di lei: dicono che l’investigatore Eugenio è piuttosto bravo.
- La ringrazio: a che devo l’onore…
- Ha sentito parlare di quel caso della valigetta piena di denaro?
Mi sforzai di ricordare:
- Si riferisce al ladro o rapinatore perito nell’incendio di un casolare?
- Esatto: dopo tre mesi di indagini i miei uomini… hanno acquisito pochi elementi. Il tizio morì perché, svegliato dall’incendio, si buttò dalla finestrella del pagliaio, ma ebbe la sfortuna di battere la testa sul basolato di pietra. Non aveva documenti con sé, quindi non sappiamo chi era, anche perché nessuno ha denunciato la sua scomparsa. Il contenuto della valigetta metallica si è salvato: un milione di euro in biglietti di piccolo taglio! Però non sappiamo a chi appartengono…
- Che cosa posso fare io?
- Il questore vuol risolvere il caso, almeno sotto due aspetti: a chi appartiene il denaro e chi ha appiccato l’incendio. Lei sarà pagato con i fondi riservati. Possiamo metterle a disposizione sino a tremila euro per le spese. A parte ciò, riceverebbe tremila euro per l’individuazione certa del proprietario del denaro e altri tremila per l’identificazione dell’omicida, perché di omicidio dobbiamo parlare.
Riflettei un momento: non era un caso facile e gli sghei erano pochi. Però in quel periodo
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non avevo molto lavoro, e Claretta a scuola si era dovuta contentare di un part-time.
- Commissario, la ringrazio per la fiducia, ma deve garantirmi il rimborso delle spese e cinquanta euro al giorno, anche in caso di fallimento.
- Entro i massimali previsti? Beh, qualunque elemento troverà è meglio di niente…
Ci stringemmo la mano e andai via.

* * *
Aveva ripreso a piovere, mentre tornavo a casa guidando lentamente e rimuginando su quel caso.
La prima cosa da scoprire era la provenienza dei soldi: tutto quel denaro mi faceva pensare a una banca. Questa doveva essere la prima pista.
La sparizione di tanto denaro non poteva essere sfuggita all’attenzione dei mass-media. Se io non ricordavo nulla, il fatto doveva essere accaduto almeno fuori dalla nostra provincia.
Avrei dovuto rivolgermi ai miei collaboratori giornalisti, ma i soldi per le spese erano pochi. Ne parlai con Claretta, mia moglie e principale collaboratrice: disse che voleva prima cercare su internet. Conoscendo la sua pervicacia in quel tipo di ricerca, fui d’accordo, e nel frattempo mi dedicai a scrivere la relazione di un altro caso.
Prima di cena si presentò con alcuni fogli in mano:
- So da dove vengono i soldi, ma voglio metà dei tremila che prenderai.
La questione della ripartizione dei compensi tra noi è un fatto semiserio, perché in definitiva lei gestisce quasi tutto quello che guadagno.
- Ti darò il 40 %.
Mi mostrò le notizie che aveva stampato. Si trattava dell’arresto, avvenuto tre mesi prima in un’altra città, di una vicedirettrice di banca, tale Rossana D., per la sottrazione complessiva di circa un milione, nell’arco di un anno; s’intuiva che la notizia era passata un po’ sotto silenzio perché Rossana apparteneva a una famiglia altolocata.
La giovane donna aveva dichiarato che era stata costretta a una lunga serie di piccole appropriazioni perché pesantemente minacciata da un estorsore. Nulla però sapeva dire di questo tizio, che non aveva mai visto in faccia, e si trovava ancora in carcere in attesa del processo.
- Bene, stasera ti porto fuori a cena, anche perché è un po’ tardi per cucinare.
Al ristorante le feci la proposta:
- Dovresti andare a trovare Rossana per ottenere altri particolari.
- Io non sono mai andata a fare interrogatori in carcere, non sono nemmeno abilitata!
- A me la bancaria non direbbe nulla. Ti farei autorizzare dal Commissario.
- Se ti porto notizie valide, voglio il 60 %.
- D’accordo.

* * *
Mentre ci recavamo nella città di Rossana, spiegavo a Claretta le mie considerazioni:
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- La cifra di un milione nella valigetta e la stessa cifra del furto non possono essere una coincidenza. Infatti Rossana è benestante e non aveva bisogno di rubare; quindi la sua giustificazione di essere stata costretta da pesanti minacce non è una scusa, ma la verità. Però è anche vero che lei non può aver appiccato l’incendio al casolare, perché si trovava in carcere. Mentre tu parlerai con lei, io andrò a trovare i genitori.
- Pensi che il padre potrebbe aver messo in atto una vendetta?
- O il padre o il fidanzato. So che non ha fratelli.
Dopo aver lasciato Claretta, mi recai alla villa dei signori D., che mi accolsero bene, pensando che le mie indagini avrebbero aiutato la figlia. Mi riferirono che era stata minacciata delle peggiori violenze, così per oltre un anno aveva prelevato denaro dalla banca e lo aveva depositato secondo le indicazioni che riceveva.
Soltanto dopo che era stata scoperta, si era confidata con i genitori e col fidanzato.
- Vorrei tutte le notizie utili per identificare l’estraneo. – dissi.
I due coniugi scossero il capo:
- L’unico elemento che avevamo consiste nella registrazione delle ultime telefonate, che abbiamo consegnato alla polizia.
Intanto io osservavo il padre di Rossana: doveva avere quasi settant’anni, era miope e un po’ curvo. Terminai la tazza di tè che mi avevano offerto e mi congedai, quindi passai a prendere Claretta.
- Che esperienza! – disse, appena salita in auto, - ci sono più guardie che detenuti! Comunque ho saputo che Rossana ha un fidanzato, ma non mi ha detto chi è.
- Questo l’ho saputo io: si chiama Carlo E.
- Era stata minacciata di violenza carnale e di sfregi; la stessa minaccia valeva se si fosse licenziata…
- Non può essere stato il padre ad appiccare il fuoco: cammina a stento. Occorre controllare l’alibi del fidanzato, ma a questo penserà il Commissario.
- Mi dispiace per Rossana, - disse mia moglie, - in fin dei conti lei è una vittima, non una complice.
- Aver trovato un nesso tra i suoi furti e la morte dello sconosciuto avallerà la sua difesa e potrà farle ottenere gli arresti domiciliari e una pena leggera.
- Secondo te, il movente di Carlo sarebbe stata la vendetta?
- Direi di sì, oppure si tratta di una strana coincidenza.

* * *

Mentre il Commissario controllava i movimenti di Carlo E. nel periodo dell’omicidio, io presi a gironzolare nel quartiere del casolare andato in fiamme, del quale restava soltanto un rudere affumicato.
La villetta più vicina era abitata da un’anziana signora che si dedicava al suo orto: mi sembrò una persona solitaria, ma non troppo benestante. Mi consultai con Claretta:
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- Forse sarebbe meglio che la intervistassi tu, spacciandoti per una giornalista dilettante.
- Me lo stai facendo sudare, il mio 60 %!
- C’è un buon ristorante, lì vicino: dopo andremo a pranzare lì.
Il colloquio fu piuttosto breve, poi ci recammo al ristorante:
- Ho dovuto prometterle mille euro per l’intervista, e darle subito un acconto di trecento.
- Non possiamo darle quella cifra.
- Non le darò altro, perché non ci sarà alcun articolo, ovviamente. E poi, trecento bastano, per quello che ho saputo!
- Ti ascolto.
- La sera dell’incendio uscì per portare l’immondizia nel cassonetto; era quasi mezzanotte, perché aveva seguito un film in TV. Ha visto giungere un’auto sportiva di colore rosso. Tornando verso casa, con la coda dell’occhio ha notato un giovane magro, alto e biondo uscire dall’auto. Rientrata in casa, non ha acceso le luci e ha osservato dalle finestre quel giovane avvicinarsi al casolare con una tanica in mano.
- Poteva essere una persona anziana con i capelli bianchi?
- Gliel’ho chiesto, ma mi ha detto che si muoveva in modo atletico. Lo ha visto spargere il contenuto intorno alla casa, con fare circospetto. Mentre lei prendeva il telefono, erano divampate le fiamme. Polizia e vigili del fuoco sono intervenuti subito, ma non abbastanza da evitare la precipitosa e infausta fuga dell’uomo, che evidentemente si era fermato a dormire lì, nel pagliaio al primo piano.
- Il movente ci sarebbe, quindi se Carlo ha un alibi, bene, altrimenti ha un problema.

* * *
Il mattino seguente mi recai dal Commissario; questi mi comunicò che Rossana sarebbe uscita dal carcere più tardi, per aver ottenuto i domiciliari a seguito del recupero della refurtiva. Aggiunse che l’avvocato avrebbe chiesto il patteggiamento e Rossana poteva ottenere una pena condizionata.
- Per quanto riguarda Carlo, abbiamo la certezza che quella sera il suo computer era acceso e il cellulare si trovava a casa. Lei ha trovato qualche elemento contro di lui?
Tentennai: la mia era solo un’ipotesi…
- Purtroppo no, commissario, nulla. Pertanto rinuncio a proseguire le indagini e mi contento di quello che ho guadagnato sinora.
Due ore dopo me ne stavo parcheggiato all’ombra di un albero di fronte al piazzale del carcere: vidi arrivare una rossa auto sportiva e poco dopo una giovane donna uscire dal portoncino e abbracciare l’uomo che l’attendeva. Era magro, alto e biondo.

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